TRAMA IN BREVE

E se fossimo destinati a vivere un solo paradiso e, finito quello, niente avesse più senso?

EPIGRAFE

Niente sminuisce e fa cadere in basso
un essere umano quanto la
consapevolezza di non essere amato.

Hjalmar Söderberg, Il dottor Glas

INCIPIT

Da qualche giorno, un mimo aveva preso a frequentare le strade di Milano. Compariva all'improvviso, spostandosi senza criterio da una zona all'altra: potevi trovarlo in corso Vittorio Emanuele come a Calvairate, al Giambellino o davanti a un locale di Brera.

RECENSIONE

Un solo paradiso è un romanzo del 2016 di Giorgio Fontana edito da Sellerio.

È disponibile su Audible e quanto dirò in questa mia recensione dipenderà in parte anche dalla mia decisione di ascoltarlo anziché leggerlo.

Il primo elemento che colpisce in questo testo, nonché l'aspetto che ho apprezzato maggiormente, è la sua struttura: si tratta infatti di un racconto nel racconto, narrato talvolta in terza (quasi per tutto il testo) e talvolta in prima persona (in pochi e delimitati casi).
Il nostro narratore a inizio libro incontra quello che sarà il vero e proprio protagonista del testo e questi gli racconta la sua storia che a noi viene condivisa, però, con l'intermediazione del narratore che ce la racconta utilizzando la terza persona e non ci permette di parlare direttamente con l'interlocutore.

Questa scelta non viene portata avanti con fermezza perché, nonostante questa barriera invisibile, ciò che ci viene raccontato è completamente privo di filtri, come se il narratore ci tenesse a riportare il dialogo avuto con il protagonista pedissequamente e senza voler intervenire.
Se da un lato, perciò, il lettore non beneficia totalmente del senso di veridicità della vicenda (perché la avvertiamo come storia "di seconda mano" raccontataci da qualcuno di diverso dal protagonista) allo stesso tempo non avverte nemmeno un vantaggio derivante da questa mediazione: infatti il racconto non viene sintetizzato (nonostante sia lo stesso protagonista nei dialoghi a farci avvertire come il narratore la stia "prendendo lunga") né vengono tolte scene e dettagli che solitamente vengono tagliate quando si riporta una storia altrui.

Un esempio sono i dettagli sulla vita sessuale del protagonista: non solo raccontata in generale per fare capire il valore intrinseco dell'atto ma analizzata talmente nello specifico, movimento dopo movimento, da sembrare impossibile che il narratore se le ricordi così bene da elencarle in modo così analitico e che, soprattutto, abbia deciso di riportarle senza alcun tipo di censura nonostante siano relative ad un argomento relativo alla sfera personale di un altro individuo.
Questa invadenza involontaria ha creato in me da una parte un totale distacco per il protagonista perché fino alla fine l'ho percepito come un personaggio narrato e non come una persona reale (cosa che avrei invece sentito diversamente se il suo racconto fosse stato in prima persona o se il racconto fatto su di lui non fosse stato a sua volta impersonale) e in più ho saputo di lui cose che avrei accettato sapere solo se avessimo avuto una conversazione diretta (non amo i libri che indugiano su scene di sesso ma le accetto e non le ritengo un difetto se per il testo sono utili).
L'atmosfera che ho percepito per tutto il libro è stata, dunque, strettamente legata a una sorta di fastidio derivante dal poco interesse su una storia che avvertivo come inventata e dalla sgradevolezza di alcune scene che non sono riuscita a ritenere migliorative dell'opera.

La credibilità del testo viene però salvaguardata sul finale, in cui il lettore avrà il dubbio di aver letto qualcosa di accaduto realmente. Probabilmente se questa postilla finale fosse stata aggiunta all'inizio avrei interpretato come maggiormente utile il racconto.

Un altro aspetto che rende la storia verosimile è l'ambientazione descritta.
Sia nel raccontare le impressioni generali sulla città (Milano) sia in quelle relative a locali e zone frequentate si ha l'immediata certezza che parli di qualcosa di realmente esistente e sperimentato.
Fontana non indugia eccessivamente in descrizioni (se non quando l'immaginazione da sola mi sarebbe bastata) ma ci riesce a visualizzare le scene raccontate.

È molto difficile analizzare lo stile attraverso un audiolibro, specialmente se si tratta del primo testo che si legge di un autore, perciò posso dire esclusivamente di averlo apprezzato e di non aver avvertito problematica o incompatibilità con l'ascolto.
Il narratore dell'audiolibro è Alessandro Parise, che trovo bravo ma non particolarmente appassionante.

In conclusione, Un solo paradiso è un libro che narra una storia molto semplice con una struttura interessante.
È scritto bene e può far riflettere su tematiche importanti e quotidiane quali le storie d'amore e l'abuso di alcool.
Può lasciare però un senso di sgradevolezza durante la lettura, per me derivante da quanto raccontato sopra, per altri lettori perché considerato eccessivamente crudo, anche a causa del messaggio – non così facilmente condivisibile – che invia.

Per questi motivi lo consiglio esclusivamente a chi ha voglia di una lettura autunnale, a chi in questo momento sta vivendo un momento di difficoltà e non si sente ancora di lasciarlo andare e vuole sentirsi capito e interpretato, non alleggerito.

QUARTA DI COPERTINA

Una storia d'amore: ma anche il resoconto di quanto tale sentimento possa condurre alla distruzione di sé. Il racconto di una passione assoluta, forse troppo grande per tempi così precari, di cinismo e paura: ma che restituisce ad essa tutta la sua dignità, il suo pudore, e insieme il suo peso tragico. Due vecchi amici si incontrano per caso nel bar che era stato un tempo il covo della loro tribù urbana. Si erano persi di vista e uno dei due, il protagonista, comincia a raccontare all'altro: che prima resta interlocutorio, poi stizzito, e infine folgorato dall'impeto inattuale della storia. Alessio, sul finire dei vent'anni, un lavoro normale, originario di una famiglia delle montagne lombarde con un padre autoritario e un fratello sbandato, trombettista in una piccola jazz band, coltiva una mediocrità esistenziale: un "dolceamaro contentarsi", lo chiama. Martina invece è magra e dal corpo agile e nervoso; viene da una famiglia di professionisti meridionali, non dice molto di se stessa, e i suoi gusti sono spesso poco originali. Due ragazzi qualunque: ma da questo "qualunque" si genera di colpo una strana forza tempestosa, una divina mania. Un fuoco breve che esplode per le strade di Milano - evocata limpidamente, quartiere dopo quartiere - e si consuma al suono di una musica febbrile. Fino a quando, così com'era venuto l'amore se ne va all'improvviso...

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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COMMENTI

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