Esce oggi La linea del sangue. Terzo ed ultimo volume che mancava a noi italiani per poter completare la Trilogia di Bois Sauvage di Jesmyn Ward, tradotta da Monica Pareschi e pubblicata da noi da NN Editore.
In realtà in lingua originale questo è il primo volume della serie, nonché il romanzo d'esordio dell'autrice che, solo successivamente ha conosciuto la fama negli Stati Uniti.
L'ordine di pubblicazione, così come quello di lettura, però, non è rilevante perché questa serie è composta da tre titoli completamente autonomi che presentano personaggi differenti e che, dunque, possono essere letti come se fossero opere stand-alone.
Ciò che unisce le tre opere, rendendole un'unica trilogia, è l'ambientazione. Tutti e tre i libri, infatti, si svolgono principalmente a Bois Sauvage (da qui, il nome della serie), piccola cittadina costiera e fittizia del Mississippi. Non è solamente il nome della località ad unire queste storie ma, proprio l'atmosfera e il destino che sentiamo intrinsecamente collegati all'esistenza di questo luogo. In ogni volume, e in questo in maniera particolare, percepirete come vi sia un attaccamento viscerale e di amore/odio di tutti i personaggi principali verso la loro casa. Se da un lato, insomma, è facile sovrapporre Bois Sauvage ad una qualunque cittadina degli Stati Uniti dalle caratteristiche similari, d'altra parte diventa per noi un posto speciale, perché lo è per i protagonisti.
Sapeva che in teoria Bois Sauvage non aveva niente di speciale, eppure sì: conosceva ogni macchia boscosa, ogni cane randagio, ogni curva di ogni strada lastricata a metà, ogni spianata irregolare su cui sorgeva una casa sgangherata e cadente, ogni pozza d'acqua nascosta. Se le altre città costiere erano tutte vicine e si confondevano le une con le altre, tanto che solo qualche punto di riferimento, come un minimarket Circle K o una chiesa cattolica, gli segnalava che stava abbandonando una per entrare nell'altra, Bois Sauvage era sprofondata nell'insenatura, minuscola e isolata.
Altro legame tra le tre opere sono sicuramente le tematiche. Nonostante i tre volumi abbiamo protagonisti diversi, infatti, è piuttosto evidente che il fil rouge che li unisce sia proprio il legame di sangue e il tema della famiglia, trattato con tagli differenti, sempre molto attuali.
In questo caso leggiamo la storia di Cristophe e Joshua, due gemelli che all'inizio del libro si stanno per diplomare e, perciò, stanno per cominciare a costruire una nuova vita.
I due vivono con la nonna, Ma-mee, donna che ha lavorato duramente tutta la vita per loro e che li ama immensamente. Lei rappresenta la positività del tema famiglia: i due ragazzi, incredibilmente educati, la amano e rispettano sopra ogni altra cosa, non rischiando mai di dimenticare ciò che le devono. Ciò che colpisce maggiormente nella nostra epoca (anche se è forse triste doverlo ammettere) è proprio l'atto d'amore spontaneo che li induce a occuparsi di lei e a compiere le loro scelte di vita in base alla sua esistenza, non perché gli pesa ma devono farlo, bensì perché è ciò che viene loro naturale.
A controbilanciare, c'è invece il rapporto con i genitori: Javon, il padre tossico e disinteressato a tutto ciò che non concerne il crack e Cille, la madre che li ha lasciati alla nonna scappandosene lontano per rifarsi una nuova vita dove, la loro presenza, sarebbe di troppo.
Anche in questo caso la profondità dei sentimenti colpisce, perché Ward riesce a rappresentare la dicotomia che ne consegue: l'amore, che viene naturale e la diffidenza, la tristezza e la rabbia, che nascono conseguentemente alle azioni dei genitori.
