La certosa di Parma sarà un libro che mi porterà le ire di molte persone, a causa della mia recensione, ma io #RecensiscoQuandoVoglio perciò vado avanti ed affronto la tempesta.
Chi mi segue da un po' avrà sicuramente notato che i Classici io li amo pazzamente, soprattutto quelli del'800. Con Stendhal, però, stavo per alzare bandiera bianca. Dell'autore ho già letto Il Rosso e il Nero parecchi anni fa ormai, ricordo di non averlo apprezzato particolarmente e nient'altro, ma lo rileggerò prima o poi, perché penso che fosse comunque migliore del libro che mi sto apprestando a recensire.
Premetto che io Stendhal l'ho odiato dal primo momento in cui ho iniziato a studiarlo; questo autore francese così tanto legato all'Italia proprio non lo capivo, e mi stava antipatico a pelle. Poi ho letto Il Rosso e il Nero in maniera abbastanza indolore e, imparata l'arte, l'ho lasciata da parte. La Certosa di Parma mi attendeva in libreria da anni, forse anche un decennio bello e buono, ma io, testarda, l'ho continuato ad ignorare preferendogli altri libri. Questo mese volevo leggerlo, me l'ero imposto. L'ho iniziato e mi è venuto sonno, non mi ricordavo più che cosa c'era scritto nella riga prima, l'ho iniziato e riiniziato ma niente, mi perdevo prima di arrivare al secondo capitolo.
Io però sono testarda e allora ho avuto un'ideona: ascoltarlo come audiolibro. Ebbene, l'ho scaricato, l'ho fatto partire, mi sono seduta nel letto vicino allo stereo ed ho iniziato ad ascoltarlo... e mi sono addormentata. Cinque minuti dopo (fortunatamente) mi sono svegliata, mi sono accorta del misfatto, mi sono obbligata ad alzarmi e l'ho fatto ripartire. Ho ascoltato tutto il libro da in piedi, mentre facevo pulizie varie ed eventuali e ce l'ho fatta, dopo circa una settimana l'ho finito.
Il punto dolente è, però, che da questo audiolibro mi sembra di aver ricavato di più dal punto di vista dell'ordine della casa che da quello della cultura, e mi dispiace profondamente.
Io non sono nessuno per poter giudicare lo stile di Stendhal ma, visto che faccio proprio questo sul blog, vi informo che l'ho trovato noioso, pedante, a tratti tedioso e monotono. Non mi è piaciuto. Lui stesso dentro al romanzo in più punti scrive pezzi come "il Lettore troverà troppo lunga la descrizione di questa conversazione" e ogni volta io gli rispondevo "sì, taglia ti prego." Una cosa che non sapete è che io amo il francese e, avendolo studiato, lo riesco a capire bene. La voglia di provare a sentirlo o leggerlo in lingua originale mi ha anche sfiorata, nella speranza di trovare qualcosa di meglio, ma non credo che sia un problema di traduzione. Io amo il dilungarsi, adoro il troppo, apprezzo i puri esercizi di stile, ma qui io ho notato solamente un allungare il brodo inutilmente e non ho nemmeno apprezzato lo stile.
La trama è forse ciò che mi ha deluso di più; non mi ha lasciato niente. All'inizio del libro Stendhal dice di raccontare le vicende che gli sono state a sua volta narrate da degli italiani, su wikipedia ho letto che lui si è ispirato a un manoscritto italiano e si sia appuntato a lato la frase To make of this sketch un romanzetto ed ecco che mi ritrovo a dovervi dire che penso proprio che ce l'abbia fatto; ha fatto un romanzetto, e la delusione è tanta. La motivazione della tag Basato su una storia vera è derivante da questo, certamente non si tratta di un racconto per filo e per segno ma è certo che Stendhal abbia preso spunto da fatti realmente accaduti. Considerando che se penso alla lettura classica francese dell'800 io penso ad autori come Hugo, scrittore che per quanto sia assimilabile ai suoi tempi, si preoccupava di scrivere romanzi che avessero qualità, informazioni, stile oltre alle trame tipiche dei tempi. Questo libro io lo paragonerei, invece, più a un Don Chisciotte, senza significato metaforico, o a un feuilleton. Dopo la lettura non ti sembra di aver letto qualcosa di spessore, almeno non è sembrato a me.
