Paul Auster non è Philip Roth
Perdonatemi il titolo ovvio, ma l'ho considerato il modo migliore per iniziare il mea culpa nei confronti di Paul Auster.
Come sapranno coloro che seguono il blog, io sto vivendo una fase fortemente Rothiana, da quando l'ho scoperto all'inizio del mio cammino come blogger, Philip Roth mi ha accompagnato con sé in questo percorso e, passo dopo passo, io mi sono sempre più innamorata di questo autore arrivando a considerarlo il mio scrittore vivente preferito in assoluto, sebbene io non abbia letto, ad oggi, che una piccola parte delle sue opere.
Il problema è che questa smania da Philip Roth ha fatto sì che, una volta scoperta l'esistenza di Paul Auster (e qui inizia già il mea culpa perché ogni volta che scopro un autore valido, tra l'altro famosissimo, mi chiedo come abbia fatto a rimanere nell'ignoranza fino a quel momento), mi è venuto naturale collegare la sua esistenza a quella di Roth e, così, il danno è stato fatto: avevo delle aspettative libresche su 4321 che non centravano con il romanzo in sé bensì da un preconcetto mio.
Entrambi gli autori provengono da famiglie ebree e scrivono, dunque, della vita di un ebreo statunitense in una realtà diversa da quella vissuta dalle altre famiglie di origini più tradizionali e, ambedue, vengono da Newark, nel New Jersey. Biograficamente le somiglianze terminano qui e, mi rendo conto che siano ben poche per poter asserire che si tratti di due autori uguali ma, come saprete anche voi, la lettura è fatta anche di richiami e di prime impressioni e, quella che mi sono fatta io inizialmente, era quella di aver trovato un nuovo Philip Roth.
A mia discolpa aggiungo che, oltre a questi dati anagrafici, durante la lettura ho riscontrato che le tematiche trattate dai due autori sono molto simili, se non addirittura le stesse e questo non include solamente le ovvietà quali potrebbero essere l'ebraismo, la scrittura, la lettura e simili ma anche altri concetti che non necessariamente devono essere inclusi in un romanzo o che, comunque, possono prendere strade totalmente differenti e che, invece, vengono affrontati nel medesimo modo dai due autori che, su la gran parte di ciò che viene dichiarato nei loro romanzi, sembrano pensarla esattamente allo stesso modo.
In cosa, in definitiva, Paul Auster e Philip Roth si assomigliano e in cosa divergono?
Leggendo 4321ci si accorge facilmente che i concetti basilari e fondamentali del romanzo sono i medesimi che possiamo trovare in moltissimi libri di Roth: partendo da aspetti più importanti come il rapporto conflittuale con il padre arrivando a quelli più banali come l'appendicite. Leggendo questo romanzo ho trovato personaggi davvero molto simili a quelli già letti in Roth, come ad esempio il personaggio femminile di Indignazione, gli stessi identici avvenimenti che ho letto in Pastorale americana come se fossero esattamente le stesse cose ad aver cambiato la vita ai due autori, le vite intrecciate e cambiate della Controvita, lo scrittore esordiente che fa l'occhiolino allo Zuckerman Rothiano e molto di più. Questa vicinanza di intenti e di concetti è, senza dubbio, imputabile all'origine simile dei due scrittori e, mi spingo a dire che, forse, anche la loro vita non sarà stata poi così differente per quanto riguarda gli aspetti fondamentali.
Tutto ciò ha portato a confondermi ulteriormente, facendomi dimenticare a tratti di non stare leggendo Roth, nonostante vi siano in realtà elementi che divergono di molto nei due autori e che, in definitiva, fanno ben capire che Paul Auster è unico e che non ha niente da invidiare al collega.
Mi scuso, perciò, se il taglio della recensione verterà non solamente sul libro ma anche, in piccola parte, sulle differenze sostanziali che ho avvertito tra i due autori ma, avendo letto il libro sotto quest'ottica, mi è impossibile recensirlo fedelmente senza mostrarvelo per come l'ho vissuto io.
L'elemento cruciale e, anche quello più delicato, è lo stile. Quando ho iniziato 4321, ammaliata dall'incantesimo che io stessa mi ero fatta, ho addirittura esclamato "giuro che se me lo avessero dato dicendomi che era un libro di Roth ci avrei creduto ciecamente!", perché tutto il contorno era talmente perfetto da non farmi rendere conto immediatamente della castroneria da me pensata. Alla fine, però, sono riuscita ad andare oltre all'idea pregressa (nonché totalmente fallace) e ho notato la realtà: ciò che distingue maggiormente Paul Auster da Philip Roth è lo stile.
