Sono incappata davanti a questo libro di Henry James al mercatino dell'usato e, quando ripenso che l'ho pagato soltanto 60 centesimi, mi sento in colpa come se l'avessi rubato. Nonostante stessi leggendo tutt'altro e cerchi sempre di rimandare le letture esclusivamente mie il più possibile, non sono riuscita a resistere e l'ho iniziato immediatamente. L'ho apprezzato da subito e, probabilmente, non ci sarà mai altro acquisto del mercatino che mi soddisferà così tanto come rapporto qualità/prezzo.
Henry James mi mancava, nonostante io adori i classici e che abbia una particolare predilezione per quelli dell'800, non avevo mai letto nulla dell'autore. L'americano non è, certamente, uno dei suoi scritti più famosi ma rappresenta perfettamente ciò che lo scrittore voleva trasmettere con i suoi libri.
Cercherò di risparmiarvi l'ennesima tirata sul XIX secolo dal punto di vista letterario e riassumerò la mia opinione dicendovi che, l'autore Henry James, fu uno dei capostipiti del nuovo concetto di scrittore che, da lui in poi, si distanzia dal concetto romantico del termine per avvicinarsi ad un ruolo sociale: Henry James pensa che sia dovere di un autore inserire nelle sue opere la propria visione del mondo.
Non solo, ma da Statunitense naturalizzato Inglese, lo scrittore viveva in un'eterna dicotomia. Una divisione tra il Mondo Nuovo (l'America) e il Vecchio Mondo (nel suo caso, l'Inghilterra) legati da alcuni aspetti ma separati da concetti fondamentali. Le considerazioni sulla società che possiamo trovare nei suoi libri dipendono, perciò, da questa sua esperienza personale che l'ha profondamente colpito.
La trama de L'americano rispecchia tutto ciò: il protagonista, Newman, è un americano in viaggio di piacere in Europa, in particolare Parigi e, essendo cresciuto con ideali totalmente diversi da quelli dei francesi, non riesce a comprenderli. Certo, questa non è che la premessa della trama che, come al solito, non voglio anticiparvi, ma le vicende narrate si fanno sempre più interessanti fino a giungere ad uno svolgimento piuttosto movimentato.
Il conflitto tra Henry James e il Vecchio Mondo nella sua vita si è estrinsecato in una simil disfatta per lui; si è sentito sempre un pesce fuor d'acqua, uno straniero. Il protagonista della vicenda, invece, ha un carattere totalmente diverso. Newman, infatti, prende gli atteggiamenti e, persino, i valori dei francesi come se fossero puramente interessanti dal punto di vista antropologico ma non fautori di problematiche morali per lui che, invece, è cresciuto con una mentalità quasi opposta. Newman vuole conoscere il Vecchio Mondo per soddisfare la sua curiosità ma non cerca mai di capirlo o di farne parte, non è una persona altera o superba perciò non li considera ridicoli, ma è più pronto a scherzarci sopra che a prenderli sul serio. Trovo che questo sia riprova di un tentativo di riscatto di Henry James: se nella sua vita reale lui era vittima di queste differenze, nella vita fittizia de L'americano il suo protagonista riesce, non solo, a convivere tranquillamente con la consapevolezza di non essere capito da nessuno, ma riesce addirittura a sentirsi a suo agio, ritenendo tutto molto divertente e curioso.
Altro aspetto che ho apprezzato tantissimo e che mi ha anche stupita visto il periodo in cui il romanzo è stato scritto, è l'introspezione dei personaggi. Nonostante il protagonista sia Newman e che sia lui il centro della narrazione, l'autore riesce a descrivere ognuno di loro con vivide pennellate. Non conosciamo i loro pensieri, persino James ci fa capire di non conoscere né i loro né quelli del protagonista, ma grazie all'occhio critico e conoscitore dello scrittore riusciamo ad inquadrarli, vediamo ciò che rappresentano ma anche ciò che sono. Dato che, in parte, possiamo considerare questo romanzo come un'allegoria della società ai tempi di James, riusciamo anche a desumere che i personaggi rappresentino in gran parte dei ruoli. Nonostante questo ho trovato ognuno di loro diverso e unico, confacente sì al ruolo che si voleva rappresentare ma, al contempo, anche una persona reale con sentimenti appartenenti solamente a lui e non ad una categoria.
