Si restava sempre legati a seccature varie, parenti scomodi, strane superstizioni, abitudini e tradizioni. Ci si trasportava dietro l'eredità delle generazioni precedenti come stracci di cui non ci si poteva disfare.
La famiglia Karnowski è il libro che ha reso famoso, in Italia, il grande Israel J. Singer, fratello maggiore di Isaac B. Singer, più celebre grazie al ricevimento del Nobel per la Letteratura nel 1978.
Sin dal titolo possiamo comprendere che La famiglia Karnowski desideri essere una saga familiare.
Ciò si desume anche dalla struttura dell'opera che divide le proprie pagine in tre macro sezioni: quella sul "nonno" Karnowski, David, quella sul "padre" Karnowski Georg e, infine, quella sul "figlio" Karnowski, Jegor. Tutte e tre le parti iniziano con il loro protagonista da giovane e arrivano alla maturità e alla nascita del figlio che diventerà poi protagonista della parte successiva.
La trama vedrà, dunque, la narrazione della vita di questa famiglia, rappresentata non solo dai punti di vista dei tre diversi protagonisti ma anche in tutti gli altri personaggi, familiari o no, che orbiteranno attorno ad essa. Sin dall'Incipit comprenderemo questa narrazione Karnowski-centrica.
Non è tanto la trama in sé ad attirarci, quanto i numerosissimi spunti di riflessione che nascono grazie alle parole dell'autore. Prima di tutto quelle relative alla famiglia, vicine a quelle del romanzo di formazione; i diversi caratteri dei tre Karnowski che, accompagnati dall'infanzia all'età adulta, mostrano come gli stimoli esterni e l'educazione loro impartita abbiano influito profondamente sul loro carattere, i diversi ruoli, l'importanza per ogni membro familiare di essere sé stesso senza influenzare troppo il ragazzo, gli scontri generazionali e molto altro.
Secondariamente, ma non per importanza, le riflessioni storiche, che aiutano a comprendere la mentalità del tempo e del luogo raccontato.
La Storia fa inizialmente da sfondo alle vicende e appare poco importante: non ci vengono mai svelate le date esatte degli eventi di cui leggiamo, eppure esse appaiono evidenti (seppur in linea generale) al lettore.
Singer sembra voler focalizzare la propria attenzione sulla vita della famiglia e la sua situazione economica, eppure riesce, in maniera inizialmente poco evidente, a farci percepire l'ambientazione di quanto sta raccontando. Il lettore si accorgerà veramente del peso di questo elemento solamente una volta giunto all'ascesa al potere di Hitler in Germania, ciò che verrà descritto da Singer colpirà così tanto il lettore da fargli capire quanto, in realtà, il luogo costruito intorno alla vicenda fosse reale ed evidente ed anche fondamentale per comprendere quanto è successo e succederà.
La narrazione occupa la prima metà del XX secolo ed è ambientata prevalentemente in Germania, sebbene vi siano parti anche in Galizia e negli Stati Uniti.
La descrizione dei tempi contemporanei all'autore (il libro esce nel 1943, un anno primo della morte di I. Singer) è , secondo me, lo scopo reale per cui l'autore ha deciso di scrivere questa storia. Questo si deduce dal fatto che, dopo aver intavolato perfettamente ogni aspetto relativo a protagonisti e personaggi secondari, l'autore decida apertamente di lasciare molti filoni narrativi per seguirne uno unico, fortemente legato al messaggio che lo scrittore voleva inviare.
Lo svolgimento, dunque, avrebbe potuto essere ben più corposo e, così com'è, lascia il lettore curioso non del tutto soddisfatto.
Il finale inizialmente lascerà il lettore interdetto. Personalmente l'ho apprezzato perché ritengo che, conoscendo anche la data di pubblicazione del libro, l'autore non avrebbe mai potuto chiudere questa storia in maniera definitiva. La scelta narrativa è discutibile (e probabilmente non verrà gradita da tutti), ma coerente con quanto raccontato in precedenza.
Lo stile di Singer è intelligente e fortemente ironico. I suoi libri sono originariamente scritti in Yiddish e, perciò, presentano parole estremamente specifiche e anche di difficile traduzione. Nella versione Newton Compton che ho letto io, i traduttori (David Rinaldi e Martina Sacerdoti) hanno deciso di riportare in italiano quasi tutto il testo, io avrei forse preferito che alcuni termini specifici rimanessero in lingua originale e fossero spiegati in una nota sottostante (come mi è stato detto succeda nella versione Adelphi, Qui su Amazon).
Singer ha deciso, così come in altre sue opere, di rappresentare la mentalità del suo tempo senza alcuna censura, suo intento non è quello di far fare bella figura al suo popolo (che come ogni altro mostra di avere sia pregi che difetti) e cerca di mostrare tutto, anche ciò che può essere considerato scomodo. Per questo motivo potrete notare nei dialoghi e nelle spiegazioni delle azioni dei personaggi, verità che, lette al giorno d'oggi, possono far storcere il naso al lettore. Oltre al razzismo e all'antisemitismo potrete trovare nelle sue parole anche una grave sottovalutazione della figura femminile. Inoltre, ciò che mi ha colpito molto, è stata anche la forte diffidenza degli stessi ebrei verso persone apparenti al loro stesso credo religioso ma distanti da loro per altri aspetti. Singer ci tiene, infatti, a rimarcare come ad esempio gli ebrei dell'Ovest e quelli dell'Est si vedessero come due schieramenti totalmente distinti, o come quelli emigrati da più anni e ormai quasi uniformati al nuovo Stato, vedessero come un elemento di pericolo i nuovi arrivati.
Era solo una stupida femmina a cui, purtroppo, le vie della saggezza erano precluse e che viveva di istinti, né più né meno di una mucca.
Pur trattandosi di un classico (categoria solitamente considerata più tosta e lenta) e di un autore che non si può definire conciso (nonostante qui divaghi meno di quanto avrei voluto), ho trovato questo libro ben ritmato, anche più delle altre opere.
Grazie ai diversi punti di vista la narrazione, infatti, è molto più dinamica.
In conclusione, ho trovato La famiglia Karnowski un ottimo testo che, ancora una volta, mi ha aiutata ad entrare in una mentalità e in un'epoca totalmente diversi dai miei. Penso, però, che questo lungimirante ultimo romanzo (poiché Singer sembrava aver capito la portata di ciò che sarebbe potuto succedere) sia ben più frettoloso rispetto al resto delle altre opere che ho letto. Si tratta, perciò, di una lettura che mi ha dato tanto, ma che avrebbe potuto essere ancora più estesa e dettagliata, donandomi ancora di più.
Nessuno pensava che la bella vita sarebbe finita. Nessuno voleva crederci. Come avviene spesso quando è in arrivo una catastrofe, la gente si autoconvinceva del fatto che se qualcosa doveva succedere, sarebbe successo agli altri.
Lo consiglio a tutti perché trovo che queste opere classiche siano meno conosciute qui in Italia di quello che dovrebbero.
I libri di Israel Singer sono utili, sia da un punto di vista nozionistico (che in questa traduzione viene un po' meno), sia da quello culturale. Leggere di una religione e di una cultura che non si conosce perfettamente è sempre motivo di arricchimento, inoltre questo libro racconta la Storia, quando per l'autore era ancora presente, dandoci l'opportunità di sbirciare indietro nel passato e vederlo con occhi differenti da quelli del famoso "senno di poi".