L'importante non è ciò che succede, ma il fatto che venga raccontato; e soprattutto il modo in cui viene raccontato
Di ferro e d'acciaio è, ad oggi, l'ultimo romanzo edito da NN Editore. Casa Editrice che, con questo libro, inaugura una nuova collana: CroceVia.
A questo proposito vi lascio le parole dell'editore al riguardo di questa collana e del suo significato, perché ritengo che sia fondamentale per comprendere al meglio il romanzo.
CroceVia è una serie di libri attorno al senso e al significato di alcune parole fondamentali nella nostra cultura e nella nostra storia. Sono parole antiche, che usiamo tutti i giorni, e che cerchiamo di addomesticare disabitandole di una parte del loro significato, che continua a riverberare come un’eco sommessa. A Laura Pariani abbiamo affidato la parola Passione.
La parola Passione è un esempio emblematico, perfetta per lo scopo prefissatosi dall'Editore con questa collana: un concetto comune, semplice da associare a qualcosa di positivo, dinamico e felice ma che nasconde al suo interno anche il significato che noi tutti associamo alla Passione di Cristo, cioè un'insieme di sofferenze sopportate allo scopo di redimere l'umanità.
È proprio quest'ultimo concetto ad essere stato ripresentato dall'autrice in Di ferro e d'acciaio che, seppur distopico e fantascientifico, si discosta grandemente nel contenuto da molti dei romanzi che solitamente associamo a questi filoni, seppure alcuni dei suoi elementi siano molto simili e possano ricordare grandi opere della Letteratura distopica.
Non ho letto altre opere dell'autrice in precedenza e, ad oggi, me ne pento molto, perché non mi è possibile così paragonare lo stile particolare di questo libro a quello che potrebbe aver utilizzato in altre opere diverse per le quali, sicuramente, una scrittura di questo tipo non sarebbe stata adatta. Mi potrò, perciò, limitare solamente a quanto ho esperito nella lettura di questo romanzo.
Lo stile utilizzato mi ha riportata immediatamente alla mente il libro Arancia Meccanica, non perché sia simile (anzi il lessico è ben lontano da quello di questo romanzo) ma perché entrambi presentano un linguaggio particolare ed unico, corrispondente solamente a quella determinata lettura. L'autrice racconta di un mondo diverso dal nostro, che ha lasciato indietro molte delle parole da noi utilizzate per inventarne di nuove o utilizzarne altre decisamente desuete.
All'interno della stessa frase o del medesimo dialogo, possiamo perciò trovare parole di uso colloquiale/gergale (sto al posto di questo), dialettali (Oh Signùr!), modificate, inventate, o di una cifra linguistica ben più ricercata rispetto alle parole utilizzate in precedenza. Insomma, un miscuglio che viene creato dall'autrice appositamente per darci la sensazione di quanto il mondo sia cambiato e di quanto il linguaggio possa rifletterne le differenze.
Da una parte questa scelta può creare difficoltà, specie inizialmente: comprendere esattamente cosa viene scritto e non deconcentrarsi davanti ad ogni parola nuova per me è stato faticoso. D'altra parte è frutto di un grande lavoro di Pariani che, grazie ad esso, riesce a reinventare un linguaggio, senza mai deviare dalla linea prefissata e senza stonature, rimanendo sempre coerente.
Ròbb che non stanno né in cielo né in terra, neh. Ché di aure meravigliose qui non c'è neanche una freguglia... È semplicemente la squallida ora di cena.
L'incipit inizia con cautela; possiamo già notare qualche parola che non ci saremmo potuti aspettare ma ancora non lo avvertiamo come un elemento preponderante, veniamo principalmente attirati dalla trama futuristica tipica di un distopico. Da questo frammento non è possibile farsi un'idea completa della storia che affronteremo, ma ne veniamo attirati.
I personaggi presi in causa sono molti e, così, anche i punti di vista da cui ci viene raccontata la vicenda, anche se il punto focale della narrazione, quello maggiormente utilizzato, è quello dell'operatrice h478: colei che osserva lo svolgersi delle vicende. La narrazione si alterna: il capitolo si apre con la narrazione generale che si svolge all'interno di un luogo che dà il nome al capitolo e, subito dopo, troviamo il punto di vista di uno dei personaggi femminili coinvolto nella scena precedente. Per quanto vi siano anche personaggi maschili, i punti di vista sono esclusivamente femminili, così come nel resto del libro, dove gli uomini rimangono, in generale, poco presenti.
