Cattedrale

Di Raymond Carver

Einaudi

226 pagine

8/10

Consigliato: Sì

Contemporaneo

Racconti

Statunitense

TRAMA IN BREVE

Dodici racconti volti a mostrarci scene di semplice vita quotidiana. I gesti che compiamo hanno sempre un grande significato, talvolta non vogliamo vederlo, altre non ce ne accorgiamo. Carver ci aiuta a capire come anche il più piccolo gesto possa avere una grande importanza per il nostro e per quello di coloro che ci stanno intorno.

INCIPIT

Penne

Questo mio collega di lavoro, Bud, una volta ha invitato me e Fran a cena. Io non conoscevo sua moglie e lui non conosceva Fran. Così eravamo pari. Ma io e Bud eravamo amici.

La casa di Chef

Quell'estate Wes aveva preso in affitto una casa ammobiliata a nord di Eureka da un ex alcolizzato che si chiamava Chef. Poi mi ha chiamato per chiedermi di lasciare perdere quello che stavo facendo e trasferirmi lassù a vivere con lui.

Conservazione

Il marito di Sandy se n'è rimasto sdraiato sul divano da quando è stato licenziato tre mesi fa. Quel giorno, tre mesi fa, era tornato a casa pallido e spaventato e con tutte le cose del lavoro in uno scatolone.

Lo scompartimento

Myers stava attraversando la Francia su una carrozza di prima classe, diretto a Strasburgo dove avrebbe fatto visita a suo figlio, che frequentava lì l'università. Non vedeva il ragazzo da otto anni.

Una cosa piccola ma buona

Sabato pomeriggio montò in macchina e andò alla piccola pasticceria del centro commerciale. Dopo aver sfogliato un raccoglitore con le foto delle torte incollate sulle pagine, ne ordinò una al cioccolato, la preferita di suo figlio.

Vitamine

Io un lavoro ce l'avevo e Patti no. Facevo poche ore di notte in ospedale, Un lavoro da niente. Facevo qualcosa, timbravo il cartellino per otto ore e poi me ne andavo a bere con le infermiere.

Attenti

Dopo un sacco di discussioni – quelle che Inez, sua moglie, definiva fare il punto della situazione – Lloyd se n'era andato di casa e si era trasferito in un appartamento per conto suo.

Da dove sto chiamando

Io e J. P. siamo sulla veranda davanti al centro di disintossicazione gestito da Frank Martin. Come tutti noi, qui da Frank Martin, J. P. è prima di tutto un ubriacone. Però è anche uno spazzacamino. È la prima volta che viene qui e ha paura

Il treno

La donna si chiamava Miss Dent e poco prima, quella sera, aveva puntato una pistola contro un uomo. L'avevo costretto a inginocchiarsi nella polvere e a scongiurarla di risparmiargli la vita.

Febbre

Carlyle era in un bel pasticcio. Era stato in quel pasticcio tutta l'estate, anzi, fin dai primi di giugno, quando la moglie l'aveva piantato.

La briglia

Una vecchia giardinetta targata Minnesota parcheggia proprio davanti alla finestra. Sul sedile davanti ci sono un uomo e una donna e, dietro, due ragazzi. Siamo a luglio e la temperatura supera i trenta gradi.

Cattedrale

C'era questo cieco, un vecchio amico di mia moglie, che doveva arrivare per passare la notte da noi. Gli era appena morta la moglie. 

RECENSIONE

 – Dovete lavorare sui vostri errori finché sembrano fatti apposta. Capite? –

Cattedrale di Raymond Carver è una raccolta di dodici racconti; ognuno presenta un punto di vista diverso e una trama differente. Le storie non sono collegate ma hanno tutte un filo conduttore: il rapporto tra esseri umani. Ci sono inoltre, alcuni temi che si ripetono più volte, come ad esempio quello dell'alcolismo.

