Prima che il mondo sparisca parlo al bastardo. Mi costa sforzo. Biascico.
«Quarantasette».
«Che cazzo significa?».
«Sei un morto che parla».
47, L'oscurità del Golem è il secondo volume della serie noir di Emanuele Bissatini, edito Round Robin.
In questo secondo libro la vicenda continua immediatamente dopo gli accadimenti del primo. È possibile comprenderlo anche leggendolo in modo autonomo o anche se è passato molto tempo dalla lettura del precedente, ma dato lo stretto collegamento tra i due testi consiglio di leggerli in ordine e, possibilmente, uno dietro l'altro.
L'impressione generale, infatti, è quello di un lungo testo che è stato suddiviso in parti e sottoparti, ognuna delle quali coerente ed autoconclusiva, che riesce ad avere significato sia se letto in generale che nel dettaglio, aspetto raro per una serie che, solitamente, presenta o l'una o l'altra caratteristica.
Onde evitare di ripetere e/o di anticipare aspetti fondamentali presenti nel primo volume (QUI la recensione di Glock 17), in questa recensione cercherò principalmente di analizzare le differenze che ho riscontrato tra i due testi, parimenti validi e consigliabili.
47 vede, sicuramente, un maggiore esercizio di stile da parte dell'autore che utilizza le medesime modalità narrative scelte in Glock 17 ma ne aumenta la frequenza e la portata.
Il primo aspetto che colpirà sin dall'incipit è la presenta di un punto di vista aggiuntivo rispetto a quello del protagonista. Veniamo a contatto, infatti, anche con il Golem, il "cattivo principale", anche se questa definizione è decisamente limitante, di questo volume. I capitoli dedicati ai suoi pensieri sono pochi e molto brevi, contraddistinti da un linguaggio diretto e personale che, pur dimostrando nei suoi contenuti l'instabilità del personaggio, convince anche di più dei capitoli principali.
La narrazione degli altri capitoli è, invece, lasciata a Ettore, il protagonista, che ci parla e ci racconta tutto al presente e in prima persona.
Lo stile rimane lo stesso del volume precedente; molto descrittivo – all'inizio di ogni nuova scena spiega il contesto e ce lo lascia raffigurare dentro la nostra mente– , molto cinematografico – con discorsi diretti d'impatto che si riescono facilmente ad immaginare sulla bocca dei migliori attori pulp – e anche profondo – con riflessioni, analogie e metafore filosofiche che rappresentano molto bene lo stato d'animo del protagonista e gli donano spessore.
Quest'ultimo elemento, costituito da digressioni che spezzano l'azione, è decisamente più frequente in questo secondo volume e, sebbene sia sempre ben fatto, comprensibile piacevole da leggere e molto originale, rappresentate così diffusamente possono dare una leggera impressione caricaturale, togliendo un po' di naturalezza alla scelta lessicale di Ettore che, qui, sembra un po' troppo attento a compiacere il lettore e a convincerlo.
Sono un albero, ho rami spezzati e radici vecchie che non fanno più scorrere il sangue della terra.
Sono un albero, ho la corteccia strappata e profonde incisioni intorno alle quali sto diventano vecchio.
Sono un albero, usano il ferro contro di me per recidere l'unica parte ancora viva.
Altro aspetto maggiormente ricercato è la scelta di raccontare scene cronologicamente sfalsate, anticipando qualcosa e tornando indietro nel tempo solo successivamente, mostrando ciò che mancava.
Come ho già asserito nella mia precedente recensione, Emanuele Bissattini conosce e gioca molto bene con la lingua italiana e lo dimostra anche in 47. Trattandosi però di un testo noir in prima persona, molto legato all'emotività del momento, trovo che la maggiore ricercatezza stilistica (già presente precedentemente e ottimamente dosata) possa rischiare di inficiare in parte sulla veridicità del racconto che, anche il lettore amante del bello stile, si aspetta maggiormente di pancia, in un testo come questo e che viene ottimamente reso attraverso altri elementi (come ad esempio il riportare i dialoghi scrivendo "Io." nella riga superiore del testo, dando una sensazione di dinamicità e schiettezza).
In conclusione, 47 è un seguito che convince quanto il primo volume di serie ma che indugia leggermente di più sulla capacità stilistica dell'autore, indubbia anche in Glock 17. Tutto il resto rimane immutato; ambientazione resa efficacemente sia nell'aspetto realistico del vivere e del muoversi, sia nell'aspetto che si lega al genere noir (malavita, luoghi d'incontro, scenografia di ogni scena importante ecc), ritmo velocissimo che porta a terminare il testo molto velocemente e con curiosità, messaggio profondo che bilancia i momenti maggiormente pulp ed espliciti che non risultano mai eccessivi e, anzi, intrattengono.
Trattandosi di un noir, non mancano scene violente, linguaggio esplicito e volgare e, talvolta, qualche asserzione che possono far storcere il naso ai lettori che cercano tutt'altro dalla lettura ma niente di tutto questo, per chi conosce e ama il genere, è recepito come sbagliato, anzi, l'autore riesce molto bene ad equilibrare tutti gli elementi del testo, riuscendo ad accontentare tutti i gusti.
Per questo motivo e per la qualità oggettiva del volume, mi sento di consigliarlo a tutti. Meglio se letto subito dopo Glock 17.