Allora, mi dica, cosa stava cercando? Di certo a quest'ora del giorno solo una cosa può averla condotta al vecchio bazar di Anarkali – così chiamato, come forse sa, in onore di una cortigiana murata viva per aver amato un principe – ed è la ricerca della perfetta tazza di tè.
Princeton mi dava la sensazione che la mia vita fosse un film di cui io ero la star, e che tutto fosse possibile.
Eccetto uno: Underwood Samson & Company. Mai sentiti nominare? Erano una società di consulenza. Stabilivano per i loro clienti il valore di un'azienda da acquisire, e lo facevano, si diceva, con una precisione inquietante.
I suoi occhi erano freddi, azzurri e sentenziosi, non nel senso in cui viene solitamente utilizzata la parola, ma nel senso di qualcuno abituato per mestiere a giudicare, come un gioielliere quando esamina per curiosità un diamante che non intende né comprare né vendere.
«Perciò comprendo la sua situazione, Changez. Lei ha fame, e questa dal mio punto di vista è una buona cosa».
Forse la nostra situazione non è molto diversa da quella della vecchia aristocrazia europea nel diciannovesimo secolo di fronte all'ascesa della borghesia.
La maggior parte delle persone che conoscevo abboccavano al mio personaggio. Jim no. Ma per fortuna, là dove io vedevo un motivo di vergogna, lui vedeva un'opportunità. E aveva ragione, ma solo in parte, come in seguito avrei capito.
Sì, fu esaltante. Ed è così che, in modo prolisso, lo ammetto, se mi guardo indietro penso a Princeton. Per me Princeton ha reso tutto possibile. Ma non mi ha fatto dimenticare, non poteva, cose come il piacere di un tè qui, nella mia città natale, un tè lasciato abbastanza a lungo in infusione da acquisire un colore ricco, scuro, e reso cremoso dal latte fresco intero.
Io, con la mia limitata e decrescente riserva di contanti e la tradizionale deferenza nei confronti delle persone più anziane, mi domandavo per quale strano ghiribizzo della storia e dell'umanità i miei compagni di viaggio, molti dei quali nel mio paese sarebbero stati considerati buzzurri arricchiti, tanta era la loro mancanza di signorilità, si trovassero nella posizione di girare il mondo comportandosi come se ne fossero la classe dirigente.
Come? Sto alzando la voce? Ha ragione; divento sentimentale quando penso a quella città. Suscita ancora una grande tenerezza nel mio cuore, il che non è poco, devo dire, date le circostanze nelle quali, dopo soli otto mesi, me ne sarei infine andato.
Inoltre è un segno di amicizia quando qualcuno ti offre da mangiare, introducendoti così in una relazione di reciproca generosità.
Sì, in quel momento ero felice. Mi sentivo immerso in una cordiale atmosfera di compiutezza. Non c'era niente che mi turbasse; ero un giovane newyorkese con la città ai miei piedi. Come tutto sarebbe cambiato in fretta! Il mio mondo si sarebbe trasformato, proprio come questo mercato intorno a noi.
Sì, noi abbiamo una certa familiarità con la storia recente del circondario, cosa che, nella mia umile opinione, ci permette di porre il presente in una prospettiva di gran lunga più accurata.
È incredibile quanto possano essere teatrali le luci artificiali una volta che la luce del sole è declinata, come possono toccare le emozioni, ancora adesso, all'inizio del ventunesimo secolo, in città grandi e luminose come questa.
È come se fossi un'ostrica. Ho avuto dentro di me per tanto tempo questo granello aguzzo, e per cercare di renderlo meno molesto a poco a poco l'ho trasformato in una perla. Ma adesso finalmente la perla viene estratta, e togliendola mi rendo conto che rimane un vuoto, sai, una cavità nella pancia, nel punto che occupava prima.
Non eravamo mai stati in contatto fisico per un periodo così prolungato; la sensazione che quel corpo fosse così robusto eppure appartenesse a una persona così ferita restò a lungo con me.
In quel momento mi sentivo molto più vicino al conducente filippino che a lui; mi sentivo come uno che recita una parte, quando in realtà avrei dovuto vivere la mia vita a casa mia, come la gente per strada lì fuori.
Ero nella mia stanza che facevo i bagagli. Accesi la televisione e vidi quello che sulle prime mi parve un film. Ma continui a guardare e mi resi conto che non era una finzione ma una notizia. Vidi crollare prima una e poi l'altra delle torri gemelle del World Trade Center di New York. E allora sorrisi.