Paul Auster, infatti, ha scrive in modo totalmente diverso: le sue frasi sono lunghissime, ancora più di quelle di Roth, ma non danno la sensazione di essere state rigirate, dà forza ai suoi concetti tramite le ripetizioni e, ogni singola frase, è piena, ad ogni parola nuova corrisponde un'informazione nuova. Mentre Roth mi incanta per come riesce a dire niente dicendo tutto, Auster mi stupisce dicendo così tanto senza che tu te ne accorga.
Inizialmente, notando questa grande differenza, non ho potuto fare a meno di pensare che, non scrivendo come Roth, Paul Auster scrivesse peggio ma, quest'idea, mi è stata creata dalla delusione di riconoscere una personalità diversa in colui che la mia mente aveva già decretato essere Philip Roth 2; il ritorno. In realtà lo stile di Auster è altrettanto valido, sebbene le diversità insite tra di loro possano tranquillamente portare la preferenza del lettore da una parte o dall'altra ma, oggettivamente, con 4321 mi sono trovata davanti ad un nuovo autore con uno stile unico e ben riuscito. Apprezzo, in particolar modo, le ripetizioni, aspetto che, se ben utilizzato, dona un'enfasi incredibile a ciò che accade e che, su di me, ha sempre un ottimo effetto. Entrambi hanno, insomma, un'ottima forma e una grande sostanza ma mentre in Roth la prima sembra prevalere sulla seconda è, indubbio che in Auster succede il contrario.
Questo aspetto dello stile si ripercuote fortemente nella storia in 4321 Paul Auster mostra la sua forza narrativa sin dall'incipit, in cui il nonno del protagonista del romanzo, giunge, finalmente, in America. In uno spazio così breve, l'autore riesce ad inserire tutto, è un amo acchiappa lettore che ci cattura immediatamente.
L'idea iniziale del libro probabilmente la conoscete già perché è ciò che, inizialmente, intriga di questo romanzo: la storia della stessa persona, Archie Ferguson, raccontata in quattro modi differenti. Il romanzo inizia con la nascita del protagonista per poi dividersi subito dopo, mostrandoci i diversi risvolti che prenderanno le quattro vite diverse a seconda di ciò che verrà deciso dai genitori e da Archie. Una trama, dunque, che dà una forte rilevanza all'effetto farfalla e che, da sempre, attira la curiosità del genere umano sin dal famosissimo film Sliding Doors.
Lo svolgimento del romanzo mi è piaciuto enormemente. Dapprima ho faticato a ricordare a quale Ferguson fosse accaduto cosa perché, come è ovvio, si parte da una base comune e, le differenze inizialmente, sono poche. Ho apprezzato molto come la personalità di base del protagonista sia stata oggettivamente plasmata da ciò che ha deciso e da ciò che gli è accaduto. Leggendo questo romanzo di 939 pagine che, in alcuni momenti, rischia di ripetersi in alcuni concetti, non ci si annoia mai perché Paul Auster riesce a raccontarci tutto come se fosse la prima volta e a darci l'impressione che ogni storia sia quella vera. Inoltre, dato che il paragone con Roth è perdurato fino alla fine della lettura, mi sono stupita da quanta storia ci sia all'interno di questo libro; mentre con Philip Roth possiamo rimanere fermi a guardare un dialogo infinito per pagine, fregandocene altamente del fatto che, in effetti, non stia succedendo nulla di nuovo, con Auster le informazioni accumulate sono talmente tante da chiederci come faccia ad essere così spedito e, al contempo, profondo.
Durante le lettura già pensavo di stare leggendo un ottimo romanzo ma, come si suol dire, il meglio arriva sempre alla fine e, se prima pensavo di essere davanti ad un grande romanzo, al termine della lettura ne ho avuta l'assoluta certezza. Sul finale, infatti,il cerchio si chiude, tutto è spiegato e ben comprensibile. La coerenza, che non era nemmeno più di tanto richiesta in un romanzo del genere, a causa della sua divisione in quattro, è perfetta, totalmente centrata. Non posso dirvi di più perché altrimenti anticiperei troppo ma, credetemi, quando lo terminerete capirete di cosa sto parlando.
Il romanzo mantiene un'ottima credibilità in ogni sua sfaccettatura; tutto è ben spiegato e comprensibile, non ci capita mai di leggere una parte del libro e considerarlo strano o di difficile lettura: è piuttosto evidente come ogni elemento sia perfettamente al suo posto e sia collegato a ciò che è stato affrontato precedentemente.
