Mi chiamo Mikage Sakurai. I miei genitori sono morti tutti e due giovani. Perciò sono stata allevata dai nonni. Il nonno è morto quando ho cominciato le medie. Da allora io e la nonna abbiamo vissuto da sole.
Kitchen è il primo libro pubblicato di Banana Yoshimoto e anche il suo primo libro che leggo. Io l'ho comprato con l'offerta Feltrinelli, 2 libri a 9.90€, e nella mia edizione è presente a fine volume anche il racconto Moonlight Shadow. Qui vi parlerò di entrambi i testi.
Kitchen si divide in due parti: Kitchen e Plenilunio (Kitchen 2). Tra ciò che accade nella prima parte e ciò che succede nella seconda passano alcuni mesi ma la situazione è cambiata di molto sia per la protagonista, Mikage, sia per quello che potremmo considerare il coprotagonista, Yūichi.
Il libro si apre con Mikage che ci parla del suo più grande amore: la cucina, intesa sia come luogo fisico che come azione. Scopriremo presto che questa stanza è il suo rifugio che, fino a quel momento, l'ha protetta dalla dolorosa realtà: è rimasta sola, anche la sua ultima parente in vita, la nonna, l'ha lasciata poco tempo prima. Questa situazione, appena scoperta dal lettore, cambia immediatamente grazie al coprotagonista, un ragazzo che Mikage non conosce bene ma che sembra capire il dolore della giovane e desidera, insieme alla madre, aiutarla a superarlo.
Il tema principale di Kitchen è, dunque, la morte o, per meglio dire, la consapevolezza della solitudine, di dover andare avanti nonostante aver perso le persone più care della propria vita. Un argomento che, come è ovvio, è piuttosto lugubre, triste e cupo. La scrittura di Banana Yoshimoto però, è volutamente e consapevolmente molto leggera e aiuta a leggere frasi molto importanti e profonde con facilità.
Questo aspetto è ciò che può fare la differenza nell'apprezzamento del volume perché ci sarà chi riuscirà ad affrontare in questo modo una lettura che non avrebbe mai voluto fare se scritta in modo diverso, ma potrà destabilizzare chi, invece, letture di questo tipo le fa e apprezza che le parole, importantissime, vengano accompagnate da un'atmosfera similare e che vengano pesate maggiormente.
Personalmente in questo particolare ambito ho apprezzato la leggerezza dello stile dell'autrice, anche se mi sono accorta che, in questo modo, un argomento che solitamente mi tocca moltissimo, mi ha suscitato un'indifferenza che non mi sarei mai aspettata. Ho sottolineato numerosissime frasi, mi sono piaciute, eppure già pochissimi giorni dopo averlo finito devo ammettere di ricordarle poco e di non sentire niente al riguardo.
Questa stessa leggerezza viene utilizzata anche nei collegamenti della trama, ci sono dunque anche temi molto delicati che vengono raccontati come se fossero faceti e semplici. Si capisce chiaramente che questo effetto è voluto, ma senza leggere la postfazione di Giorgio Amitrano collocata in fondo al volume, non avrei mai potuto indovinare il perché fosse stato scelto. Lo stile dell'autrice si rifà molto allo shōjo manga, in cui non è la logica a comandare ciò che succede ma i sentimenti. Può capitare, dunque, che una scelta di vita che, generalmente, viene associata ad un percorso fisico e psicologico pesante, venga spiegata con "ha pensato di farlo" e che determinati accadimenti capitino semplicemente perché la protagonista lo desidera. Per una persona razionale e schematica come me c'è stata una grandissima difficoltà nell'apprezzare questa scelta e questo è il motivo principale per cui non sono stata entusiasta del libro.
Potevo credergli o c'era sotto qualcosa? Più ascoltavo, più quella storia mi sembrava incredibile.
Sempre grazie a quella che io chiamo "leggerezza" di stile e trama il ritmo di lettura è velocissimo. Che il libro vi piaccia o meno non troverete vere difficoltà nel leggerlo.
L'ambientazione è principalmente legata al meteo: anche questo spesso associato allo stato d'animo dei protagonisti.
Mentre ci davamo appuntamento guardai dalla finestra. L'aria era color grigio piombo.
Le nuvole venivano trascinate via dal vento con una forza incredibile. In questo mondo non c'è posto per le cose tristi. Nessun posto.
Questi ultimi sono i due maggiormente caratterizzati. La loro mentalità viene approfondita e ripetuta, così come quella degli altri personaggi importanti presenti nella vicenda e ci è chiaro sia ciò che pensano che ciò che provano, nonostante la storia sia raccontata dal punto di vista di Mikage.
Moonlight Shadow, invece, è il testo di laurea dell'autrice. Anche qui il tema è la morte e la conseguente sopravvivenza e necessità di accettazione di coloro che sopravvivono. In questo caso ho avvertito un Kitchen in embrione, dove tutti gli elementi raccontati in precedenza esistono ma sono meno calcati. L'effetto finale su di me è stato che ho sentito molto di più l'atmosfera, sebbene la trama fosse molto più lontana dal mio vissuto personale e non generasse in me alcun ricordo particolare, dimostrandomi quanto la leggerezza del primo testo avesse influenzato la mia lettura.
In conclusione, Kitchen è un volume che si legge volentieri ma che a me ha lasciato poco. Io non sono sicuramente adatta a testi così poco logici e legati all'istinto, ma nonostante questo l'ho apprezzato. Si tratta anche del primo libro dell'autrice, perciò non so se il percorso dai lei fatto in questa direzione sia ascendente (sempre più sentimenti e meno razionalità) o discendente, anche se l'arricchimento di questo aspetto rispetto alla tesi di laurea mi fa pensare maggiormente alla prima ipotesi.
Questi sono i motivi per cui lo consiglio: potrà al massimo non piacervi quanto la sua fama potrà farvi sperare, ma difficilmente potrete pentirvi di averlo iniziato. Leggendolo capirete se questo tipo di scrittura vi può piacere o meno. Se avete letto altre dell'autrice e avete riscontrato e apprezzato alcuni degli aspetti di cui vi ho parlato oggi, allora Kitchen fa per voi!