TRAMA IN BREVE

Ettore e Pietro. Padre e figlio. A mancare in questa famiglia è lei, la madre. Il suo nome, mai pronunciato, aleggia per tutto il romanzo a ricordare, a noi e a loro, che tutto ciò sta accadendo senza di lei, che pure è perennemente lì con loro, nel pensiero.

EPIGRAFE

She is trapped inside a month of grey
And they take a little every day
She is a victim of her own responses
Shackled to a heart that wants to settle
And then runs away
It's a sin to be fading endlessly

Counting Crows, Mercury

Somewhere on a desert highway
She rides a Harley-Davidson
Her long blonde hair flying in the wind
She's been running half her life
The chrome and steel she rides
Colliding with the very air she breathes
The air she breathes

Neil Young, Unknown legend

DEDICA

A mio padre e a lei, mia madre

INCIPIT

Tornerà a casa per pranzo in un giorno di luglio, farà caldo, l'orizzonte trasformato in una linea liquida sotto un cielo sfocato.
Aprirà la porta e si ritroverà sua moglie davanti, bloccata nel corridoio come vittima di un incantesimo, le mani che si stringeranno pallide, il sangue confluito tutto nel viso, gli occhi spalancati.
Sarà scalza e sotto di lei, fra i suoi piedi, si allargherà una pozzanghera che bagnerà il pavimento; lui resterà immobile per qualche attimo, il tempo congelato.

RECENSIONE

Assurda sarà l'estate che rimarrà estate, assurdo che non si alzerà un vento a bruciare tutto.

Il nome della madre è il secondo romanzo di Roberto Camurri ed esce oggi, 28 maggio 2020, per NN Editore.

Si tratta di un romanzo intimista che, attraverso alcune scene di vita quotidiana, ricostruisce dinamiche familiari e, soprattutto, i sentimenti a loro legati.
Ciò che succede non è straordinario, dunque, ma è speciale per i protagonisti delle vicende e lo diventa anche per il lettore, così come lo sono ricordi della nostra infanzia che per gli altri potrebbero non significare niente ma che per noi sono indimenticabili.

All'inizio del libro troviamo Ettore e Pietro. Un padre ed un figlio di pochi mesi che sono stati abbandonati da lei, moglie per poco e madre a mala pena conosciuta.
Il primo punto di vista che incontriamo è quello di Ettore, il padre. L'uomo è già stato lasciato da lei ma, mentre si occupa del figlio Pietro, ripercorre con la mente gli ultimi momenti passati insieme alla moglie, ricordando la sua bellezza e sperando in un suo ritorno. 

Resta fermo così per qualche istante, vuole sentire ancora la voce di lei, ancora quel sussurro. Non si volta a cercarla con gli occhi, non allunga le mani, resta fermo, in attesa, mentre Pietro ancora piange, più forte; la voce di lei non arriva, Ettore inizia a immaginarsela accoccolata, spettinata, imbronciata, se la immagina bella, arrabbiata, stropicciata e profumata, si immagina il segno del cuscino sulla sua faccia.

Questi avanti/indietro della memoria inizialmente potranno confondere il lettore, che potrà impiegare un po' di tempo ad orientarsi nella struttura del testo ma che, una volta abituatosi, non avrà più problemi a comprenderlo.

Passano gli anni e il lettore continua a vedere spezzoni di vita: accadimenti semplici, che segnano però il percorso dei due personaggi, che li rendono ciò che sono, che mutano il loro rapporto e che mostrano, senza mai doverlo esplicitare, ciò che loro provano.

Quando aveva finito aveva annusato l'aria, aveva sentito il profumo del caffè svanire, quello dei detersivi attenuarsi, quello dell'officina ancora lì, presente.
Non voleva che se ne andasse, perché quello era l'odore di suo padre, quello che avrebbe voluto avere addosso anche lui da grande.

Il punto di vista del padre sfumerà via via in altri tre: quello di Pietro, il figlio che cresce sempre più velocemente, di Livio, il suocero e di Ester, la suocera. Tutti loro condividono lo stesso dolore e vuoto, che si estrinseca in mancanze completamente differenti, ma che incide sul loro comportamento e sulla loro vita.

L'ambientazione è principalmente legata ad un paesino dell'Emilia: Fabbrico. Di esso vengono descritti i paesaggi, la vita, ma anche il modo di vivere tipico della campagna.
Fondamentali sono sia le differenze con la vita di città, vissute principalmente da Pietro, sia quelle generazionali, sentite da tutti i personaggi.

Fabbrico è più bella del solito, lo sono i colori delle case, quelli del cielo sopra le loro teste, l'asfalto che luccica di una luce diversa, a Pietro viene in mente suo nonno che gli dice che è in giornate come quelle che arriva il terremoto.

Tutto si sa, tutto si capisce e solo un elemento ci manca fino alla fine: il nome della madre. Lei che nel romanzo è l'eterno fantasma, la più nominata, la più pensata, eppure sempre assente.

Hai le labbra tutte screpolate, gli aveva detto la maestra a scuola durante l'intervallo. Sono cose che vede una mamma, gli aveva detto.

Raccontare questo libro in modo esclusivamente oggettivo non riuscirebbe a mostrarne la vera forza: la realtà è che mentre lo si legge lo si vive, le scene raccontate entrano di prepotenza nella nostra memoria e ce ne appropriamo, come se le avessimo vissute noi in prima persona. Come se, a ripensarle, facessero ancora male, ci ricordassero l'eco di un sentimento provato da noi stessi.

