Non devi far altro che aspettare, e la vita t'insegna tutto ciò che bisogna sapere sull'arte dell'irrisione.
Roth, Zuckerman e Io
Che Nathan Zuckerman, personaggio protagonista di moltissimi libri di Roth, non sia altro che l'alter ego letterario dell'autore, non è ormai un mistero per i lettori del narratore statunitense e per coloro che seguono da tempo le mie recensioni. Questa volta, però, l'analogia tra i due è talmente evidente da rendere ancora più interessante il libro dal punto di vista biografico. Sicuramente la finzione letteraria gioca un ruolo fondamentale anche in questo libro ma, ritengo che gran parte dei pensieri e dei dubbi di Nathan, riguardo alla sua situazione, possano essere imputati anche a Philip Roth e corrispondano, quindi, alla realtà.
Zuckerman scatenato, infatti, parla dell'alter ego dell'autore alle prese con la fama: dopo la pubblicazione del suo ultimo romanzo Nathan è diventato un personaggio celebre; viene riconosciuto ovunque e paga lo scotto di aver creato un protagonista troppo credibile; tutti coloro che hanno letto il libro, e persino coloro in realtà non l'hanno mai letto, tendono a pensare che lo scrittore e il suo protagonista siano la stessa persona. Nathan, perciò, è destinato ad essere scambiato per il suo personaggio; Carnovsky e, sia chi l'ha amato, sia chi l'ha odiato, non riesce a evitare di farglielo sapere nei modi più incredibili. La trama, per quanto vi siano numerose scene che vanno al di là di quanto appena raccontato, si racchiude principalmente qui: il concetto fondamentale è il momento di transizione che sta vivendo lo scrittore e che, probabilmente, anche Philip Roth ha vissuto. Una grande qualità che basta ed avanza a chi, come me, non si interessa particolarmente alle azioni in sé, ma poca quantità per chi non è abituato a leggere romanzi più statici.
Il protagonista, infatti, è nuovamente diverso dal solito. Nella recensione di Lo scrittore fantasma vi ho raccontato quanto fosse stato strano per me, trovare un Nathan Zuckerman diverso da quello che conoscevo. Avendo iniziato a leggere i romanzi di Roth in ordine sparso ero abituata alla personalità già completa dello scrittore e davanti al primo libro in cui compariva il personaggio mi sono meravigliata (a torto, perché era piuttosto evidente che ci dovesse essere un percorso per renderlo poi, quello che è negli ultimi romanzi) di averlo trovato diverso. In Zuckerman scatenato, questo è successo di nuovo. Infatti, in questo romanzo non troviamo né il Nathan del primo libro né quello che poi ci accompagnerà in tutte le altre storie (perlomeno in quelle che ho letto sino ad ora). Possiamo, anzi, dire che questa opera sia proprio il momento di svolta, quello che sancisce la formazione ufficiale del carattere e delle convinzioni del protagonista.
L'enorme transizione vissuta da Nathan all'interno di Zuckerma scatenato fa riflettere sull'insicurezza che Roth stesso avrà avvertito; i due si sono trovati davanti ad una scelta: chi sono io? E hanno dovuto rispondere. Tutti noi viviamo, chi più e chi meno, assoggettati dall'idea che ci insegnano di avere di noi. Il messaggio mandato da Roth in questo romanzo è chiaro: fare di tutto per corrispondere ad un'idea che gli altri ci hanno cucito addosso è come il suo contrario: un'eterna lotta in cui il reale obiettivo si perde e ci dimentichiamo persino che un io vero e proprio esista. Nel romanzo, Nathan cerca le risposte alla domanda "Chi sono io?", quesito che può sembrare semplice a coloro che non hanno vissuto un momento di profondo cambiamento, positivo o negativo che fosse, ma che, in realtà, nasconde una stato di insicurezza piuttosto rilevante per chi una risposta a questa domanda non riesce a trovarla, come capita a Zuckerman per tutta la durata della storia.
Come ormai saprete, ritengo che nei libri di Philip Roth ci sia tutto e che la rilevanza di un aspetto rispetto ad un altro sia dovuta semplicemente alla volontà dell'autore. Nel caso di Zuckerman scatenato l'elemento che spicca rispetto agli altri è l'ironia. Roth è sempre ironico, ma in questo romanzo sembra voler impostare maggiormente l'interpretazione della storia su questo aspetto. Ovviamente io mi sono fatta una teoria al riguardo e, altrettanto ovviamente, non ve la tacerò: Roth e Zuckerman sono imbarazzati e si nascondono dietro quella che, da sempre, è un'arma efficace contro la timidezza.
L'insicurezza, il momento di smarrimento, le affermazioni del protagonista, tutto concorre a farci capire l'enorme disagio vissuto da Nathan in questo momento, però, come tutte le persone che rischiano di mettersi a nudo e svelare ciò che, forse, nemmeno vogliono ammettere con se stesse, l'uomo trova il modo di minimizzare ciò che leggiamo: ironizza.
Inutile dire che ho apprezzato enormemente questo elemento, non solo amo l'ironia in generale ma ho trovato che fosse particolarmente significativa, per quanto appena detto, all'interno di questo libro.
