TRAMA IN BREVE

Diventare cieco all'improvviso, senza averne mai avuto il presentimento e senza motivo. Il tuo mondo, quello che vedevi ogni giorno e che davi anche un po' per scontato, diventa tutto d'un colpo diverso, totalmente estraneo. E se questo accadesse ad altri, e ci fosse una vera e propria epidemia.. come vi comportereste?

DEDICA

A Pilar

A mia figlia Violante

INCIPIT

Il disco giallo si illuminò. Due delle automobili in testa accelerarono prima che apparisse il rosso. Nel segnale pedonale comparve la sagoma dell'omino verde. La gente in attesa cominciò ad attraversare la strada camminando sulle strisce bianche dipinte sul nero dell'asfalto, non c'è niente che assomigli meno ad una zebra, eppure le chiamano così.

RECENSIONE

Voglio leggere Cecità da quando ho scoperto della sua esistenza ma, per motivi sempre diversi, ho rimandato per anni la lettura.

Ho scoperto dell'esistenza di questo libro in concomitanza con l'esistenza dell'autore, premio Nobel per la Letteratura nel 1998 e ho sempre pensato che questo sarebbe stato, senza dubbio, il mio primo libro di Saramago.

Il caso ha voluto, invece, che il primo libro letto di Saramago sia stato L'uomo duplicato di cui forse vi ricordate la mia recensione di Maggio 2016.

Fai pure ciò che ti sembra meglio, ma non dimenticarti di quello che siamo, ciechi, semplicemente ciechi, ciechi senza retoriche né commiserazioni, il mondo caritatevole e pittoresco dei poveri ciechi è finito, adesso è il regno duro, crudele e implacabile dei ciechi.

La lettura di quest'ultimo ha un po' scombussolato le idee pregresse che mi ero fatta sull'autore: credevo che il suo punto forte fosse la trama, mentre L'uomo duplicato mi è piaciuto principalmente per lo stile dell'autore (di cui vi riparlerò anche qui sotto). Di male non c'è assolutamente nulla, ma cominciavo a dubitare mi sarebbe potuto piacere un libro apocalittico come Cecità perché temevo che la trama non fosse ben sviluppata.

Alla fine, però, l'ho letto e ho cambiato nuovamente idea su questo autore.

La trama di Cecità la conoscono tutti, perlomeno nel suo incipit: la gente comincia a diventare cieca da un momento all'altro. Questa epidemia può essere paragonata in parte ad altri scenari apocalittici o distopici che conosciamo ma, in realtà, contiene insita in sé una forte differenza che cambia tutto: le persone non cambianoanzi, grazie alla cecità possiamo vedere (scusate l'involontaria battuta, Saramago mi ha contagiata) ciò che davvero ognuno di noi è.

La cecità stava dilagando, non come una marea repentina che tutto inondasse e spingesse avanti, ma come un'infiltrazione insidiosa di mille e uno rigagnoli inquietanti che, dopo aver inzuppato lentamente la terra, all'improvviso la sommergono completamente.

Ciò che mi spaventava maggiormente era lo svolgimento perché quello de L'uomo duplicato non mi aveva convinta molto nella sua struttura. L'idea iniziale, infatti, può essere anche stupenda ma, se non viene portata avanti in maniera coerente ed interessante, il surplus dato dalla prima impressione, scompare totalmente. Fortunatamente, non si tratta del caso di Cecità. Il modo in cui Saramago è riuscito a condire la trama con tutti gli elementi mischiati alla perfezione ha reso questo libro il capolavoro che, in effetti, è.

Se avete già letto altro dell'autore, saprete già perfettamente della singolarità del suo stile che, sicuramente, non si dimentica in fretta. Discorsi diretti o indiretti, totalmente lasciati liberi di inerpicarsi vicino alle altre parole. Punti interrogativi totalmente inesistenti, frasi talmente lunghe da rendere quasi impossibile citarne una interamente senza che l'argomento cambi due o tre volte (e, a proposito vi dico già che le citazioni che troverete sono spesso tagliate, per evitare di raccontarvi troppo). Questo è quello che si deve aspettare chi apre un libro dell'autore. Ora, ci sono sicuramente coloro che faticheranno di più leggendo questo romanzo perché, appunto, è piuttosto caotico e compatto e, oggettivamente, se si hanno difficoltà di concentrazione o, magari, non si legge moltissimo e quindi non si ha particolare dimestichezza con frasi lunghe e non autoconclusive, ciò potrebbe comportare una difficoltà di lettura del lettore. La verità è, però, che lo stile è assolutamente fluente e si legge alla velocità della luce, non ci si annoia un secondo e questo modo di scrivere, per me, è ciò che renderà per sempre Saramago unico. Non c'è altra persona al mondo che, possa scrivere come lui, senza rendere il tutto un pasticcio informe. Sono, anzi, moltissimi gli scrittori che seguono le regole canoniche del discorso diretto e, nonostante questo, si fatica davvero a comprendere di che cosa stiano parlando e, soprattutto, chi sia il personaggio parlante.

