Purezza. Serenità. Semplicità. Isolamento. Tutta la concentrazione, l'opulenza e l'originalità riservate alla sfibrante, estasiata, trascendente vocazione. Mi guardai introno e pensai: ecco come vivrò.
Quello con Philip Roth è un grande amore nato all'inizio dello scorso anno, dell'autore ho letto diversi romanzi ma, ancora, non posso dire di conoscerlo perfettamente.
Cercando di evitarvi una spiegazione generale su Roth (che prima o poi vi farò a parte), vi dirò brevemente quanto ritengo necessario per comprendere questo romanzo.
I libri di Philip Roth (da non scambiare con Henry e Joseph) sono divisibili in due categorie: quelli con Nathan Zuckerman e quelli che, invece, hanno protagonisti diversi.
Lasciando, per il momento perdere la seconda categoria, di cui questo romanzo non fa parte, vi illustro un ulteriore dettaglio sui libri che vedono Zuckerman come protagonista. Questi, infatti, si possono suddividere a loro volta tra coloro che parlano della vita di questo personaggio e quelli in cui, invece, Zuckerman è solamente, o quasi, la voce narrante della storia. Un esempio del primo sottogruppo è La controvita, un esempio del secondo sottogruppo, invece, è Pastorale americana.
Lo scrittore fantasma è il primo romanzo in cui è presente la figura di Nathan Zuckerman, personaggio considerato l'alter ego letterario dell'autore, e appartiene alla categoria in cui questo personaggio parla anche della propria vita, oltre che di quella altrui. Di tutti i romanzi di Philip Roth che ho letto sinora, oltretutto, questo è decisamente quello più Zuckermancentrico. Grazie a questo romanzo, infatti, ho finalmente notato un percorso di crescita del personaggio che mi ha fatto capire che i libri che presentano al loro interno questo alter ego, sarebbero più apprezzabili se letti in ordine cronologico.
Il protagonista, infatti, non è il Nathan Zuckerman che conosceremo nelle altre storie, è ancora agli inizi della sua carriera e sta ancora decidendo la direzione da prendere. In tutti gli altri romanzi che ho letto, invece, questo personaggio era già completo; aveva preso una decisione ben precisa. Perdonatemi, come sempre, la genericità di quanto asserisco, ma per non anticiparvi niente sono costretta a non esprimermi troppo esplicitamente. Sono, però, disponibile a parlarvene in privato. Cosa si può dire su questo giovane Zuckerman? Sicuramente i suoi dubbi sono affascinanti, ma sapendo già dove lo porteranno, mi ha stupita più che altro scoprire questa iniziale incertezza.
È tutta gente che va in brodo di giuggiole per te. C'è qualcuno che oggi è venuto a casa nostra che non si sia illuminato in viso quando metteva gli occhi su di te? E tu non avresti potuto essere più gentile, non avresti potuto essere un ragazzo più carino. Ti guardavo con la tua famiglia e con tutti i nostri vecchi amici, e pensavo tra me: perché, allora, questo racconto? Perché rivangare questa vecchia storia?
Come ribadisco in ogni recensione su questo autore, ciò che amo di più di Roth è la sua capacità (che poi non è altro che quella di Zuckerman) di rendere l'introspezione e la storia dei personaggi. Infatti, in ogni romanzo, il ruolo delle vite degli altri personaggi è sempre fondamentale, persino in questo in cui il ruolo di Zuckerman è decisamente più rilevante rispetto al solito. Il romanzo è breve, ed essendo molto più focalizzato sulla figura dell'alter ego, sono meno le parti in cui vengono romanzate le storie altrui; però, quel poco che c'è è, senza dubbio, ciò che ho amato di più del libro e dove ho riconosciuto maggiormente il genio dello scrittore. Philip Roth introduce ogni personaggio come se fosse una persona che conosce da sempre e nel profondo. Mentre leggo un suo libro mi è impossibile ricordare che ciò vi che è scritto è inventato e che questi personaggi sono solamente frutto della sua immaginazione.
I dialoghi non sono numerosi ma sono davvero molto incisivi; dicono tutto ciò che serve e rimangono impressi nella memoria. Specialmente quelli che avvengono tra personaggi che non sono Zuckerman e che lo fanno volare con la fantasia a quello che potrebbe esserci dietro ogni singola parola espressa.