Lo stile di Carver è, senza dubbio, particolare. Se non avete mai letto altro di simile sarà sicuramente uno degli aspetti più eclatanti del libro. Questo scrittore, infatti, è definito come minimalista (anche se lui stesso non apprezza questa definizione) perché ciò che descrive non è niente di più e niente di meno di ciò che serve per comprendere ciò che ci racconta. Questo è uno degli elementi più importanti da analizzare ed è uno di quelli che mi sono stati, in parte, rovinati dalla prefazione di Francesco Piccolo che mi ha, involontariamente, creato un'immagine mentale erronea della scrittura di questo autore.
La prefazione, infatti, mi ha fatto pensare a Carver come ad un purista di un genere che già conosco e che ho già apprezzato in precedenza mentre, in realtà, l'autore inserisce all'interno delle storie ben più di quanto potessi aspettarmi, togliendo, al contempo, elementi che invece secondo me sarebbero serviti maggiormente.
Nella prefazione si dice, ad esempio, che l'autore non ama descrivere gli abiti o l'estetica dei personaggi (cosa che in genere non mi piace trovare in un libro) e, invece, in più di un racconto l'autore indugia proprio su questi aspetti. Sicuramente lo fa in misura minore di quanto ci si potrebbe aspettare in un racconto comune ma, vista la prefazione, mi aspettavo qualcosa di decisamente più drastico. Questo, ovviamente, non è che un piccolo esempio per spiegare che quanto asserito nella prefazione non ha, invece corrisposto con quello che ho pensato io leggendo il volume.
La motivazione credo di averla trovata facendo qualche ricerca (prima di leggere un libro mi piace non saperne niente, ma dopo averlo letto cerco di informarmi il più possibile per avere un'opinione più fondata e non dirvi castronerie) ho scoperto che, in realtà, da Cattedrale in poi lo stile di Carver muta un po' e lo scrittore dona più importanza alla struttura della narrazione ampliando, perciò, le informazioni date al lettore. 
Non avendo letto altro, ovviamente, non posso dirvi se ciò è vero, perciò posso giudicare solamente ciò che ho letto, descrivendovelo per ciò che ho esperito io (e andando contro, dunque, pareri ben più lungimiranti del mio).

Ho trovato lo stile di Carver semplice, descrittivo, personale e metaforico. 
Semplice perché utilizza parola quotidiane, normali. Le costruzioni sintattiche sono immediate e dirette, i giri di parole sono pochi e sempre giustificati.
Descrittivo perché mostra. A parte quando leggiamo le riflessioni personali dei protagonisti (presenti prevalentemente quando la storia è narrata in prima persona), tutto il resto che ci viene mostrato è pura immagine.
Personale perché sentiamo che ciò che viene raccontato ha un significato per l'autore. Si percepisce che la storia deriva più da un'ispirazione se non da una necessità, piuttosto che da un'idea costruita a tavolino.
Metaforico perché non è mai quello che sembra, o perlomeno lo è di rado. Tutto ciò che accade ha un doppio significato; quello di prima comprensione e quello che, invece, sottende. 

Le storie, salvo qualche eccezione, non parlano di eventi particolarmente incisivi: questo aspetto da quanto ho capito è tipico di Carver e io lo apprezzo, anche se in certi casi non mi ha trovata completamente ricettiva. Nella maggior parte delle storie ciò che viene raccontato è il preludio a qualcosa che succederà, sia che il narratore parli al passato sia che lo faccia al presente possiamo solo capire che ciò che troviamo all'interno della storia è la spiegazione di quanto succederà poi e, le conseguenze, non verranno mai esplicitate, a parte in qualche raro caso dove vengono accennate. In altri casi la situazione raccontata è già quella rilevante e, in un unico caso, il focus è precedente a quanto viene scritto. La trama che mi ha colpita maggiormente è quella di Una cosa piccola ma buona che è stato anche il mio racconto preferito della raccolta.

L'ho capito subito che era speciale. Quella sera mi sentivo riconciliato con quasi tutti gli aspetti della mia vita.

