La morte stessa, qui, cancellava la morte.
Bruges la morta è un romanzo del 1892 di Georges Rodenbach, romanziere simbolista belga.
Apparso a puntate su Le Figaro, Bruges-la-Morte, racconta di un uomo, Hugues Viane, rimasto vedovo cinque anni prima, che non riesce a farsi una ragione della morte della moglie. L'uomo conserva la treccia bionda della defunta e si è trasferito, per piangerla meglio, appositamente a Bruges, città belga che a quei tempi rispecchiava per il protagonista la propria amata: una città priva di vita, grigia e spenta, che non sarebbe mai ritornata quella di un tempo. Da questo deriva anche il titolo, perfetto per rendere il punto focale del romanzo evidente sin da subito.
Non è come se la morte si impietosisse? Distrugge tutto, ma lascia intatte le chiome. Gli occhi, le labbra, tutto si confonde e crolla. I capelli nemmeno si scolorano. È in essi soltanto che si sopravvive! E ora, dopo già cinque anni, malgrado il sale di tante lacrime, la treccia della morta, così salvata, non era neanche impallidita.
Da questa trama e da questo titolo si comprende, infatti, come l'ambientazione abbia una grande rilevanza: Bruges diventa a tutti gli effetti metafora dello stato d'animo del protagonista e viene raccontata per molte sue particolarità.
Le città specialmente posseggono ognuna una personalità propria, uno spirito autonomo, un carattere riconoscibile che corrisponde alla gioia, al nuovo amore, o alla rinuncia, alla vedovanza. Ogni città è uno stato d'animo; e quando vi si soggiorna, questo comunica, si trasmette a noi come un fluido che, respirato con l'aria, entra a far parte del nostro corpo.
Capire l'importanza della città scelta ai fini della storia è semplice ed obbligatorio: sin dall'incipit ci viene data la chiave di lettura del romanzo. Nell'avvertenza che potete leggere, infatti, ci viene detto ciò che dobbiamo provare durante la lettura.
Abitualmente quando si pensa ad un romanzo d'appendice (o feuilleton, se lo preferite) si immagina qualcosa di particolarmente avvincente, ricco di avvenimenti e dinamica. Questa storia in particolare, invece, presenta molti dettagli e frasi generali sulla vita (e, ovviamente, anche sulla morte) piuttosto che eventi importanti. Nonostante questo i capitoli brevi e la semplicità dei concetti, che anche se esposti con uno stile ricercato e classico ricordano al lettore verità che lui già conosce e ha probabilmente sperimentato in prima persona, donano un buon ritmo alla lettura, che può terminare in un'ora e mezza o anche meno, a seconda della vostra velocità.
Non si apprezza la felicità, così come la salute, se non attraverso la sua negazione. E l'amore stesso consiste nella propria intermittenza.
Il finale, invece, è d'impatto, anche se al giorno d'oggi abbastanza semplice da indovinare. In questo momento storico, anzi, si rischia di dare maggiore rilevanza a quello che succede, leggendolo in modo diverso e meno metaforico a causa del clima particolarmente caldo riguardante all'argomento che verrà chiamato in causa. Non sarò più specifica onde evitare anticipazioni (che in questo caso sarebbero davvero gravi), ma spero che chi ha letto il libro comprenda a cosa mi riferisco.
L'atmosfera provata è, in maniera crescente, onirica e surreale: se inizialmente l'autore ci parla di qualcosa di concreto e piuttosto semplice da capire, il profondo dolore della perdita del protagonista, successivamente assistiamo a qualcosa di sempre meno legato alla concretezza e sempre più fantasioso e portato all'estremo.
Il protagonista è ben reso, così come lo sono anche i pochi altri personaggi principali, che mi hanno ricordato alcune personalità Proustiane e che, sebbene piuttosto semplici da leggere, si dimostrano costantemente coerenti al loro ruolo e difficili da dimenticare.
Ciò che ho apprezzato maggiormente di questo testo di Fazi, è stata la prefazione di Marco Lodoli (che vi consiglio di leggere solamente una volta terminata la lettura) che, grazie alle sue parole, mi ha fatto capire come il messaggio del testo mi fosse arrivato solamente a livello inconscio. Questo messaggio, che si può sintetizzare, con parole mie, in "non è la vita ad essere sbagliata ma siamo noi a sbagliare non accettandone il funzionamento", è senza ombra di dubbio giusto, ma molto difficile da accettare e da ritrovare anche in un libro.
Grazie a questo ho capito, forse, il perché questo romanzo non mi ha convinta particolarmente, seppur ben scritto.
L'amore, come la fede, si preserva attraverso piccole pratiche.
Io l'ho letto grazie all'abbonamento a Kindle Unlimited e non me ne sono pentita, perciò se disponete dell'abbonamento, o se avete deciso di testarlo con la Prova Gratuita di un mese, ve lo consiglio come lettura veloce ed interessante. Se amate Bruges, il Belgio, i libri che danno grande rilevanza al luogo dove si svolgono, Bruges la morta fa per voi.
Non lo consiglio, invece, a chi cerca un classico irrinunciabile.
Come detto anche nella Sinossi, a questo romanzo è ispirato un film di Hitchcock (di cui non cercherei il nome se non volete sapere troppo della trama di questo romanzo), sicuramente la curiosità di vederlo e comprendere in cosa le due opere si assomiglino e in cosa divergano è molta. Quando lo guarderò vi farò una scheda delle maggiori differenze.