Per questo motivo io considero il ritmo  del libro veloce. Le pause introspettive ci sono ma sono comunque molto dinamiche ed ogni scena, per quanto drammatica, viene trasmessa alle nostri menti con velocità. Saramago vuole descriverci la realtà del momento, per come la vede lui, senza urlarvi di controllare bene ciò che sta succedendo.

Necessariamente bisogna citare anche l'ironia presente nel testo che, per quanto non sia preponderante e voglia lasciare certamente più spazio alla profonda importanza di ciò che viene fatto, ci riesce a far sorridere nonostante tutto. Le battute sull'essere ciechi si sprecano e, ve ne accorgerete anche voi, ci fanno notare quanto spesso nei nostri modi di dire si citi la capacità di vedere!

Orbene, dicono i libri, ma molto di più lo dice l'esperienza vissuta, che chi si alza presto per piacere o chi ha dovuto alzarsi presto per necessità, mal tollera che altri, in sua presenza, continuino a dormire della grossa, e a maggior ragione nel caso di cui si sta parlando, perché c'è una bella differenza fra un cieco che sta dormendo e un cieco cui non è servito a niente aver aperto gli occhi.

Sta a voi, una volta finita la lettura, ripensare a tutto ciò che è successo e captare il messaggio che altri autori avrebbero, invece, ripetuto all'infinito. L'umanità, in fondo, è già cieca.

Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.

I personaggi sono espressi magnificamente. Non conosciamo i loro nomi, eppure, o forse proprio per questo, li conosciamo nel profondo. Come dicevo già prima, a causa della loro cecità, vengono portati ad esprimere ciò che realmente sono, senza quei limiti che ci si impone nella vita reale per essere giusti agli occhi degli altri e alla società in generale. È molto semplice odiarli, giudicarli, non capirli, proprio come faremmo scoprendo il comportamento fuori dai canoni di un gruppo costretto a vivere ciò che vivranno loro. Come ci comporteremmo se fossimo al posto loro? Saramago prova a dare la sua interpretazione e, noi, possiamo solo sperare di non dover mai scoprire quale di questi personaggi esprime il nostro vero modo di essere. 

Siamo talmente lontani dal mondo che fra poco cominceremo a non sapere più chi siamo, neanche abbiamo pensato a dirci come ci chiamiamo, e a che scopo, a cosa ci sarebbero serviti i nomi, nessun altro ne riconosce un altro, o si fa riconoscere, dal nome che gli hanno imposto.

All'ambientazione è data una grande importanza. La capacità di giostrarsi tra la cecità dei personaggi che, dunque, si comportano da ciechi in un mondo totalmente nuovo perché vissuto senza poterlo vedere e, le descrizioni date dei luoghi in cui ciò avviene, è onnipresente e stupefacente. Era molto facile sbagliare, eppure noi riusciamo a vedere tutto in entrambi i modi: sia vedendoli davvero, sia percependoli attraverso una nostra cecità fittizia, presa in prestito dalle parole dell'autore. L'ambientazione generale di tempo e luogo, per quanto si possa in parte comprendere, non è invece rilevante ai fini della narrazione e non viene perciò precisata, proprio come succede in L'uomo duplicato e, suppongo, in altre opere di Saramago.

Non c'è differenza tra il fuori e il dentro, tra il qua e il là, tra i pochi e i tanti, tra ciò che abbiamo vissuto e ciò che dovremo vivere.