Lo stile di Henry James mi ha conquistata. Questo significa che per molti lettori sarà, come minimo, noioso. Io amo gli stili arzigogolati, pieni di subordinate, complicati, con parole desuete e che abbiamo la capacità di dire tutto come niente in righe e righe. Trovo che l'esercizio di stile sia ciò che rende davvero grande un autore classico e Henry James è un campione in questo. Si pensa che l'autore fosse dislessico e che il suo stile complicato derivi dalla sua difficoltà di dire qualcosa in maniera diretta. Si suppone, infatti, che girasse intorno ai discorsi per riuscire ad arrivare a quello che voleva raccontare, non riuscendo a farlo nella maniera consona. Non so se questo sia vero, so solo che il risultato finale è fantastico. Le preferenze di stile dipendono dai gusti del lettore, se siete già diffidenti verso i classici perché, tendenzialmente, sono scritti in maniera più complicata rispetto ai contemporanei, questo non è il libro che fa per voi. Se, invece, amate la capacità di giocare con le parole e di un libro desiderate principalmente una narrazione di livello, allora, questo è ciò che state cercando.
In narratore c'è e si sente, come nei migliori classici. È direttamente James a parlarci e a raccontarci la storia, sono numerosi i passaggi in cui si rivolge al lettore.
È un classico e, come tutti o quasi i romanzi del genere, non è affatto veloce, anzi. James si prende i suoi tempi per spiegarci le cose e anche la trama attende lungo tempo per decollare veramente. Io non avrei cambiato una sola riga di questo romanzo e trovo che il suo ritmo sia perfetto così.
Non esiste romanzo dell'epoca che non possieda al suo interno una giusta dose di ironia, anche in questo caso non mancano le frasi sferzanti e divertenti, spesso enunciate da un particolare personaggio che, solo sicura, piacerà a tutti voi: Valentin de Bellegarde.
Il libro è ambientato principalmente nella Parigi del 1868 (e seguenti), anche se vengono citate diverse parti d'Europa. La città viene descritta molto bene, ma sono gli interni dei luoghi ad essere meglio rappresentati. Com'era il Louvre all'epoca? E una dimora di agiati aristocratici? Con questo romanzo le curiosità vengono completamente saziate.
Il messaggio del romanzo è forte, legato alla dicotomia Vecchio Mondo - Nuovo Mondo. Non posso dirvi chi reputo ne esca vincitore perché, altrimenti, incorrerei in anticipazioni involontarie. Ciò che è certo è che James ci fa capire bene per quale parte parteggiano il suo cuore e il suo cervello.
Per quanto riguarda l'atmosfera del libro voglio distinguere ciò che si percepisce, in due categorie diverse. Possiamo, infatti, percepire due tipi di sensazioni diverse legate al romanzo; quella dovuta al messaggio e quella dovuta alla trama. Quella legata al messaggio è quella che io ritengo più importante, non c'è possibilità di non avvertirla; tutto il romanzo è incentrato su questo aspetto. Quella legata alla trama è, invece, ciò che concerne la suspense e la voglia di leggere cosa succederà, questo aspetto è decisamente più presente nella seconda metà del romanzo dove io sono stata totalmente catturata.
Si tratta di un classico, con un messaggio importante ed uno stile ricercato, perciò va da sé che la trama non sia il suo elemento fondamentale. Non sono, però, d'accordo con chi dice che ce ne sia poca o che sia un aspetto a suo sfavore perché, superata la prima metà, di avvenimenti ce ne sono eccome. Questo libro non piacerà a tutti perché non è ritmato, veloce, sintetico e semplice, trovo però che sia una perla e, davanti alle perle, non posso che consigliarlo e sperare che tutti lo leggano e lo apprezzino, proprio come si merita.