Quale mente malata si prenderebbe la briga di fare una cosa del genere?
E la risposta a quest'ultima domanda è «Io».
Breve storia dell'inganno è un brevissimo saggio/memoir in cui l'autore Herman Koch parla al lettore del suo rapporto con le bugie.
Se dopo la lettura di La cena avevo già capito che Koch è un autore dalle idee decisamente fuori dal comune, con questo breve racconto ho compreso definitivamente che la personalità di questo scrittore è unica nel suo genere.
L'argomento dell'inganno, già di per sé molto intrigante, viene trattato da un'angolazione decisamente inaspettata: le menzogne per Koch non solo sono viste come qualcosa di positivo, ma anche di indispensabile nella propria vita.
L'essere un bugiardo (a suo dire quasi patologico) lo caratterizza come persona e lo distingue dagli altri.
Mi sono reso conto che avevo fatto tutto questo solo per vedere la sua faccia. Per quella faccia valeva assolutamente la pena.
Le sue affermazioni sono forti, molto ricche di spunti di riflessione anche se non sempre condivisibili e totalmente unpolitically correct.
C'è anche tanta ironia in questo scritto e perciò vi invito a leggerlo con il medesimo modo di fare: prendendolo troppo seriamente si rischia di arroccarsi sulle proprie convinzioni, rischiando di non riuscire a vedere nulla al di là di esse.
Ma avevo imparato una lezione. Avevo imparato che dicendo la verità si diventa persone migliori – almeno agli occhi degli altri.
L'ho deliberatamente chiamato saggio, anche se in realtà questo breve testo potrebbe essere anche considerato un memoir: in fondo Koch non fa altro che raccontarci alcuni spezzoni della propria vita e trarne le conclusioni generali che potrete leggere. Per questo motivo non dovete sceglierlo per avere un approfondimento del tema: la visione dell'autore è parziale e deve interessare più per la sua particolarità che per lo studio (totalmente assente, se non relativo alle immancabili esperienze di vita) dietro all'argomento.
Ma in quel momento ho sentito un prurito improvviso nel cervello, proprio sotto la calotta cranica, esattamente nel punto in cui, per alcune persone, comincia l'attaccatura dei capelli. Insomma ho intravisto nuove possibilità per elevare la bugia a una forma più alta.
Sin dall'incipit vediamo come l'autore riesca a ribaltare una situazione facendocela vedere sotto il proprio punto di vista: un marito che dice alla moglie di starla tradendo da più di un anno, sta iniziando ad essere sincero o, in realtà, in quel modo inizia a farle vivere la vera e propria bugia?
Ma per l'altro la verità non è affatto la verità. Per l'altro la verità è l'inizio della bugia.
Lo stile dell'autore è asciutto e non particolarmente attento alle formalità della scrittura. È colloquiale e ci dà l'impressione di parlare direttamente con un nostro amico, un po' fuori di testa, che ammette candidamente verità che, conoscendolo, avremmo potuto indovinare o, quantomeno, sospettare.
Non è lo stile di scrittura che in genere apprezzo, ciò che si tollera in un discorso non è per me altrettanto bene accetto in ciò che si legge (i continui "ma" ad inizio frase, ad esempio mi hanno creato qualche difficoltà), eppure in questo caso penso che Koch abbia fatto la scelta giusta (anche se più che scelta credo che si tratti di una cifra stilistica che gli appartiene e che potrete trovare in ogni suo testo): il contenuto non avrebbe fatto lo stesso effetto se scritto in maniera differente.
Chi farebbe una cosa del genere? mi domando. Io, è la prima risposta. Ma forse l'unica risposta giusta dovrebbe essere un matto.
Il piglio deciso e spudorato rende questo libro, già breve di suo, ancora più veloce da terminare. Il ritmo di lettura non viene rallentato da nulla e difficilmente potrete avere difficoltà a finirlo una volta iniziato.
Il finale avrà un grandissimo colpo di scena che, alla luce di ciò che ci viene raccontato prima di questa conclusione, potrà essere interpretato in maniera differente dai lettori. Anche qui, lo scrittore non si smentisce e non ci delude, stupendoci un'ultima volta.
Il messaggio che ci viene mandato è veramente molto complicato da condividere; difficilmente una persona potrebbe considerare un uomo come l'Herman Koch che ci viene rappresentato qui una persona affidabile da scegliere ed avere accanto nella propria vita.
D'altro canto, però, quando si legge un libro non sempre si è in cerca del valore morale della storia, ma spesso, soprattutto per chi ha già letto tanto, è trovare qualcosa di diverso a fare la differenza.
Così, a cinque anni, senza rendermene pienamente conto in quel momento, imparai la lezione più importante che uno scrittore deve imparare prima o poi: che la verità e le bugie credibili vanno a braccetto, che quelle bugie credibili spesso sono preferibili a una verità poco credibile. E che, per il resto, ciò che conta è soprattutto guadagnare credito.
Si tratta, infatti, del secondo libro (su due) di quest'autore che mi colpisce talmente tanto per il suo contenuto da indurmi a scavalcare nel mio giudizio tutti quegli elementi che, in un libro meno particolare, mi avrebbero impedito di apprezzare pienamente la lettura.
È gratuito su Amazon ed è unico nel suo genere, è qualcosa di sconsiderato ed indelicato che che si legge in meno di mezzora e che io rileggerei volentieri, perciò non posso che consigliarvelo.