La trama vede un giovane Zuckerman alla ricerca di un mentore letterario; un padre putativo a cui rivolgersi, che possa apprezzare le sue opere e aiutarlo nella sua carriera nascente di scrittore. Come in tutti i romanzi di Roth lo svolgimento c'è ma non è prevalente rispetto al resto, non è importante l'intreccio della storia bensì come succede tutto. L'incipit, come sempre, mi ha coinvolta sin dalla prima parola; ero troppo curiosa di vedere che cosa sarebbe successo e, ho percepito sin da subito la personalità del protagonista. Il finale chiude in bellezza il libro, spiegando con la frase finale il titolo dell'ultima parte.
Philip Roth che parla a Philip Roth. L'autore viene spesso, probabilmente a ragione, affiancato alla figura di Nathan. In questo romanzo, però, è stato il personaggio di Lonoff, lo scrittore esperto a cui Zuckerman si rivolge, a farmi pensare maggiormente a Roth. Conosco poco o niente della vita dello scrittore e riguardo al suo carattere ancora meno, ma ciò che viene detto del marchio stilistico di Lonoff è assolutamente riconducibile a ciò che penso dell'autore. L'idea che mi sono fatta del romanzo è, infatti, quella di una sorta di dialogo che Roth intavola con sé stesso. Il Roth più esperto parla al giovane Philip e l'esperienza di uno, contrasta così, con le speranze dell'altro. Lonoff non fa altro che scrivere frasi e girare le parole, cosa che anche Roth dà mostra di fare in ogni suo scritto e che lo rende unico proprio per questo. In generale, non c'è frase di Roth che venga detta in maniera lineare, lui gioca con le parole, le ingarbuglia, le rigira e, dopo tutto questo, riesce ad ottenere il risultato di rendere esattamente l'idea di quello che voleva intendere, senza creare confusione nel lettore. Se ci provassimo noi, o anche autori affermati che non sono Roth, verrebbe fuori qualcosa di illeggibile, incomprensibile, bisognerebbe rileggere dieci volte lo stesso periodo per capire quale fosse il senso della frase. Con Roth, invece, veniamo a sapere tutto prima del nesso importante e non ci perdiamo mai nemmeno un concetto, non dimentichiamo nulla e, una volta giunti alla fine del periodo, se ci ributtiamo a rileggere la frase è semplicemente perché era troppo bella per non essere riletta e vogliamo scoprire quale segreto si nasconda nella sua penna. In quale modo quest'uomo riesce a rigirarci così, insieme alle sue parole, facendoci sentire come se stessimo leggendo qualcosa di semplice? È un mistero che non potremo mai svelare; qualcosa che solamente lui ha e che si può solo copiare, mai raggiungere. Lo stesso vale per altri grandissimi autori, ognuno di loro ha uno stile che, usato da qualcun'altro, potrebbe generare solamente testi mediocri, se non ridicoli. Come per tutti gli autori, lo stile di Roth si è perfezionato nel tempo. In questo romanzo si nota ciò che ho appena spiegato, ma non nella misura in cui, invece, potrete scoprirlo nelle opere successive. Proprio per questo motivo ho visto Zuckerman come il fantasma dei Natali passati dall'autore e Lonoff come il fantasma dei Natali futuri di Roth, anche se, essendo passati parecchi anni dalla pubblicazione di questo romanzo, ritengo che ormai Lonoff sia il suo presente.
- Potrei vivere sempre così, - annunciai.
- Non ci provi, - disse lui. - Se la sua vita è fatta di questo, leggere, scrivere e guardare la neve, lei finirà come me. Trent'anni di fantasia.
Banalmente, potrei asserire che l'ambientazione è: casa dello scrittore Lonoff in dicembre, nel periodo post Seconda Guerra Mondiale. La verità, però, è molto più complessa di così e, chi ha letto altro dello scrittore, saprà bene cosa intendo. Roth, infatti, divaga. Le storie che racconta sono eterogenee; possono includere tutta la vita di un personaggio, anche irrilevante, come degli spezzoni minuscoli di quelli principali. In questo caso, sono solo alcune le vite prese in causa, ma gli anni raccontati sono molto variegati. Prendere un libro di Roth e dire "lo compro perché c'è scritto che parla della Seconda Guerra Mondiale" è un sicuro motivo di insuccesso; la lettura non potrà mai piacervi avendo delle particolari aspettative temporali, perché con Roth non funziona così.