Quanto detto sulle storie non così semplici da recepire, provoca un problema con il messaggio. Mentre in alcune trame sono evidenti le assonanze tra il problema specifico raccontato e la situazione in generale, in altre la comprensione è ben più difficile. La spiegazione sottesa alle storie non è stata, per me, sempre evidente e palese. La briglia è il racconto in cui mi ha colpito di più questo elemento.

Sono solo soldi. I soldi non contano niente se non come inevitabile mezzo di scambio. Ci sono cose ben più importanti dei soldi. Ma tu lo sai già.

Nonostante la difficoltà per recepire il messaggio finale, l'atmosfera percepita da me durante la lettura è stata sempre forte.
Se anche non si arriva a capire perfettamente il senso generale di quanto raccontato, si riesce comunque a sentire lo stato d'animo dei personaggi e la necessità di vedere cosa succede poi non manca mai. Personalmente ho letto con una chiave positiva solamente il racconto che dà il nome alla raccolta: Cattedrale.

Quell'estate abbiamo bevuto caffè, bibite gassate e succhi di frutta di ogni sorta. Per tutta l'estate non abbiamo avuto altro da bere. Mi sono scoperta a desiderare che quell'estate non passasse mai.

Come avete potuto vedere, gli incipit sono quasi sempre chiari ed entrano subito nel punto focale della narrazione. Allo stesso tempo, però, non svelano troppo, lasciando lo spazio a scoperte che verranno fatte solo in un momento successivo. Il mio preferito è quello di Il treno.

I finali sono l'elemento che più ho amato e più ho odiato. Concludendo la storia, infatti, ti costringono a tirare le somme di quanto hai letto e, in alcuni casi, io ho chiuso il volume disorientata. Di primo acchito, in alcuni casi, mi è sembrato addirittura di non aver capito, di essermi persa qualcosa. In realtà questi sono racconti che ti costringono a pensare; leggendoli superficialmente è difficile capire il vero significato delle azioni dei personaggi. Con il senno di poi sono riuscita a comprendere tutti i finali ma, anche così, non riesco a trovarli completi, come se l'autore si fosse fidato troppo di me e, così, mi avesse impedito di capirlo davvero a fondo. La conclusione di Attenti è stata sicuramente la più chiara e la più facilmente desumibile.

I protagonisti delle storie sono ben interiorizzati: impariamo a conoscerli solamente in parte, quella collegata a quel determinato accadimento, però ne capiamo ogni singolo pensiero. Quello che mi è piaciuto maggiormente è che impariamo a conoscerli con l'avanzare della lettura. Carver riesce ogni volta a ribaltare la situazione lasciandoci basiti, pensavano di averli capiti perfettamente e poi, tutto d'un tratto, scopriamo qualcosa che cambia diametralmente la nostra opinione nei loro confronti. L'esempio più lampante, per me, è quello del racconto Vitamine.

Ho detto che per me era lo stesso. E infatti lo era. Fran ha alzato le spalle. Che differenza poteva fare per lei?, sembrava dire. Tanto la giornata era bella che rovinata.

Lo stesso non si può dire degli altri personaggi, che appaiono come sfocati ai nostri occhi. Questa è, ovviamente, una scelta intrapresa dall'autore e non una mancanza di capacità. La storia in cui questo si presenta in misura minore e i personaggi secondari assumono un ruolo decisamente più rilevante è Penne.

Il mio ritmo di lettura è stato molto veloce; inizialmente mi ero imposta di leggere solamente un racconto al giorno ma mi sono accorta ben presto che questa scelta sarebbe stata una totale forzatura. Alla fine di ogni racconto sentivo la necessità di iniziare quello dopo. Quello che ho divorato più velocemente è Conservazione e, forse per lo stesso motivo, è anche quello che mi ha confusa maggiormente una volta terminatolo.

