Quanto a te, malcapitato lettore, qualora ti fosse capitato di avere in mano o sul computer questo libro, qualora avessi deciso di leggere qualcosa e fossi arrivato fin qui, qualora non ti fossi già stufato, chiudendo la pagina senza un segnalibro né reale né virtuale, qualora non avessi già chiamato la neuro per venirmi a prendere dotata di un bel TSO, qualora insomma fossi curioso di andare avanti a leggere questa cosa, posso dire una sola cosa:
«Buona fortuna! A me questa cosa che stai per leggere non è costata nulla.»
Dimmi come scrivi e ti dirò chi sei. Questa frase, valida solamente per coloro che, quando scrivono, mettono ciò che davvero sono nelle loro opere, è emblematica. Se c'è un aspetto veramente positivo negli autori emergenti (o comunque non esageratamente affermati) è che è molto più probabile trovare nei loro scritti qualcosa di loro. Dopo anni ed anni di lavoro, infatti, un autore impara a smussare gli angoli spigolosi del suo carattere di scrittore e a nascondere i suoi difetti, migliorare i suoi pregi.
Nel caso di Germano Capurri, la frase appena citata, è una sintesi perfetta della sua scrittura. Si tratta di uno di quegli autori che dà l'impressione di mettere tutto sé stesso in ciò che scrive; non ha freni, non ha limiti, è vero fino in fondo. Questo coinvolge tutti gli elementi che, solitamente, analizzo in un romanzo e lo fa, alternatamente, in maniera positiva o negativa, a seconda di dati più oggettivi o più soggettivi.
Si capisce che Red Nose non è un romanzo qualunque sin dal preambolo; lo scrittore, infatti, ci spiega in esso che non intende scrivere la storia; saranno i personaggi stessi a raccontarcela. Essi, infatti, sono troppo invadenti; hanno una personalità talmente spiccata da cercare di indurre l'autore a fare delle preferenze, cosa che lui non può e non vuole assolutamente fare. Un incipit diverso, divertente, che spiega già molto del romanzo ancora prima di leggerlo e sapere davvero di che cosa parli. Un autore che, se non la faccia, ci mette tutto sé stesso e ci spiega le sue difficoltà, come se fossimo degli amici, piuttosto che dei lettori.
Ma il macellato finalmente si ribella al macellaio. Signori personaggi: io non scrivo più. Mi fermo.
I personaggi, quindi, vengono indotti a raccontarsi da soli, a dipanare la storia a loro modo. Parlano direttamente al lettore e ci fanno capire chi sono, chi sono stati, che vorrebbero essere. Sono personaggi che sanno di non essere persone vere, ma allo stesso tempo sono dotati di ricordi, di emozioni di aspirazioni e, pur accorgendosi di essere creature di colui che chiamano Artefice (cioè lo scrittore) si sentono vivi, reali. Questo fa sì che la loro introspezione sia fatta molto bene e che ci porti a conoscerli e a capirli proprio come se fossero persone e non personaggi. Luca con il suo Ma che cosa poi, mi ha contagiata e, di sicuro, non mi dimenticherò più di molti di loro e delle loro personalità.
Ma che cosa. Certe volte a fare il Commissario proprio è un mestiere che passerei volentieri ad altri. Ma che cosa. Non mi posso esimere davvero.
Lo stile narrativo cambia continuamente; la narrazione in prima persona viene intercalata a quella in terza persona. Per ogni personaggio che parla, ovviamente, cambia il modo in cui si esprime rispetto agli altri, dando così la sensazione di parlare davvero con persone diverse. In alcuni casi lo stile è più esplicito, in altri è più introverso. Una bella gamma narrativa.