Ho vissuto la lettura di questo libro come una metafora, qualcosa che mirasse prevalentemente a trasmettere un concetto, piuttosto che a parlare della vita delle persone oggetto della storia. Maria, Jesus, Lazzaro.. non sono nomi dati a caso, sono emblemi di ciò che l'autrice voleva comunicarci.
È debole e io lo odio per questo, pensa; e lo odio perché rende tutto ciò evidente, perché mi permette di abusare della mia forza... ma come si potrebbe rinunciare a quel senso di intensa superiorità che si prova quando si odia qualcuno?
Per lo stesso motivo l'atmosfera è stata percepita da me in maniera particolare: la pesantezza della situazione, il controllo delle persone e la poca libertà vissuta dai personaggi si sente e ci fa interessare alla lettura ma, la parte emozionale derivante da ciò che accade ai personaggi è stata minore, proprio perché ho visto tutto ciò che veniva raccontato come qualcosa di inevitabile: qualcosa che doveva essere negativo per poter servire al suo scopo.
Inizialmente a causa dei diversi punti di vista non delimitati da diciture particolari ho avuto seri problemi di comprensione, si tratta sicuramente di un romanzo non così semplice da approcciare inizialmente, specialmente se non preparati alla sua struttura. Da metà lettura in poi, essendomi abituata al linguaggio e al cambiamento di punto di vista all'interno del medesimo capitolo, ho imparato ad apprezzarla maggiormente e a gradire ogni spunto in più lasciatoci dall'autrice.
La storia è interessante sia dal punto di vista della narrazione distopica e fantascientifica, sia da quello del piano emotivo dei personaggi coinvolti. La trama è piacevole sia per chi ricerca un aspetto che per chi desidera l'altro.
Quand'è che anche le libertà più semplici ci sono state tolte? Come facciamo a sopportare questo silenzio interminabile? Passa un giorno passa l'altro e all'improvviso la musica si spegne, le statue si spostano, il cielo ingrigisce...
Nello svolgimento, invece, viene lasciato decisamente più spazio alle emozioni, alle sensazioni, a ciò che si vuole trasmettere. La distopia è ben rappresentata ma l'autrice non si addentra nella spiegazione del perché il mondo sia diventato quello che è, sembra suggerire invece di puntare lo sguardo verso ciò che c'è dopo, facendoci rivivere la storia come un nuovo punto di partenza.
La conclusione è totalmente coerente con quanto riportato in precedenza: probabilmente il lettore se l'aspetterà, ma non avrebbe potuto essere diversa. Il finale racchiude al suo interno tutto ciò che l'autrice voleva trasmettere scrivendo questo libro e, il messaggio, arriva chiaramente e senza intoppi ad ognuno di noi.
Il mondo in cui vivono i personaggi è ben descritto: ci è chiara la decadenza dei luoghi visitati e la distopia in questa senso è ottimamente rappresentata. Riusciamo ad immaginarci tutto il romanzo scena per scena, senza aver mai bisogno di input maggiori. Le descrizioni ci sono ma non sono invadenti: descrivono ciò che c'è senza soffermarcisi in eccesso. Il fatto che sia diviso per scene, ad ogni capitolo un nuovo luogo, ci aiuta ancora di più ad immaginare gli scenari descritti. L'ambientazione temporale non viene specificata, anche se possiamo collocarla in un futuro non così lontano dal nostro.
Infine, ho trovato il ritmo di lettura coinvolgente. Ho terminato il romanzo in un giorno, nonostante le difficoltà iniziali dovute alla struttura e allo stile particolari e, da metà in poi, le pagine sono scivolate via a velocità ben più sostenuta.
In conclusione, il libro presenta alcuni elementi della distopia e della fantascienza ma, secondo me, non va letto come se ne facesse parte. Lo scopo dell'autrice, parlare della Passione nella sua accezione ormai dimenticata o che rischia di perdersi, è stato raggiunto perfettamente e, secondo me, è proprio sotto questo punto di vista che andrebbe valutato: un libro con un messaggio positivo che mira a far riflettere.
Lo consiglio perché trovo che sia molto valido, sia nella sua qualità (la ricercatezza della parola giusta da utilizzare in ogni singola frase è evidente e graditissima, specie in una collana in cui la Parola è l'obiettivo finale) che nella sua piacevolezza.