Infine vi parlo del film, per una volta lo faccio qui, senza spoiler, perché in effetti c'è ben poco da evidenziare. La trasposizione cinematografica rientra perfettamente nel concetto di film tratto da un libro che la maggior parte dei lettori ha. Lo stereotipo dice che il libro è sempre meglio del film e, anche se questo non è sempre vero (e ve ne parlerò presto nella sezione OffTopic), è statisticamente dimostrabile. Cecità non fa eccezione; il libro è molto più bello del film ma, quest'ultimo, non è affatto male. Anche i lettori più esigenti (tra i quali mi schiero anche io) potranno considerarlo piuttosto fedele al romanzo (fino ad un certo punto è pressoché identico e poi, semplicemente, solo un po' riassuntivo con pochissimi cambiamenti di scena) e non si sentiranno delusi da ciò che vedranno. Cliccando QUI potrete acquistarlo su Amazon.

Consiglio questo libro a tutti perché lo considero un must, qualcosa che va letto ad ogni costo almeno una volta nella vita. State, però, attenti a leggerlo nel momento giusto; non presi dalla foga di leggere un romanzo importante e famoso, bensì quando pensate di potergli dedicare il giusto tempo e la necessaria attenzione. Se lo leggerete nel momento giusto lo finirete senza nemmeno accorgervene!

TRAMA COMPLETA (CON SPOILER)

Il primo cieco si trova in macchina; è fermo al semaforo e aspetta che arrivi il verde. Non partirà mai perché diventerà cieco e, chiuso nella sua macchina, cercherà di urlarlo al mondo.

Il primo cieco viene accompagnato a casa da un uomo che, poi, deciderà di rubargli la macchina.

Una volta arrivata la moglie cercherà un oculista e ci si recherà.

Dall'oculista ci sono molti pazienti, non ciechi, che aspettano il loro turno e che vedono il primo cieco passare loro davanti a causa della gravità della loro situazione.

Il primo cieco, sua moglie, il ladro di macchine, l'oculista, sua moglie e i pazienti dell'oculista sono il gruppo principale di cui Saramago ci racconterò anche se, in realtà, saranno tantissimi i personaggi introdotti in questo romanzo.

L'oculista sarà il primo ad essere internato dopo essere diventato cieco e, sua moglie, mentendo alle guardie, entra insieme a lui in quello che sarà il luogo in cui vivranno per molto tempo.

Il Governo ha deciso di cercare di fermare l'epidemia di Cecità rinchiudendo in un ex manicomio tutti coloro che sono diventati ciechi e, così, il gruppo ben presto si riunisce.

All'interno della struttura non sono presenti persone vedenti, a parte la moglie dell'oculista che lo è ma non lo dice a nessuno e, i neo ciechi, si ritrovano totalmente incapaci di fare la benché minima azione, nella loro nuova condizione.

Ben presto il numero di ciechi sale e la situazione peggiora ulteriormente. Il ladro di macchine muore e lui non sarà il solo a morire, vittima dell'indifferenza, a volte sfociata nella crudeltà e a volte nella paura, dei soldati messi di guardia fuori dalla struttura.

La condizione peggiora di giorno in giorno quando una camerata di ciechi decide di avere il diritto di detenere tutto il cibo e di essere pagato in cambio di poche scorte. Inizialmente i "cattivi" chiedono tutti gli oggetti preziosi dei "buoni" e questi, rassegnati, cedono alle angherie.

Il capo dei cattivi possiede una pistola e, perciò, nonostante i buoni siano decisamente di più, temono di insorgere contro chi li schiavizza; la paura di morire per un colpo di pistola supera la paura di morire d'inedia.

Una volta raccolti tutti i tesori, però, i cattivi decidono di volere nuove ricompense: le donne di ogni camerata.

Dopo le comprensibili diatribe, le donne decidono di accettare quest'orribile diktat e, a turni, si occupano di soddisfare i bisogni sessuali dei cattivi. 

La moglie dell'oculista, però, davanti alla morte di una compagna di camerata, decide di agire. Lei è l'unica in tutta la struttura che riesce ancora a vedere e possiede delle forbici: decide così di uccidere il capo dei cattivi.

Ci riesce ma non riesce a prendere il cibo o a sconfiggere tutti i nemici che, immediatamente, hanno un nuovo capo.

Alla fine è una donna disperata che cambierà la situazione: darà fuoco alla barricata di letti formata dai cattivi sulla porta della loro camerata (morendo lei stessa nella pira) e il fuoco, espandendosi in tutto l'edificio porterà i ciechi a scappare all'esterno, nonostante la minaccia dei soldati.

