Kent Haruf, autore di cui ho, vergognosamente, scoperto l'esistenza solamente quest'anno grazie alla pubblicazione dell'edizione italiana di Le nostre anime di notte di NN Editore, mi ha da subito ispirata, sebbene non fossi a conoscenza di niente al suo riguardo. Possiamo dire che mi abbia chiamata, me lo sentivo che mi sarebbe piaciuto e, quindi, dovevo immediatamente leggere qualcosa di suo. Per chi non lo sapesse, aggiungo anche che il libro sopracitato è arrivato al terzo posto nella classifica dei dieci migliori libri editi nel 2017 stilata dai giurati di La Lettura, inserto settimanale del Corriere della Sera che potete acquistare ogni domenica e che vi consiglio caldamente.
Ho deciso di leggere la Trilogia della Pianura ma, avendo dato un'occhiata troppo veloce per poter sapere quale fosse il primo, mi sono sbagliata e ho scelto di leggere Crepuscolo che, invece, è il secondo romanzo della trilogia! La mia recensione, perciò, non terrà conto del volume precedente, anche se spero di recuperarlo e leggere sia quello che il terzo perché ho già capito che di questo scrittore voglio assolutamente conoscere tutto!
Gli aspetti postivi di Crepuscolo sono veramente tanti, uno che mi ha colpito particolarmente è lo stile. Come vedrete anche dalle citazioni i discorsi diretti non sono delimitati dai soliti segni che vi aiutano a comprendere quando inizia e finisce di parlare un personaggio, questa scelta non si rivela affatto uno svantaggio perché riusciamo ad entrare talmente tanto nella storia da viverla quasi come se fosse in prima persona e fossimo noi stessi all'interno del romanzo, perciò ci è assolutamente chiaro chi dice cosa. Si tratta di uno stile narrativo che dà una notevole importanza alla descrizione, non solo a quelle puramente estetiche di persone e paesaggi, che comunque sono fortemente presenti e sono sicuramente uno degli aspetti migliori, ma consiste anche nel raccontare attraverso delle immagini ciò che i personaggi compiono. La vera capacità di Kent Haruf sta, infatti, nel saperti raccontare uno stato d'animo semplicemente riferendoti i gesti dei suoi personaggi: non c'è bisogno che ci dica che sono tristi, nostalgici, felici o arrabbiati, lo desumiamo da ciò che fanno.
Piccola nota informativa aggiuntiva: il traduttore di questo libro, Fabio Cremonesi, quest'anno è stato votato come miglior traduttore dei libri usciti nel 2017, sempre per La Lettura, proprio con il libro di Kent Haruf che vi ho citato precedentemente: Le nostre anime di notte.
Come sapete, io fatico molto a percepire l'atmosfera. In questo libro, invece, questo aspetto del romanzo mi ha travolta. Mi sono immedesimata in ogni personaggio e ho avvertito le emozioni di ognuno di loro come fossero le mie. Persino riscrivendovi le citazioni (che trovate nell'apposito riquadro qui sotto) man mano che andavo avanti rivivevo le emozioni della lettura, alcune frasi mi hanno colpito ancora di più rispetto alla prima volta perché, pur decontestualizzate, mi hanno rammentato tutto ciò che sottendevano. Ovviamente per voi saranno meno d'impatto e non potrete provare la medesima emozione vibrante nel leggerle: questo romanzo sarebbe da riportare per intero perché non c'è niente che andrebbe scartato e ogni singola frase ha un significato legato a tutto ciò che è scritto prima e a ciò che la seguirà.
L'incipit ci fa immediatamente capire cosa aspettarci da questo romanzo: la storia si apre con la prima delle milioni di diapositive che si imprimeranno nella nostra mente: due anziani allevatori che tornano a casa in un giorno di fine estate. La forza delle immagini che troverete nel libro sta tutta qui: una riga e, dentro di noi, la scena prende vita, come se fosse sempre stata lì ad aspettarci.
La struttura del libro ci permette di sbirciare la storia sotto diversi punti di vista, le famiglie principali sono 3 ma i punti di vista trattati saranno di più. La narrazione è in terza persona e omogenea: non è lo stile a cambiare bensì le azioni dei personaggi che si comportano a seconda della loro personalità. Ovviamente nel modo di parlare di ognuno potremo rilevare un timbro stilistico differente coerente con il ruolo del personaggio.