L'autore ed i suoi personaggi fanno capire piuttosto bene la confusione provata a riguardo di cosa dire in questo romanzo. In effetti questa confusione si riflette anche nella sua struttura; non cambiano solo lo stile narrativo e l'accento stilistico, cambia, soprattutto, il genere del romanzo. Red Nose: le ragioni dei personaggi, infatti, pur spiegando da subito di trattare più delle loro vite che di una storia univoca ha, inizialmente, una trama che può essere considerata quella di un giallo. C'è un omicidio, un poliziotto ed un investigatore pronti a risolverlo e poi, sì, tutto ciò che era stato promesso; personaggi che si sentono reali e racconti della loro vita. Più avanti può essere inquadrato come noir, dato che si introducono punti di vista meno innocenti. Ad un certo punto, però, il romanzo va troppo indietro nel tempo, diventa quasi un romanzo storico, per quanto parli di un'epoca temporalmente vicina a quella attuale (ma molto lontana in quanto ad idee.) In questo modo fa valere il suo ruolo sociale, ci racconta un pezzo di storia, qualcosa che sì, indirettamente, ha coinvolto i personaggi portandoli al caso di omicidio di cui si scopre inizialmente ma che, in realtà, viene visto dal lettore (o almeno è stato visto da me) come qualcosa di troppo staccato, troppo diverso da ciò che ci si aspettava.
Ora, bisogna discernere ciò che è oggettivo da ciò che, invece, è soggettivo. Oggettivamente questo romanzo ha di tutto, obiettivamente è complesso e confuso. Io apprezzo la sua completezza ma, soggettivamente, non apprezzo il cambio di genere nello svolgimento. Se io fossi stata Lamboston (il consigliere, angelo custode dell'autore) gli avrei consigliato di scrivere due romanzi; un giallo/noir e uno politico/sociale/storico, se l'autore ha fatto questa scelta è perché per lui andava tutto insieme. Non c'è una parte più bella ed una meno bella, c'è semplicemente una dicotomia, che comunque rimane coerente con tutto ciò che è stato scritto nel libro, che fa sì di poter spiazzare il lettore più schematico, quale sono io. Questa è una preferenza soggettiva, sta al lettore, perciò, avere un'opinione al riguardo.
Da quanto ho capito tu invece non vuoi scrivere un giallo o un thriller ma percorrere l'animo dei personaggi e dei decenni trascorsi e vedere se ne esce fuori qualcosa, neanche tu sai bene cosa, probabilmente. Si tratta di una scritta in campo libero. Giusto?
Per tutta la durata del romanzo si percepisce un messaggio con un fine sociale, va contro l'apatia dei nostri tempi e sprona le persone a sentirsi parte di un tutto. Mi è piaciuto molto che la storia mostri di avere un fine che va al di là dello schieramento politico, cosa che non apprezzo in alcun romanzo né da una parte né dall'altra, anche se esso si può, comunque, desumere dagli eventi raccontati.
È tutta brava gente, semplicemente miope. Ma niente di più: rappresenta una gran parte di noi. Ciechi, ciechi d'amore, ciechi di superbia, di stupidità, di assenza di valori: ciechi di nulla.
Il libro contiene al suo interno talmente tante nozioni utili ed interessanti che vanno dalle citazioni ad avvenimenti importanti per la Storia italiana che sarebbe davvero impossibile per me riportarveli tutti. L'autore sfoggia una grande cultura e un'ottima capacità di collegamento. È impossibile terminare questo libro senza aver scoperto qualcosa di nuovo che ci potrebbe interessare.
L'ambientazione è chiara e ben resa. Il luogo è Roma, città descritta più volte in alcune sue particolarità, città per la quale l'autore e i suoi personaggi sembrano provare una forte emozione che varia dall'odio all'amore. Anche le tempistiche in cui si svolge l'indagine sono ben definite proprio perché Red Nose, uno dei personaggi principali, ce le spiega immediatamente: inizia nel Maggio 2013 e finisce circa al Natale del 2014.
E Roma è anche la città dove tutto può accadere e tutto è accaduto, nella fatalità della città più bella del mondo, più strana del mondo, più simpatica e antipatica del mondo, più imbrogliona e imbrogliata del mondo.
La perfetta resa dei personaggi fa sì che il lettore entri facilmente in empatia con loro. In questo modo è ancora più semplice percepire l'atmosfera degli eventi da loro narrati ed emozionarsi per ciò che ci raccontano e hanno vissuto.
Non ero ancora conscio che la mia gioventù, il mio entusiasmo, la mia voglia di lottare per un mondo migliore in realtà erano stati colpiti terribilmente in quel momento, con quel rumore, quella terribile esplosione.
In conclusione, Germano Capurri entra direttamente nella lista degli autori da tenere d'occhio. Il suo romanzo mi è piaciuto e lo consiglio anche a voi!