Scopriranno poi che i soldati non ci sono più: l'epidemia di cecità è talmente diffusa da non rendere più fattibile la sorveglianza imposta dal Governo.

I ciechi fanno perciò ritorno al loro mondo che, però, non potrebbe essere più cambiato: i negozi di alimentari sono stati tutti svaligiati, ognuno vive in case diverse perché non sa trovare la propria, chiunque è disposto ad uccidere per una scorta alimentare.

Il gruppo dell'oculista è fortunato ad avere una guida vedente e, dopo varie peripezie, riescono ad approdare a casa dell'oculista e della moglie.

Lì, finalmente, riescono a sentirsi quasi normali, nonostante le loro condizioni non lo siano affatto e, dalla vicinanza l'uno con la'ltro, riescono a trarre qualcosa di molto simile alla felicità.

È proprio in quel momento che il primo cieco, tutto d'un tratto, riacquista la vista e, pian piano tutti ricominciano a vederci.

La moglie dell'oculista, unica ad aver assistito visivamente a tutto ciò che è successo, guarda il sole e, per un attimo, pensa di essere diventata cieca, ma così non sarà.

CITAZIONI

Arriverà anche il mio turno, pensò, quando forse in questo istante, senza darmi il tempo di concludere ciò che mi sto dicendo, in qualsiasi momento, come loro, o forse mi sveglierò cieca, o lo diventerò chiudendo gli occhi per dormire, credendo di essermi solo addormentata.

Alcuni si erano coperti anche la testa, come se desiderassero l'oscurità, un'oscurità autentica, una nera oscurità potesse spegnere definitivamente quei soli offuscati in cui si erano trasformati i loro occhi.

I buoni e i cattivi risultati delle nostre parole e delle nostre azioni si vanno distribuendo, presumibilmente in modo alquanto uniforme ed equilibrato, in tutti i giorni del futuro, compresi quelli, infiniti, in cui non saremo qui per poterlo confermare, per congratularci o chiedere perdono.

Parole giuste, eravamo già ciechi nel momento in cui lo siamo diventati, la paura ci ha accecati, la paura ci manterrà ciechi.

Se le cose continuano così, finiremo, una volta ancora, col doverne concludere che anche nei mali peggiori è possibile trovare una porzione di bene sufficiente a sopportarli, i mali, con pazienza.

È chiaro, non è solo la voce del sangue a non aver bisogno d'occhi, anche l'amore, che dicono sia cieco, ha da dire la sua.

Andiamo, solo chi dovrà morire morirà, la morte sceglie senza avvisare.

Non sempre i giuramenti si rispettano, talvolta per debolezza, talaltra per una forza superiore di cui non avevamo tenuto conto.

Non ha trovato risposta, le risposte non vengono ogniqualvolta sono necessarie, come del resto succede spesse volte che il rimanere semplicemente ad aspettarle sia l'unica risposta possibile.

Non si può mai sapere in anticipo di cosa siano capaci le persone, bisogna aspettare, dar tempo al tempo, è il tempo che comanda, il tempo è il compagno che sta giocando di fronte a noi.

QUARTA DI COPERTINA

In un tempo e un luogo non precisati, all'improvviso l'intera popolazione diventa cieca per un'inspiegabile epidemia. Chi è colpito da questo male si trova come avvolto in una nube lattiginosa e non ci vede più. Le reazioni psicologiche degli anonimi protagonisti sono devastanti, con un'esplosione di terrore e violenza, e gli effetti di questa misteriosa patologia sulla convivenza sociale risulteranno drammatici. I primi colpiti dal male vengono infatti rinchiusi in un ex manicomio per la paura del contagio e l'insensibilità altrui, e qui si manifesta tutto l'orrore di cui l'uomo sa essere capace. Nel suo racconto fantastico, Saramago disegna la grande metafora di un'umanità bestiale e feroce, incapace di vedere e distinguere le cose su una base di razionalità, artefice di abbrutimento, violenza, degradazione. Ne deriva un romanzo di valenza universale sull'indifferenza e l'egoismo, sul potere e la sopraffazione, sulla guerra di tutti contro tutti, una dura denuncia del buio della ragione, con un catartico spiraglio di luce e salvezza.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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