Sebbene il libro spazi per tutti gli Stati Uniti e, anche qualche Stato europeo, specialmente la Francia, possiamo dire che l'epicentro di tutto siano il New Jersey e New York. Ovviamente Newark, cittadina di nascita dell'autore e del protagonista, viene spesso citata ed ha un ruolo fondamentale nel romanzo.
Dal punto di vista temporale 4321 ricopre gran parte del ventesimo secolo ma, la storia vera e propria inizia dal 2 Marzo 1947, cioè, dalla data di nascita di Archie Ferguson, il protagonista.
L'ambientazione è ben chiara in ogni momento, aspetto fondamentale per non perdersi nei meandri delle diverse storie: vengono ribaditi più volte gli anni del protagonista e/o eventi storici e politici di quei tempi che ci permettono chiaramente di comprendere di quale momento storico si tratti.
I personaggi sono tantissimi; alcuni sono presenti in tutte le versioni della storia, altri solamente in una, altri ancora in più trame ma non in tutte. Banalmente, potrei dire che mi sono piaciuti tutti ma, in realtà, ciò che ho provato nei loro confronti va ben oltre questo. Quelli che sono presenti in più storie ho potuto amarli ed odiarli allo stesso tempo, li ho rimpianti da una parte e gli ho augurato la morte dall'altra, li ho considerati inutili in una storia e fondamentali in quella dopo, insomma, per ogni trama c'era bisogno di trovare i buoni e i cattivi, ma quando un libro contemporaneo è fatto bene non è così semplice distinguere gli uni dagli altri, perché ognuno di noi, se conosciuto a fondo, ha i suoi pro e i suoi contro e, di conseguenza, ciò è vero anche per i personaggi realistici che troviamo all'interno di questo libro.
4321 è un libro piuttosto lungo, 939 pagine non sono poche e potrebbero appagare chiunque, eppure io l'ho terminato con la consapevolezza che il mondo di personaggi creato da Paul Auster avrebbe meritato di più: sognavo che magicamente il romanzo diventasse una saga familiare e che si scoprisse tutto di tutti, anche dei personaggi più marginali. Se uscisse un romanzo in cui l'autore riprende nuovamente queste storie lo comprerei immediatamente: mi sembra che, nonostante tutto, da dire ci fosse ancora di più.
È impossibile non affezionarsi al protagonista, Archie Ferguson. Se anche riuscissimo a rimanere freddi davanti ad una delle trame, capitoleremmo prima o poi in quelle successive; la sua vita è davanti ai nostri occhi, ancora e poi ancora e, sebbene cambi sempre ciò che succede, ci è chiaro sin da subito che lui è come noi e, quindi, la sua vita non sarà sempre facile e che il nostro amico dovrà affrontare situazioni che non avrebbe mai potuto immaginare, nel bene e nel male. Noi siamo con lui, ma siamo impotenti, lo vediamo sperare sia quando sappiamo che in agguato ci sarà un fallimento, sia quando speriamo insieme a lui perché ci pare possibile che, questa volta, tutto si risolverà per il meglio. Lo vediamo sbagliare, più e più volte, ci sentiamo anche traditi: ma come può il nostro ragazzo essere diventato così? Eppure lo amiamo, perché lo abbiamo visto nascere e sappiamo di lui più di quello che lui stesso sa, perché oltre ad esserne informati abbiamo anche il nostro punto di vista esterno che ci aiuta a comprendere meglio le situazioni. Siamo un po' come dei genitori, siamo più saggi di lui e vorremmo soltanto aiutarlo ma il nostro destino è quello di rimanere inascoltati: sarà Ferguson a decidere il suo destino e noi, potremo solo vedere cosa gli riserverà il futuro.
Riguardo a personaggi e protagonista voglio dirvi qualcosa di più perché, come sapete, è normale che ognuno si faccia un'idea diversa del libro che legge e mi sembra giusto farvi sapere in quali aspetti il mio parere diverge con le opinioni più gettonate.
Ho letto svariate recensioni di questo romanzo, redatte sia da giornalisti rinomati che da miei colleghi blogger e, molte delle informazioni che vengono date, non trovano il mio accordo. Ho letto moltissime volte che l'unico aspetto ricorrente è il personaggio di Amy, quasi come se volessero sottintendere che in tutte e quattro le storie ci fosse una storia d'amore con lei, dimostrando che, nonostante tutte le scelte, il destino in questo campo (quello amoroso) è imbattibile. Beh, non è così. Non è assolutamente vero che l'unico punto ricorrente sia il personaggio succitato, anzi, sono moltissimi i personaggi, i luoghi e i fatti di cronaca che vengono riportati in tutte le storie e, l'amore, qui, c'entra ben poco. Il personaggio di Amy, come tutti gli altri, ha più o meno valore a seconda della trama narrata e, inoltre, trovo che dichiararlo l'unico punto fermo della narrazione sia non solo sbagliato (perché oggettivamente non è così) ma anche un modo per far orientare il lettore verso un particolare orientamento di lettura che, invece, non corrisponde a quello che io penso sia stato quello dettato dallo scrittore.