La situazione che vi ho descritto è quella iniziale e, per quanto possa sembrarvi completa rappresenta solamente in parte ciò che si proverà, in empatia, leggendo il libro. Sono i piccoli gesti, infatti, a contare, talvolta nemmeno evidenziati e lasciati in un'unica frase che può essere raccolta o meno dal lettore, a mostrare ciò che succede nel non detto e a far provare il maggiore carico emotivo. Così come l'ambientazione, infatti, anche i personaggi sembrano reali, perché rappresentati nella quotidianità e senza mai voler moralizzare.
Ultimo collegamento presente in tutti e tre i testi (a parte l'apparizione di un uragano che, però, avrà conseguenze e rilevanze ben diverse nelle tre storie) è il tema del razzismo e della segregazione razziale. Tutte e tre le famiglie prese in considerazione, infatti, sono composte da persone che hanno a che fare con i bianchi ma il rapporto con loro non è, evidentemente, privo di difficoltà. In questo testo viene raccontato, ad esempio, come le classi siano miste ma che, di fatto, ci siano sia nella scuola che nella zona, due schieramenti contrapposti e per niente miscelati.
I neri non avevano l'abitudine di guardarsi quando parlavano tra loro, aveva notato. Di solito guardavano dritto davanti a sé, o da un'altra parte; a meno che non fossi sul punto di fare a botte o scherzassi non guardavi mai qualcuno negli occhi.
L'unico aspetto che differenzia La linea del sangue dagli altri due volumi (Salvare le ossa e Canta, spirito, canta) è la gestione dei punti di vista. Infatti, la narrazione passa da un fratello all'altro (e talvolta a quello di Ma-mee) all'interno dello stesso capitolo senza che vi sia alcuna delimitazione, anche solo spaziale, ed essendo sempre stilisticamente uguale (in terza persona) e non indicando il nome del punto di vista da subito, può creare momentanea confusione nel lettore. Capita comunque di rado e dopo poche righe si comprende subito l'eventuale errore perché ci sono personaggi e situazioni diverse. Allo stesso modo può capitare che vi siano salti temporali, non ingenti, che trasportano i personaggi da una situazione all'altra senza che il lettore se ne avveda prima. Anche questo è raro e circoscritto, dunque la struttura, per quanto potenzialmente più confusa, non crea veri problemi di comprensione.
Altra tematica importante per il volume è il lavoro. Sia la difficoltà del trovarlo, ma anche la scelta dello stesso (le strade facili, per chi è povero e bisognoso, possono sembrare quasi inevitabili anche davanti ad una moralità salda) e l'effettiva pesantezza dello svolgimento. Perché lavorare è importante sì, e Ward lo fa percepire chiaramente, al contempo, però, fare qualcosa che non si ama e che genera fatica, può risultare pesante da affrontare giorno per giorno.
Chissà se ogni notte della sua vita sarebbe stata come quella, segnata dalla paura di svegliarsi al mattino, dall'infinita monotonia dei giorni che si succedevano l'uno dopo l'altro, con un lavoro che detestava, fino a precipitare senza freno del gorgo della vecchiaia?
Come ho anticipato, il romanzo si apre con un momento di svolta; i gemelli, ormai adulti, stanno per cambiare le loro vite intraprendendo le prime scelte fondamentali per il loro futuro. Questo comporta anche gli primi screzi tra loro; intraprendendo strade diverse devono imparare ad amarsi e a riconoscersi anche nelle nuove vesti che indosseranno. Per questi motivi può essere considerato anche un romanzo di formazione e una storia di amicizia e fratellanza.
In conclusione, La linea del sangue è un romanzo d'esordio che presenta già un'ottima capacità stilistica che vedrete perfezionata nelle due opere successive ma non drasticamente modificata (per quanto mi riguarda ho solo notato analogie più esplicite rispetto a quelle dei volumi successivi). Credo che il fulcro di queste opere, al di là del fatto che sono scritte, tradotte e curate ottimamente, come ogni NN che ho letto, sia la forza che trasmettono, che è tanta proprio perché non si dubita mai, pur sapendo che si tratta di un'opera inventata, dell'esistenza delle persone (e non "personaggi") di cui leggiamo.
Consigliato a tutti e in qualsiasi ordine rispetto agli altri della serie!