In conclusione, Carver è un grandissimo autore che, però, non ho trovato perfettamente allineato all'idea che mi ero fatta di lui. Leggerò molto volentieri qualcos'altro per riuscire ad entrare meglio in sintonia con il suo modo di pensare e scoprire se il minimalismo di cui si parla è ancora più presente nelle opere precedenti a questa.

Non è un'opera che potrà piacere a tutti perché va capita. Ogni storia deve essere letta con attenzione e mai con superficialità. Non è sicuramente adatta ad ogni tipo di lettore né ad ogni tipologia di lettura. Io, però, non posso che consigliarvi di leggerlo, perché il mondo dietro questo autore vale la pena del tentativo. Leggete uno dei suoi racconti quando avrete voglia di dare importanza a quelle piccole cose che, nella vita reale vengono date per scontate e siate aperti, ricettivi. Se riuscirete ad interiorizzare queste storie, non riuscirete più a farne a meno.

CITAZIONI

Penne

Senza eccezioni, era il bambino più brutto che avessi mai visto. Era così brutto che non riuscivo a dire niente. Non mi usciva una parola di bocca. Non dico mica che era sfigurato o aveva qualche strana malattia. Niente del genere. Era solo bruttissimo.

Per essere brutto, quel bambino era proprio brutto. Ma per quel che ne so, immagino che la cosa non importasse poi tanto a Bud e Olla. O se gli importava, magari pensavano semplicemente: e va bene, è brutto. Ma è nostro figlio.

La casa di Chef

È rimasto lì a guardare verso il mare e le nuvole che si stavano ammassando all'orizzonte. Si tamburellava sul mento con le dita come se stesse pensando a qualcosa. E a qualcosa stava pensando, in effetti.

Lui ha detto: Mi dispiace, ma non posso mica parlare come qualcuno che non sono. Non sono un'altra persona. Se fossi un'altra persona, puoi scommetterci che non sarei certo qui. Se fossi un'altra persona, non sarei io. Ma sono quello che sono. on lo capisci?

Conservazione

– Be', io a quest'asta ci vado, – disse lei. – Che tu ci venga o meno. Tanto vale che vieni anche tu. Ma non me ne frega niente. Se vuoi sapere la verità, per me è indifferente. Io ci vado comunque.

Lo scompartimento

Ora, ripensando a quella terribile scena, Myers scuoteva la testa, quasi fosse successa a qualcun altro. In un certo senso, era così. Semplicemente, lui non era più la stessa persona.

Sì abbottonò il colletto della camicia e si strinse il nodo della cravatta. Stese la giacca sul sedile accanto. Si allacciò le scarpe, si alzò e scavalcò le gambe dell'uomo che dormiva. Scivolò fuori dallo scompartimento.

Una cosa piccola ma buona

Fino a quel momento era riuscito a non subire alcun danno serio da parte di quelle forze che sapeva esistenti e in grado di menomare o rovinare un uomo, appena la fortuna fosse girata e le cose avessero preso d'un tratto un'altra piega.

Vitamine

Gridò: – Tanto non funzionerà! Qualsiasi cosa facciate, non vi servirà a un cazzo! –

Attenti

Certi giorni, però, il caffè non lo beveva nemmeno. Se ne dimenticava, oppure non gli andava proprio. Una mattina si era svegliato e si era messo subito a mangiare ciambelle sbriciolasse e a bere spumante.

Il giorno in fui lei era venuta, lui se ne stava sdraiato in pigiama sul divano e si dava dei pugni sulla tempia destra. Proprio un attimo prima di assestarsene uno aveva sentito delle voci provenire dal pianerottolo.

– A ogni modo, qualcosa dobbiamo provare. Proviamo per primo questo sistema. Se non funziona, ne proviamo un altro. È la vita, no? –

– D'accordo. Sono disposto a tutto. Inez, se devo andare avanti così, mi sa che preferisco crepare. Capisci? –

Da dove sto chiamando

Però quel che gli è successo è una cosa che non dimenticherò mai. 