Secondariamente, ho anche letto che Ferguson è uguale in tutti le storie, ma che agisce a seconda di ciò che gli accade. Assolutamente falso, ciò che più mi piace del romanzo è proprio il fatto che dimostri che noi esseri umani, oltre che il frutto della nostra natura e della, inevitabile, biologia, siamo fortemente legati a ciò che ci capita, specialmente nella gioventù e che ciò che diventiamo dipende in gran modo da questo. Non è un modo di agire diverso ma un differente modo di affrontare la vita, dovuto a ciò che ha dovuto o non ha dovuto affrontare il nostro giovane protagonista.
Come ben sapete, nonostante io vi indichi tutti gli elementi uno ad uno, so con certezza che ogni singolo aspetto di un romanzo è legato ad un altro e che, inevitabilmente, ogni impressione su un dettaglio sarà collegata sempre ad un altro. L'atmosfera in particolare è per me un aspetto difficile, che per entrarmi dentro ha bisogno della coesistenza di numerosi altri fattori quali, ad esempio, una buona introspezione dei personaggi e uno stile che mi si confaccia e mi faccia entrare dentro la storia. Nel caso di 4321 la mia è stata una vera e propria full immersion nel mondo del libro, in ogni momento libero io continuavo la lettura e ne ero totalmente sopraffatta; niente poteva deconcentrarmi. Questo deriva da tutti gli aspetti positivi del libro riuniti, e ha fatto sì che per me l'atmosfera del romanzo fosse non solo palpabile ma, persino, reale.
Mi è sembrato di conoscere veramente Ferguson, in tutte le storie, e nonostante ne leggessi prima uno e poi un'altra e tutto fosse diverso da prima, lette le prime due righe del capitolo ero già lì, piombata all'interno della vita di quell'Archie in particolare, interessandomi solo a lui, dimenticandomi degli altri tre che mi aspettavano qualche pagina dopo.
La struttura del romanzo probabilmente vi è già nota ma è fondamentale spiegarla a chi non la conosce ancora.
Il libro comincia con una storia unica in cui si racconta tutta la storia antecedente alla nascita del protagonista; si presenta tutta la famiglia e si introduce, finalmente, la nascita di Archie Ferguson. Successivamente il libro si divide in quattro: ogni capitolo diventerà un .1, .2, .3 e .4 e, da lì, si susseguiranno capitoli lunghissimi in cui vedremo il piccolo Archie crescere in luoghi e modi totalmente diversi, dapprima condizionato dalle scelte dei familiari e, quando sarà abbastanza grande, dalle sue. Non vi consiglio, inoltre, di fare un avanti veloce sbirciando le pagine dei capitoli successivi: rischiate di incorrere in anticipazioni a voi sgradite.
Questa struttura inizialmente crea delle difficoltà: non sarà strano se, giunti al capitolo 2 o 3, vi venga da pensare che, forse, avreste dovuto leggere tutte le storie in maniera lineare invece di saltellare di qua e di là nelle vite alternative. La verità è che, inizialmente, vi riuscirà difficile ricordarvi a quale Archie corrisponde quale passato e, forse, se vorrete apprezzarlo al meglio vi ritroverete a rileggere alcuni pezzi dei capitoli precedenti; onde evitare confusione. Più avanti le vite di Archie divergeranno molto di più e sarà decisamente più semplice seguire ogni filo narrativo senza dover ricorrere alla rilettura.
Come valutare questo elemento? Si tratta sicuramente di uno dei punti forti del romanzo, non è forse per questo che ha attirato la maggior parte dei lettori? D'altro canto può essere d'impedimento, specialmente per chi non avrà l'opportunità di leggere il libro tutto d'un fiato come, invece, ho potuto fare io. Dunque, lo considero una via di mezzo e vi esorto, in caso vi creasse dei veri e propri problemi, a "fregare" e a leggere una trama per volta; se questo vi aiuterà a ricordare meglio ciò che succede ben venga, l'importante è rendersi conto delle differenze che intercorrono tra le storie e, soprattutto, accorgersi di cosa comportano nella vita del protagonista.
