Ciò nonostante, sono giorni che ripeti sempre una stessa differenza, reiterando costante questa confusione tanto chiara.
Oggi vi parlo del racconto di Valerio Carbone: La confusione chiara edito da Haiku Edizioni.
La parola che associo maggiormente a questa storia è dicotomia e, man mano che leggerete questa recensione, non faticherete a capire il perché.
Partiamo dal titolo: La confusione chiara. Già da esso si capisce la forte valenza di ciò che ho appena asserito. Ci troviamo, infatti, davanti ad un ossimoro: la confusione che è notoriamente associata a qualcosa di nebuloso ed oscuro che, invece, viene definita chiara cioè, facilmente comprensibile, ben delineata.
Anche la struttura del romanzo è un po' una confusione chiara. Dovendo evitare anticipazioni mi è difficile spiegarvi cosa intendo ma, mantenendo la genericità in modo da non fare spoiler, ci proverò. Voi capirete tutto del racconto ma, da un certo punto in poi, sarete confusi. Questo perché vi sembrerà che qualcosa stoni, che ci sia qualche elemento che non quadra, che l'autore abbia fatto degli errori. In realtà, invece, la confusione, anche in questo caso, è chiara, perché poi tutto viene ben spiegato e si giunge a capire che l'incomprensione non era frutto di un errore bensì di una scelta strutturale dell'autore. Comprendo la motivazione della scelta (colpo di scena assicurato) ma non riesco a condividerla, perché io, che sono notoriamente una lettrice che ama che sia tutto ben strutturato e delimitato, non sono riuscita a godermi il racconto come, invece, avrei fatto, sapendo tutto da subito.
Un aspetto in cui, invece, la dicotomia mi ha colpita favorevolmente è lo stile dell'autore. Non lo conoscevo in precedenza, perciò non so se questa scelta stilistica sia un suo marchio di fabbrica o meno, ma ritengo che si adatti perfettamente a questo racconto e, anche in generale, lo trovo interessante e ben riuscito. La dicotomia consiste in un utilizzo di parole che, tipicamente, provengono da due settori molto diversi; il lessico gergale e quello aulico/ricercato. Può capitare, dunque, di leggere una frase che contiene parole e concetti considerati di più difficile comprensione e di imbattersi, subito dopo, in un eccitata come un lampione che, sicuramente, non rientra nella stessa categoria. Questa dicotomia può piacere o meno; su di me ha avuto un effetto totalmente positivo; ha creato la giusta ironia, rendendo la lettura più scanzonata ma, comunque, interessante. Un giusto connubio, insomma. Come non ridere davanti ad un salto concettuale di questo genere? (se ben costruito, ovviamente).
— Non ha proprio senso chiedersi il perché delle cose, — rimugina tra sé e sé, — occorre sempre domandarsi come — eccitata come un lampione.
Avendo letto la sinossi del libro, sapevo già l'argomento trattato, ovvero la divisione in due di C. la protagonista. Può essere collegato, perciò, anche se sviluppato in maniera particolare, al concetto di effetto farfalla.
Avendone letta la sinossi, evento più unico che raro, dato che come sapete, per me qualunque cosa è uno spoiler, sapevo già che la storia avrebbe narrato di una persona che si sdoppiava. Non sono stata, perciò, colpita dall'incipit che non ho trovato particolarmente incisivo: mi aspettavo un'immagine più vivida dello sdoppiamento, mentre nella realtà del racconto, quest'ultimo non è particolarmente rilevante.
La trama mi ha intrigata da subito (alzi la mano chi non ha visto il film Sliding Doors più e più volte) ed ero particolarmente interessata a scoprire in quale modo l'autore riuscisse a sviluppare l'idea in così poche pagine. Come si noterà dalle mie recensioni, sono una persona piuttosto prolissa e mi è difficile immaginare una trama così piena di spunti, conclusa velocemente.
Mi ci è voluto ben poco, invece, per comprendere che lo stile fresco dell'autore ha potuto creare uno svolgimento vario e perfettamente autoconclusivo, senza alcuno sforzo apparente. Ah la sintesi, che bello poter possedere questo dono!
E poi c'è il finale, oserei dire quasi a sorpresa. Perché, effettivamente, durante la lettura non si nota più di tanto un percorso narrativo; certo si comprende la storia ma non si intuisce necessariamente che essa debba incanalarsi in quella che poi sarà la conclusione. Oltre a piacermi la trama, in questo finale ho trovato anche un messaggio, che difficilmente posso esprimervi senza rischiare di farvi capire cosa succederà. Mi limito, perciò, a dire che non solo mi è piaciuta l'idea raccontata ma anche quella che fa da base alla conclusione.
Come già detto, C. è la protagonista del libro. Dividendosi in due sin dall'inizio del racconto, noi impariamo a conoscere due degli aspetti che la caratterizzano maggiormente. Andando avanti con la lettura, ci accorgiamo di quante sfaccettature abbia e impariamo a voler bene ad ogni sua piccola particolarità. Ognuno di noi è composto da persone molto diverse tra loro, siamo tutti sia timidi che estroversi, o paurosi e temerari, e così via, se propendiamo verso una parte o verso l'altra è semplicemente perché tutto quello che siamo deriva dalle decisioni prese antecedentemente.
Gli altri personaggi rispettano, in parte, questo concetto. Sono tutte persone che hanno già scelto chi sono e, per questo, sono molto diversi da C., che invece si è dovuta dividere per poterlo fare ma, allo stesso tempo, hanno dentro di loro l'altra parte, quella che stona con la loro scelta, ma che nonostante questo, è sempre lì, magari un po' coperta, ma c'è. Un esempio è il filosofo; vive per i concetti astratti e rifugge la logica, ma difficilmente riesce a rinunciare alla carnalità, aspetto che trascende da quello che lui si è prefissato di raggiungere.
Insomma il nostro giovane innamorato è uno di quegli individui, affetti da titanismo sentimentale, che riescono a sopportare l'amor fati e persino la morte tragica di Dio, ma che pure non sostengono il peso straniante di una logica basata soltanto sulla statistica o sull'evidenza.
In conclusione, trovo che questo racconto abbia ottimi spunti di riflessione e che renda piuttosto evidente la capacità dell'autore. D'altro canto, alcune scelte strutturali del libro non mi hanno permesso di apprezzarlo come, invece, avrei potuto fare. Lo consiglio perché si legge molto volentieri, è simpatico e, al contempo, interessante sia dal punto di vista antropologico che da quello stilistico. Sicuramente non si tratta di un libro già visto e, anche solo per questo, per me vale la pena.