Poi accenna con il mento verso le colline e dice: – Jack London aveva una grande casa dall'altra parte della valle. Proprio laggiù, dietro quella collina verde davanti ai vostri occhi. Ma s'è fatto ammazzare dall'alcool. Vi serva da lezione. Era un uomo migliore di tutti noi. Ma neanche lui era capace di tenere quella roba sotto controllo.

Il treno

La donna e il vecchio dai capelli bianchi guardarono l'orologio, quasi si aspettassero che rivelasse loro qualcosa sulla situazione in cui versavano e su ciò che dovevano fare a quel punto.

La donna cominciò a parlare in una lingua che Miss Dent non capiva. Pensò che potesse essere italiano, perché quella raffica di parole somigliava un po' a quelle che aveva sentito usare da Sophia Loren in un film.

Mi potrebbe venire un esaurimento nervoso in questo momento. Dimmi chi altro c'è che si preoccupa per te se non lo faccio io? Te lo chiedo sul serio. Tu che sai tutto, – disse la donna, – rispondi a questa domanda.

Dio mio, roba da matti! Certa gente non ha ritengo. Certa gente tenta di sbarazzarsi dei propri nemici annoiandola a morte.

Ma quei passeggeri in vita loro avevano visto cose assai più strane di questa. Sapevano bene che il mondo è pieno di ogni sorta di attività. Magari questa faccenda non era neanche delle peggiori.

Febbre

... Ma poi finiva per dirgli che tutto sommato era felice. Felice. Come se, pensava Carlyle, la felicità fosse l'unica cosa che contasse nella vita.

Pensavamo, anzi, eravamo convinti che saremmo invecchiati insieme. Ed eravamo anche convinti che avremmo fatto tutte le cose che volevamo fare al mondo, e che le avremmo fatte insieme.

La briglia

Se si è costretti a portare un affare del genere in mezzo ai denti, mi sa che s'impara subito il principio. Quando lo senti tirare, si capisce che è arrivato il momento. Si capisce che bisogna andare da qualche parte.

Cattedrale

Era un tizio che non conoscevo affatto. E il fatto che fosse cieco mi dava un po' di fastidio. 

Ricordo che non mi fece impazzire, quella poesia. Naturalmente non glielo dissi, questo. Sarà che io la poesia non la capisco proprio. Devo ammetter che non è la prima cosa che prendo quando ho voglia di leggere un po'

QUARTA DI COPERTINA

A volte anche una visita inattesa e poco gradita - quella di un amico cieco della moglie, per esempio - può smuovere emozioni dimenticate. E cosi, infatti, che il narratore del racconto che dà il titolo alla raccolta - forse il più celebre di Carver e uno dei più amati dall'autore - finisce per passare quasi senza rendersene conto dall'iniziale ostilità condita di gelosia al momento di una piccola rivelazione. È un personaggio carveriano a tutti gli effetti, l'anonimo protagonista del racconto: sottilmente alla deriva, privo di amici, inchiodato in un lavoro che detesta, con una moglie da cui forse si sente un po' trascurato. Eppure, è proprio la presenza ingombrante del cieco Robert a costringerlo a uscire dalla sua corazza e abbozzare un rapporto umano, una condivisione che gli permetterà di recuperare, forse, una parte di sé dimenticata. Carver ne segue l'impercettibile evoluzione con naturalezza, con uno stile maturo e consapevole dei propri mezzi, da lui stesso definito "più pieno e generoso". Se "Cattedrale" chiude la raccolta su una tenue nota positiva, nel resto del libro prevalgono i toni desolati, i fragili equilibri pronti a spezzarsi in conseguenza di eventi all'apparenza secondari: un nuovo trasloco in "La casa di Chef", l'atto mancato di una riconciliazione impossibile in "Lo scompartimento", l'inizio di una crisi senza apparenti vie d'uscita in "Vitamine", in cui nella deriva personale fa irruzione la violenza della storia.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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