George R. R. Martin, autore famoso per "Le cronache del ghiaccio e del fuoco" altrimenti dette "Il trono di spade" o "Game of thrones". Solitamente io non amo leggere ciò che va di moda e cerco sempre di evitare di iniziare serie di libri non ancora terminate, però, degli amici me l'hanno consigliato e regalato e non ho resistito ad iniziarlo. Le cronache del ghiaccio e del fuoco mi sono piaciute molto e, da quel momento, ho deciso di leggere altro della bibliografia di Martin.
Non ho ancora letto tutto ciò che è stato pubblicato in Italia di questo autore ma posso dirvi con certezza che le opere che esulano dalla serie più famosa non arrivano ai suoi livelli; ce ne sono alcune che sono interessanti e valgono la lettura ed altre che, invece, non ho trovato particolarmente stimolanti.
Armageddon Rag, per ora, è il libro che mi è piaciuto meno di Martin e, sebbene mi dispiaccia ammetterlo, penso che sia frutto più di una decisione preimpostata dell'autore che da un'ispirazione vera e propria.
L'impressione che ho avuto, infatti, è quella di un uomo nostalgico degli anni, della musica e della mentalità tipici del periodo corrispondente alla Guerra del Vietnam che si è imposto di scrivere un libro che parli di questo argomento senza averne, però, minimamente l'ispirazione.
La conseguenza di questa decisione è "Armageddon Rag"; un libro di generi diversi, che non si lascia capire.
La trama del libro, infatti, sembrava far capire distintamente che la storia sarebbe stata impostata sul genere thriller ma, nella realtà dei fatti, dopo la prima parte iniziale viene data decisamente poca rilevanza a questo aspetto. La parte "interna" del libro si occupa, quasi per tutto il tempo, di parlare sotto aspetti e punti di vista differenti dello stesso periodo vissuto dai personaggi in età giovanile. Considerando che tutta la prima parte del libro ha un'impostazione totalmente diversa non posso che dire che lo svolgimento della trama sia alquanto deludente; mi andava anche bene di leggere un libro di narrativa che raccontava dei begli anni andati, ma non camuffato da thriller! In più, non ho apprezzato per niente la connotazione fantasy che ad un certo punto l'autore sembra aver voluto inserire per forza e che, non solo, poteva essere evitata ma avrebbe, sicuramente, reso più credibile il tutto.
La struttura del romanzo è altrettanto deludente, la parte iniziale è molto bella e scorrevole ma, per quasi tutto il libro, lo schema è totalmente ripetitivo e noioso. Io l'ho letto per una lettura di gruppo con gli utenti del forum di stephenking.it e vi assicuro che non c'è stato nessuno che non provasse noia e non avesse voglia di andare avanti nella lettura; questo mi sembra piuttosto esplicativo. La parte finale dove, come sempre, "i nodi vengono al pettine" è talmente poco credibile (ma ovvia) che è veramente difficile da salvare, sembra proprio che, terminato ciò che l'autore voleva dire, non sapesse più come chiudere la storia. Io, per tutto il tempo della lettura, ripetevo tra me e me "fai che non sia veramente così, fai che non sia davvero così banale, dammi un vero colpo di scena finale" ma niente, Martin non mi ha ascoltata e ha continuato, imperterrito, con la trama più ridicola possibile.
Lo stile di Martin è sempre lo stesso; scrive bene ed è parecchio fluente. Il libro in sé non valeva la pena di essere letto, andare avanti nella lettura è stato difficile per tutti i motivi che vi ho elencato ma, se fosse stato scritto male, avrei sicuramente abbandonato tutto e non sarei arrivata alla fine.
I personaggi sono ben caratterizzati, come Martin sempre fa in ogni libro. Ognuno di loro ha una propria personalità ed è possibile conoscerli bene. Ciò che non mi ha convinta è proprio il filone principale che lega ognuno di loro, cioè, la nostalgia per i bei vecchi tempi e la terribile mutazione del mondo e di loro stessi. Possibile che debba essere tutto così ovvio? In fondo in fondo sognano tutti di tornare ai vecchi tempi di rivoluzioni giovanili ma nessuno lo fa? La valutazione è sicuramente positiva riguardo alla caratterizzazione perché c'è ma, personalmente, non ho apprezzato nessuno di loro e, penso, che siano frutto più di una fantasia finalizzata alla trama che ad un qualche modello credibile, sicuramente sono meno interessanti di qualunque altro personaggio uscito dalla penna dell'autore. In più, sempre per dare risalto all'aspetto nostalgico del periodo "Guerra del Vietnam" i loro pensieri riguardo ciò che esula da questo tema sono piuttosto nebulosi e incerti; non ci sembra di conoscerli veramente ma di sapere solamente la loro opinione riguardo a questo argomento, limitando di molto la loro personalizzazione ed il nostro coinvolgimento nelle loro storie.
Passando al tema vero e proprio e alla sua utilità, mi trovo grandemente in imbarazzo. Martin ha rovinato un libro per mandare un messaggio ma, dire che io l'abbia capito, sarebbe davvero troppo. Va bene, avete fatto finire la Guerra del Vietnam, ok era tutto meglio in quel periodo, sì sei contro la violenza ma.. e poi? Perché ti serviva scrivere questo libro? Perché volevi che altri lo leggessero? La mia impressione è che l'autore non sia arrivato al punto. Il motivo potrebbe essere anche una decisione volontaria di Martin che, avendo presentato tutte le opinioni sull'argomento, abbia poi deciso di far concludere al lettore e fargli prendere le decisioni necessarie. Purtroppo, per quanto mi sia interessato conoscere meglio il periodo che, per ovvie ragioni, non ho vissuto e mi sia piaciuto leggere un punto di vista così appassionato non ho riscontrato una grande utilità nella lettura; il libro mi ha detto molte cose ma non me ne ha "spiegata" nessuna, non posso dire di avere un parere al riguardo nonostante abbia letto pagine e pagine solo su questo argomento.
L'ambientazione e l'atmosfera ve le racconto insieme perché presentano gli stessi pregi e difetti; entrambe sono ben rese, complice lo stile di Martin che aiuta moltissimo, ma vengono rovinate dalla ripetitività della trama e della struttura. Se una volta posso trovare suggestivo vedere un luogo con gli occhi dell'autore ed accorgermi del grande potere della musica e dell'atmosfera che si crea sentendola, la ventesima mi viene da pensare che queste cose già le so e non ho voglia di leggermi altre 20 pagine di quanto sia emozionante la musica e suggestivo l'ambiente.
Il lato che credevo fosse più difficile per me da apprezzare e che, alla fine, non mi ha né entusiasmata né creato problemi è la rilevanza data alla musica realmente esistente. All'inizio di ogni capitolo vi è una citazione di una canzone famosa di quei tempi e, per quanto io sia piuttosto ignorante al riguardo, l'ho apprezzato. Sicuramente, però, se Martin avesse impiegato il tempo perso a decidere quale canzone abbinare ad ogni capitolo, a pensare meglio alla trama del romanzo lo avrei preferito e gradito anche di più. Inoltre credevo che l'importanza di questo elemento fosse maggiore, in realtà è quella "inventata" da Martin ad essere più rilevante nel romanzo.
Mi piange il cuore perché lo stile di Martin mi piace molto e per me lo stile è l'elemento più importante in un libro ma, a conti fatti, non posso consigliare questo romanzo perché non ha altri pregi se non questo e non è assolutamente sufficiente per consigliarne la lettura.