Sono sempre stato consapevole di quello che dicevano, con parole o sguardi. Quello che gli altri credono di vedere in una persona finisce con diventare la sua realtà.
Sono passati quasi due anni dal mio ultimo DeLillo; infatti questa è la prima recensione che scrivo sul blog su questo autore che stimo molto.
Il suo primo libro letto è stato Rumore bianco e l'ho apprezzato tantissimo (tanto che, sicuramente, prima o poi lo leggerò e ve ne farò una recensione) e, in seguito, ho letto la raccolta di racconti L'angelo Esmeralda, che mi è piaciuto, ma non quanto il romanzo.
Ora ho diversi DeLillo che mi aspettano in libreria e, quando ho preso Cosmopolis in mano, ero sicura di finirlo in giornata e di apprezzarlo tantissimo. Le aspettative, in parte, sono stata deluse perché il libro l'ho veramente terminato in mezza giornata di lettura al mare, ma non l'ho apprezzato quanto avrei pensato.
È assolutamente impossibile per me non apprezzare lo stile di DeLillo. Questo autore è maestro in esercizi di stile e, in questo romanzo, lo dimostra anche di più rispetto alle altre letture già fatte. Ci vuole un attimo ad abituarcisi perché le parole sono piuttosto ricercate e molto attente alla forma. Con questo non intendo affatto dire che vi sia poca sostanza, anzi, DeLillo riesce a concentrare molti concetti in poche parole. Lo stile utilizzato in questo libro è facilmente riconducibile all'autore ma è più volto a fare effetto, ad essere considerato filosofico e metaforico, in Rumore Bianco, pur rimanendo uguale, spinge di meno sull'esercizio di stile. Non è un tipo di scrittura che piace a tutti, non è adatta ad una lettura superficiale (io l'ho letto al mare e mi sono trovata bene, ma credo che si confaccia di più a momenti più introspettivi) e deve essere letto in un momento in cui si abbia voglia di qualcosa di più introspettivo e profondo.
Come sempre il messaggio che possiamo desumere da questa lettura è quello di critica della società; in particolare quella americana. Ambientato in un 2000 in parte futuristico o, comunque, corrispondente ad una realtà diversa da quella che per noi è ascrivibile alla normalità, capiamo che ormai tutto è vecchio, desueto, il mondo è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, chi ha tutto fatica a sentirsi vivo, ad entusiasmarsi davvero per qualcosa.
Il protagonista, Eric, è il classico esempio di self made man che ha inseguito il sogno americano per poi trovarcisi imprigionato all'interno, senza possibilità di uscirne. Eric ha tutto e anche di più, ciò che possiede conta solamente per il suo valore economico e non gli interessa al di là di quello. Un protagonista che difficilmente ci starà simpatico, è intelligente, è ricco, ha un'intuito che si affina fino a diventare premonizione, si sente superiore a tutto e tutti. Eppure lo seguiamo per tutto il libro e, alla fine, ci stupiamo di essere riusciti, non si sa come, a capirlo e ad immedesimarci in lui.
Gli altri personaggi sono importanti per la trama ma inutili per il protagonista, è il suo punto di vista che ce li fa conoscere e, perciò, li vediamo come se fossero semplici comparse, personaggi che sarebbero potuti essere così o totalmente al contrario e, comunque, non sarebbe cambiato nulla. Eric ci mostra come sia possibile disumanizzare tutti.
La trama è povera, prevalentemente concentrata alla fine del libro. Si parla di un viaggio in limousine fatto dal protagonista da una parte all'altra della città, non è sicuramente ciò che importa di più nel romanzo e il tutto deve essere letto come una metafora.
Personalmente ho impiegato del tempo a farmi coinvolgere dalla lettura; l'ho trovata piuttosto lenta. Succedono poche cose e persino i pensieri sembrano andare al rallentatore. Sembra di stare in una bolla, dove il tempo scorre più lentamente e si percepisce tutto in maniera attenuata.
Per questo motivo ho sentito poco l'atmosfera, in più, non apprezzo particolarmente i romanzi in cui il sesso ha un ruolo preponderante se non addirittura fondamentale come in questo caso, tutto è coerente con il messaggio che si voleva mandare ma, personalmente, non ho apprezzato molto. D'altro canto si percepisce la vacuità, elemento difficile da rendere e che, per quanto non entri nelle mie preferenze, riconferma la bravura di DeLillo nella scrittura.
L'ambientazione è ben resa, per quanto strana e piuttosto caotica si comprende perfettamente ciò che l'autore voleva descriverci e, probabilmente, le immagini mentali che mi sono fatta durante la lettura rimarranno impresse per molto tempo.
Non ho ancora visionato il film, appena lo farò vi parlerò anche delle differenze tra le due opere.
Si tratta di un libro ben scritto e con uno scopo io, però, non l'ho apprezzato molto. Trovo che in questo romanzo le caratteristiche positive di DeLillo (lo stile, il linguaggio metaforico, il messaggio importante) siano troppo ostentate rendendo meno piacevole la lettura. Lo consiglio solo a chi vuole leggere tutto dell'autore ma assolutamente non a chi ancora non ha letto altro di suo.