Generalmente, quando in un romanzo è presente una forte ironia, io fatico a percepire un'atmosfera diversa da quella indicata da questo elemento. In Zuckerman scatenato ciò non è capitato. In parte sarà perché ho letto l'ironia come uno scudo e perché, pur non avendo gli stessi grattacapi del protagonista (con cui farei volentieri a cambio) mi sono molto immedesimata in questa sua fase di smarrimento e, quindi, sono riuscita ad entrare di più nelle sensazioni diverse da lui provate nelle differenti scene.
Sullo stile di Roth ormai, vi ho parlato anche troppo esaurientemente: cercherò dunque di sintetizzare. Philip Roth è uno degli scrittori che apprezzo di più in generale ma, particolarmente, nello stile. Che scriva oggettivamente bene, credo che sia riconosciuto da tutti, che piaccia a chiunque invece non è affermabile. Qual è il motivo? Roth non è sintetico, a volte si sofferma su aspetti del tutto inutili al fine della storia, e te ne parla anche per trenta pagine, è contorto - non ti dice mai le cose nel modo più diretto possibile. È anche un po' autocompiaciuto; lui sa come fare a rigirare le parole per farti meravigliare e se ne bea, com'è giusto che sia. All'interno di questo libro cita Henry James (nella sezione curiosità potrete leggere la frase citata) e, oggi, mi viene in mente che, in effetti, qualcosa alla Henry James ce l'ha: girano entrambi attorno al discorso arrivando al dunque quando lo preferiscono. Queste particolarità per me sono tutte segnale di genialità; certamente possono essere anche possedute da chi non sa scrivere, ma se esistenti in chi ha lo stile di Roth, su di me hanno più effetto di qualunque cliffhanger, o colpo di scena; la mia adorazione imperitura è assicurata. Se, perciò, voi amate la sintesi (ma forse non è così, se avete scelto un blog dove chi scrive ama la prolissità) Philip Roth potrebbe non piacervi. Trovo che, comunque, Zuckerman scatenato sia un ottimo primo tentativo per chi desidera testare lo stile narrativo di Roth; se lo troverete verboso, abbandonatelo senza remore, se, invece, vi piacerà, allora date la possibilità anche ai suoi romanzi che possono essere considerati più pesanti sotto questo aspetto (per dirne due La controvita e Pastorale americana).
Per quanto un libro di Philip Roth non sarà mai leggero come un thriller, trovo che il ritmo di lettura di questo romanzo sia piuttosto veloce. La struttura divisa in quattro parti permette di far distinguere al lettore i diversi momenti della storia e, lo stile ironico e la brevità del romanzo danno la possibilità anche a coloro che non possono investire troppo tempo nella lettura quotidiana di terminare il romanzo in tempistiche molto brevi.
L'ambientazione di Zuckerman scatenato non è la stessa che troviamo solitamente in Roth; non siamo infatti a Newark e dintorni ma direttamente nella grande città: New York. Nonostante la Grande Mela venga nominata spesso e volentieri in ogni opera di Roth, in questo romanzo diventa la vera e propria ambientazione dove la vita che vi si svolge diventa la regola e non una meta ambita da parte del protagonista. Questo fa sì che vi sia un piccolo cambio di prospettiva (nonostante Zuckerman, come tutti sappiamo, abbia comunque origini Newarkiane) e ci introduce qualcosa di nuovo. Il protagonista, infatti, subisce la città come se, in realtà, desiderasse essere altrove. Ho rilevato un senso di estraneità nei confronti di questa ambientazione; Roth rimane sempre bravissimo nelle descrizioni e nella capacità di farci comprendere la dislocazione dei luoghi, la gente che li frequenta e ciò che rappresentano, però, la mancanza di "casa" si sente.
Temporalmente l'ambientazione è altrettanto chiara perché viene indicato l'anno 1969 in più punti all'interno del romanzo.
L'incipit del libro introduce immediatamente l'argomento della storia: Zuckerman è ormai ricco ma conserva le sue abitudini, cosa ci fa su un autobus un uomo che si può permettere una limousine? Questo attacco ci fa entrare immediatamente nella trama e comprendere quanto verrà raccontata nel proseguo.
Il finale mi è piaciuto particolarmente perché, finalmente, viene data una risposta alla domanda che permeava su tutto il romanzo e, anch'essa non è banale e, senza ombra di dubbio, profonda e giusta. Lascia, oltretutto, la voglia di vedere come nel romanzo successivo, La lezione di anatomia, la nuova consapevolezza del protagonista influirà sul suo modo di agire.
I personaggi sono, come sempre, ben descritti e talmente realistici da sembrare veri. Alvin Pepler in particolare colpisce nel segno e, difficilmente, si potrà dimenticare.
I dialoghi sono imperdibili, se avessi potuto ve li avrei riportati anche tutti, e sono uno dei punti forti di Roth perché sono realistici ma non trasmettono freddezza o inutilità di contenuto. Anzi, in alcuni di essi, io ho trovato la mia chiave di lettura personale per comprendere il romanzo.
In conclusione, Zuckerman scatenato è un ottimo romanzo. Mi è piaciuto più del suo predecessore, e mi ha colpito particolarmente per la sua ironia abbinata alla profondità di ciò che viene narrato. Lo consiglio a tutti, sia letto singolarmente che leggendo l'intera serie di Zuckerman in ordine cronologico.
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