Inoltre, per me che vivo e sono cresciuta in piccoli paesi della Romagna, i rimandi alla mia vita, seppur con tante distinzioni, sono stati talmente tanti da riuscire a farmi ripercorrere allo stesso tempo anche scene della mia realtà, che grazie a questo libro sono riaffiorate anche contro la mia volontà.

Nonostante il punto di vista cambi e sia maschile, io che sono stata solamente figlia non sono più riuscita a staccarmi da quello di Ettore: ho visto Pietro crescere e ho avuto più di un colpo al cuore accorgendomi che lo stava facendo e si stava allontanando da "me". Mi sono ritrovata in un ruolo molto lontano da quello che generalmente mi assegno, insomma, e sono stata completamente catturata emotivamente, accadimento più unico che raro, dato che solitamente, anche nelle letture, tendo ad aggrapparmi alla mia razionalità.

In conclusione, potrei dirvi che questo libro va letto perché è scritto bene, perché l'ambientazione è reale ed è stata condivisa da moltissimi di noi, perché Camurri riesce a interpretare più punti di vista (il padre che è stato lasciato e vede in suo figlio l'amore perduto, il figlio cresciuto senza madre che ha bisogno di tenerezza, il nonno che vorrebbe mostrare i cavalli al nipote disattento) riuscendo a farvi entrare in tutti e anche perché racconta delle scene che forse avete vissuto anche voi o che ve ne ricorderanno altre vostre. Questa volta, però, voglio contravvenire alla mia stessa regola e ve lo consiglio anche solo per ciò che lui ha trasmesso a me. Perché se succederà anche a voi sarà bellissimo, e ve lo auguro con tutto il cuore.

CITAZIONI

Ci sono fotografie vecchie, Ester e Livio che si abbracciano su un pontile sopra quello che sembrerebbe il mare, ma forse è solo un fiume. Fanno parte di una generazione che non va in giro, che resta ferma, per cui il mondo è un posto piccolo e stretto.

Guarda di nuovo i suoi suoceri, i loro visi, i loro occhi, guarda le loro mani e poi le sue, guarda suo figlio, i pochi capelli, gli occhi che adesso lo cercano, il colore della pelle che sta riprendendo la sfumatura abituale, guarda quel viso e capisce che vedrà lei per sempre, per tutta la vita.

E lui, con arroganza, le disse, sposami.
E lei, seria, gli si avvicinò di nuovo, gli accarezzò il viso con le dita, si alzò sulle punte dei piedi per baciarlo, un bacio che fu lungo, in cui lei gli infilò le dita nei passanti dei jeans per stringerlo a sé, per sentirlo eccitato, un bacio che lei interruppe per dire, non tagliarti mai i baffi.

Guarda la campagna, l'erba, i campi incolti e arati, i fossi, e si chiede, infilandosi una mano in tasca, accarezzando l'osso che è ancora lì, se anche a lui passerà mai quel dolore, la mancanza di una madre.

Vorrebbe avere il coraggio dei personaggi he legge nei libri, di Tom Sawyer, di Huckleberry Finn, attraversare l'oceano a bordo di un vascello alla ricerca dell'isola del tesoro, cavalcare le tigri, combattere pirati, essere un pirata.

Vorrebbe raccontargli quello che gli è successo, chiedergli come si chiama quello che sente nella pancia, avere il coraggio di abbracciarlo, di stringerlo, vorrebbe dirgli che bisogno del suo aiuto.

Non si era ancora abituato ai colori della città, gli sembravano diversi, in rilievo: c'erano tramonti, a volte, che pensava di poter toccare, che se avesse potuto allungare un dito a sfiorare quelle sfumature di viola e arancione si sarebbe sporcato.

Gli sembra che la nebbia lo circondi, che sia sotto di lui, che tutto sia diventato inconsistente, impalpabile, che stia sprofondando, soffocando, che quella donna sia l'unica cosa reale, l'unica capace di salvarlo.

Scopre che non se n'è mai andato veramente, che quella terra, quella pianura, quei colori, quel cielo pallido e quell'umidità che ricopre i campi saranno sempre casa sua.

Sente gli odori freschi di quell'estate, dell'erba appena tagliata che riesce a entrare perché sta guidando piano, senza la voglia di tornare a casa, l'odore di una stalla che gli penetra nelle narici e gli fa grattare il naso.

QUARTA DI COPERTINA

Da quando sua moglie se n’è andata senza spiegazioni, Ettore vive da solo con il figlio piccolo a Fabbrico, nel cuore della pianura padana. L’assenza della moglie popola la mente di Ettore, che oscilla tra i teneri ricordi di lei, donna imperscrutabile e feroce, e gli sforzi furiosi di dimenticarla, di non vederla in ogni espressione del figlio, Pietro, che le assomiglia così tanto. Anni dopo sarà Pietro a ereditare questo vuoto, in perenne conflitto con il padre, con Fabbrico e i suoi campi vasti e opprimenti. Pietro vuole amare Miriam, la ragazza che lo fa sentire al sicuro, ma quella sicurezza lo spaventa, lasciandolo solo di fronte alle sue emozioni. E cresce nella speranza di trovare una traccia, un ricordo, un indizio per provare a capire la donna che li ha abbandonati e di cui lui non ha memoria, per poter immaginare un futuro, il suo, che continuamente gli sfugge. Dopo le storie di amicizia di A misura d’uomo, Roberto Camurri torna con un romanzo intimo e familiare, e con voce sincera e appassionata ci parla di sentimenti espressi a fatica, spesso condivisi in silenzio, che palpitano sotto la pelle dei personaggi guidandoli alla ricerca del loro posto nel mondo.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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