Nonostante l'autore vada avanti e indietro nel tempo e rigiri le parole senza un'organizzazione apparente, in realtà il romanzo è ben strutturato. Si divide in quattro parti e, in ognuna di esse, possiamo trovare qualcosa di concettualmente diverso. Non è, perciò, un libro confuso, e, anzi, è ben costruito e dà la possibilità agli adoratori di Roth, come me, di trovare facilmente i punti che si desidera rileggere, senza dover scorrere nuovamente l'intero romanzo.
Ho poi scoperto, in realtà anche con sgomento, che c'è chi si è fatto fuorviare dal titolo del romanzo. Ovviamente è assurdo pensare che qualunque lettore debba conoscere Philip Roth e sapere, dunque, che sarebbe davvero improbabile imbattersi in un suo thriller. Da persona, però, che pianifica gli acquisti ossessivamente e oculatamente, sapere che c'è chi l'ha comprato solo per il titolo e che poi lo valuta con una stella perché "il titolo fa pensare a tutt'altra cosa" è proprio un colpo al cuore. Quindi, ci tengo a precisare, che questo titolo non corrisponderà minimamente all'idea che potrete farvi del romanzo prima di leggerlo. Effettivamente, non penso nemmeno che chi leggerà esclusivamente questo libro senza aver letto anche gli altri, potrà comprendere davvero perché è stato scelto questo titolo piuttosto che un altro. Forse io stessa, ho capito male, ma visto che sono qui a parlarvene vi dico come l'ho interpretato io.
L'idea che mi sono fatta è che si chiami così perché Zuckerman scrive le vite degli altri, anche se solo in senso figurato. Lui conosce un personaggio e poi s'inventa tutta la sua storia ex novo, partendo dai pochi elementi reali o ipotetici che conosce. Perché dunque Ghost Writer? Perché, per quanto sia lui lo scrittore, non fa altro che nascondersi dietro ciò che scrive.
Inoltre, un ulteriore motivo è, sempre secondo me, il riferimento a Roth. Se davvero Zuckerman è l'alter ego letterario dell'autore, allora è inevitabile che nel presentarlo al mondo, con questo romanzo, lui lo definisca il suo scrittore fantasma.
L'atmosfera è ben percepita dal lettore. Non si tratta di un romanzo che intende farvi emozionare ma, più che altro, mira a far capire i personaggi e a descriverli come se fossero la realtà. Sia nei momenti negativi che in quelli positivi, non sono le risate sguaiate o i pianti a dirotto a farci sentire il romanzo, bensì quella consapevolezza che ci fa dire "quanto è vero".
Oh, se avessi potuto immaginare la scena che avevo sentito! Se fossi stato capace d'inventare con la stessa presunzione della vita reale! Se un giorno avessi potuto anche solo avvicinarmi all'originalità e alla concitazione delle cose che accadono veramente!
In conclusione, Lo scrittore fantasma mi ha fatto conoscere un lato di Roth e, di conseguenza, di Zuckerman, che ancora non conoscevo. Per ora, ogni suo romanzo, pur mostrando le stesse caratteristiche principali dell'autore, mi ha dato qualcosa di diverso. In questo caso è l'introspezione di Zuckerman a colpire particolarmente, diventando fondamentale per comprendere il percorso del protagonista. Se non avete letto altro di Roth, questo è il romanzo giusto con cui iniziare. Consigliatissimo.
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Se, invece, preferite acquistare la prima tetralogia su Zuckerman, cioè i primi quattro libri che lo vedono come protagonista, il link di Amazon è Questo QUI. (Io ho questa versione e la trovo economicamente più interessante e la consiglio).
Infine una piccola lista delle recensioni degli altri libri di Roth che potete trovare qui sul blog:
Con Zuckerman protagonista:
Lo scrittore fantasma
La controvita
Con Zuckerman narratore:
Pastorale americana
La macchia umana
Senza Zuckerman:
Indignazione