Se letto in maniera lineare, con le quattro storie che si ripetono una dietro l'altra, il ritmo di lettura può essere lento. Come vi ho già detto, io l'ho divorato ma, le difficoltà oggettive iniziali nel ricordare cosa succede a chi, potrebbero non rendere altrettanto semplice ad un altro lettore l'affrontare velocemente i capitoli iniziali. L'unico consiglio che vi posso dare è di non farvi spaventare e condizionare da questa prima impressione perché, più avanti, tutto diventerà naturale e non vi ricorderete nemmeno più della fatica fatta inizialmente per riuscire a seguire tutte le strade alternative.
Un altro aspetto che potrebbe affascinarvi o annoiarvi, a seconda dei vostri gusti personali, è l'utilità del romanzo. Al di là di tutti gli aspetti fortemente positivi, all'interno di 4321 troviamo tantissimi interessanti spunti di lettura. Inizialmente avevo cominciato ad appuntarmi tutti i libri citati ma, ad un certo punto, sono diventati così numerosi da renderlo un compito piuttosto complicato: non solo la lettura è un elemento fondamentale nella vita del protagonista, la plasma anche, lo aiuta ad arrivare alle scelte che, poi, determineranno ciò che gli succederà. Personalmente non posso che amare un romanzo che, al suo interno, ne contiene tantissimi altri (sia fittizi che reali) e che fa capire ciò che noi lettori già, dentro di noi, sappiamo: la lettura significa tutto, ci cambia per sempre la vita. 4321 è, perciò, utile dal punto di vista letterario: all'interno troviamo consigli di lettura che possono bastarci per un anno o due, a seconda della nostra velocità nel macinare pagine su pagine.
Pur non essendo un romanzo storico 4321 è utile anche sotto questo punto di vista: ci aiuta a capire come eventi storici (omicidio di Kennedy, Martin Luther King, la Guerra nel Vietnam e molto altro) abbiano influito sulla popolazione americana.
Ultimo aspetto ma, in definitiva, uno dei più importanti, è il messaggio. Infatti questo libro non è diviso in quattro parti per caso; al suo interno è lo stesso protagonista a ragionare sul concetto di strade alternative e di come ci cambi la vita a seconda delle scelte che vengono prese. Il concetto fondamentale che voglio riportarvi è: noi ci lamentiamo di quello che ci succede, pensiamo di essere magari sfortunati perché prendendo una determinata strada siamo stati costretti a fronteggiare qualcosa che riteniamo orribile, ma come sappiamo che, invece, se avessimo agito diversamente, le cose non sarebbero state peggiori? E che pensando ad una vita come la nostra, non saremmo invece delusi dal non averla potuta raggiungere? Il fulcro è questo: noi conosciamo solo ciò che ci succede imboccando una determinata strada; non possiamo vedere le altre e, dunque, non possiamo sapere dove ci avrebbero portato.
Oltre alla profonda riflessione che può susseguire da questa consapevolezza (che tutti noi possiamo avere ma che, in questo caso, ci troviamo a fronteggiare) ho apprezzato il discostarsi dell'autore dalla teoria fatalistica relativa al destino di ognuno di noi che è già scritto indipendente da ciò che facciamo che, personalmente, detesto e mi fa sentire più una cavia da laboratorio che un essere umano.
In conclusione: ho iniziato questo romanzo con delle aspettative sbagliate (trovare un nuovo Philip Roth) che sono state immediatamente deluse per riuscire, alla fine, a farmi capire che, in realtà, ciò che ho trovato in 4321 è molto meglio delle mie più rosee aspettative.
Ho trovato un nuovo autore che ha tanto da dire come Roth ma che lo racconta a modo suo, rendendo possibile così, una nuova magia, qualcosa che avverrà per sempre solamente con lui.
Lo consiglio a tutti voi perché si tratta di un ottimo romanzo; non tutti potrete considerare positivi alcuni suoi aspetti, quali ad esempio la prolissità che io, invece, amo tanto, ma è assolutamente impossibile terminarlo senza che vi abbia dato niente e questo conta più di ogni altra cosa. Leggetelo quando avete più tempo a disposizione o, almeno, la concentrazione adatta, è un libro che si merita molto: ve ne accorgerete anche voi.
Se siete arrivati alla fine di questa lunghissima recensione senza saltare niente non posso che ringraziarvi: ci ho messo del tempo a farla ma spero di essere riuscita, con l'impegno, a trasmettervi tutto ciò che il libro ha dato a me.