Il protagonista, Fabrizio, non l'ho trovato verosimile. Probabilmente perché negli anni in cui la sua ingenuità (tanto calcata nei primi capitoli) sparisce e diventa scaltrezza (dimostrata nei capitoli successivi) il lettore non lo vede e no legge niente di lui. Fatto sta che la persona che troviamo all'inizio e dopo i capitoli riguardanti la Duchessa non è la stessa persona e non si capisce nemmeno perché. A parte questo l'ho trovato un superficiale molto fortunato e non sono affatto riuscita ad affezionarmi a lui, nonostante all'inizio lo trovassi molto divertenti a causa della sua ingenuità. Dirò di più, il mio ragazzo non ha ascoltato l'audiolibro con me ma ne ha sentito qualche pezzo mentre faceva altro e una volta in cui a Fabrizio non è andata bene ha esclamato "era ora!", insomma anche ad un ascoltatore di passaggio questo personaggio non ha fatto molta simpatia. Riassumendo, non lo trovo né ben costruito (a causa di cambiamenti avvenuti in lui dal nulla) e nemmeno simpatico, godibile, divertente.
Gli altri personaggi sono vasti anche se molto caricaturali, elemento fortemente presente nei romanzi dell'epoca e che, perciò, non valuterò come negativo. Ho apprezzato che sia riuscito a creare personalità diverse che, nel bene o nel male, saranno le uniche cose che ricorderò del romanzo andando avanti con gli anni.
A proposito di stereotipi, non mancherete di notare tutte le frasi sugli italiani e i francesi e le loro differenze. Capisco che in quel periodo, forse, le barzellette su "c'è un italiano, un francese ed un tedesco" ancora non fossero in voga, ma le ho trovate piuttosto fastidiose. Il problema principale sarà che gli italiani conosciuti da lui non sono sicuramente quelli conosciuti da me, due secoli di Storia ci hanno cambiato profondamente e, da quanto leggo, persino in peggio. Una piccola parte di esse le potete trovare nella sezione citazioni qua sotto.
L'ambientazione è, senza dubbio, ben descritta ma, per i miei gusti, pure troppo. Mi perdevo tra i rami degli alberi descritti uno ad uno, non riuscivo ad immaginare nulla di ciò che veniva descritto perché era troppo minuzioso e precisino e l'immaginazione non si accendeva nemmeno un po'. E anche qui, il paragone con Hugo mi viene naturale. In Notre-Dame de Paris le descrizioni sono lunghe interi capitoli ma non mi sono mai annoiata un secondo, non le ho mai ritenute superflue e, invece, in questo romanzo non ne potevo davvero più.
L'atmosfera del libro è univoca; che le scene siano tristi, divertenti, serie, tragiche, romantiche ecc il racconto tende sempre alla canzonatura, allo scherzo, al divertimento. Aspetto che sminuisce profondamente scene che, raccontate in modo diverso, avrebbero potuto avere un significato più alto. D'altro lato ammetto, però, che questa atmosfera è indubbiamente quella che si confà maggiormente allo stile dell'autore e che gli viene bene. Io stessa in più occasioni ho sorriso e in alcune persino riso, perciò l'obiettivo è stato raggiunto.
La struttura del libro mi piace perché vede la storia sotto punti di vista differenti anziché attraverso uno solo. Penso, però, che l'autore ne abbia abusato per non narrare alcuni elementi fondamentali, concentrandosi su banalità trascurabili.
Non mi sento di consigliare questo classico. Di classici stupendi ed imperdibili ce ne sono tantissimi e La Certosa di Parma non è compresa. Mi riservo la possibilità di rileggere in futuro il Rosso e il Nero per capire se lì c'è qualcosa di più o no.