In una vita in cui si fatica ad apprezzare a mala pena le persone a noi vicine è difficile riuscire a leggere un romanzo e sentire di aver amato (e non solo apprezzato ) tutti i singoli personaggi della storia eppure, per me, è stato così. Quando il punto di vista cambiava accoglievo quello nuovo con gioia, indifferentemente da chi fosse. Persino i personaggi negativi, in questo romanzo ce ne è uno che sarà tale per ogni coscienza, esprimono qualcosa di irrinunciabile; non vorremmo fare a meno nemmeno di loro.
La trama consiste nel raccontare le vite di queste famiglie, nessuna di loro ha un'esistenza che potremmo considerare perfetta, ognuno ha gioie e dolori che incidono profondamente sulla vita di ogni giorno. Ciò che ci viene raccontato è vivere quotidiano, mai noioso grazie alla forte rilevanza di ogni vita dei personaggi per noi, lettori, che vorremmo sapere che stanno bene e riescono a superare tutte le difficoltà che, sappiamo, dovranno affrontare. Ciò che accade è sempre realistico e verosimile per il mondo narrato da Haruf. Si tratta di un'allegoria della vita; ci capita di tutto eppure noi dobbiamo andare avanti e, alla fine, guardandoci indietro ci accorgiamo di avercela fatta, a volte nemmeno sapendo come e, pur continuando a sentire il dolore che ci ha trafitti, ci accorgiamo che possiamo e dobbiamo vivere.
Come sostiene Alessandro Piperno, scrittore italiano che io conosco maggiormente per i suoi articoli su romanzi ed autori:
La contea di Holt non esiste sulla carta geografica del Colorado. Eppure sarei pronto a trasferirmici.
E, infatti, il lettore fa fatica a credere che la contea di Holt non esista realmente, Kent Haruf crea un'ambientazione così nitida da farci credere che ci racconti di un luogo realmente esistente. Le cittadine o piccole comunità, se ben raccontate, su di me hanno sempre un'effetto incredibile. Ci sono autori in grado di descrivercele non solo nella loro estetica ma anche per il senso di appartenenza dei suoi abitanti o anche solo per l'atmosfera che si respira all'interno di ogni singola casa, di ogni locale pubblico e Kent Haruf è uno di questi. La consapevolezza di vivere in un luogo, forse piccolo, forse misero, ma circondato da una specie di scudo protettore che protegge la popolazione dal mondo esterno, quello reale e sgradito, mi ha sempre affascinata. Dentro a Crepuscolo ci siamo anche noi e, per il breve tempo della lettura, ci sentiamo anche noi parte di loro. Temporalmente la storia copre quasi un anno, le date non sono specificate ma il cambio delle stagioni si desume da riferimenti espliciti ed impliciti.
Mi sono chiesta: in cosa un libro del genere può deludere? Mi sono risposta che l'unica "speranza" fosse il finale: si tratta di una trilogia e questo è il secondo volume, inevitabile che la storia non termini e rimanga l'amaro in bocca. Invece no, non posso asserire nemmeno questo.
Certamente ne avrei lette altre 3000 pagine, ovviamente il racconto di chi scrive bene non mi basta mai, indubbiamente la storia non è finita del tutto, come potrebbe esserlo senza una catastrofe universale che si abbatte sull'intera cittadina? Ma la sensazione che ti dà questo romanzo non è quello di essere separato, una terza parte di un intero che ci è stato precluso, Crepuscolo ci fa sentire di essere completo, di avere concluso il suo ciclo e di essere separato dal suo successore per questo rilevante motivo.
Io il romanzo l'ho divorato, non mi sono nemmeno accorta di leggerlo, è finito a tradimento. Lo stile è profondo dal punto di vista comunicativo ma semplicissimo da leggere, la storia è bella, a tratti struggente, ma si riesce sempre ad andare avanti, non si viene distrutti da ciò che accade, anche se può farci male. Il ritmo, perciò, è perfetto.
In conclusione, pur volendo fare una recensione completa e sincera, non sono riuscita a trovare un vero difetto in questo romanzo. L'unica pecca che ho riscontrato per il mio modo di essere è che è troppo poco; mai e poi mai riuscirò a farmi bastare così poche pagine di uno scrittore così bravo! Non avendo letto il precedente ed il successivo sono cauta con la valutazione ma sappiate che l'ho amato immensamente e che sono felicissima di aver scoperto questo scrittore.
Il romanzo lo consiglio a prescindere: io l'ho letto senza aver letto il precedente e credo di essere riuscita a capirlo e a sentirlo ottimamente. Consiglio, però, a tutti coloro che ne avranno l'opportunità di cominciare dal primo, Benedizione, che non ho letto ma consiglio ad occhi chiusi: impossibile che sia brutto.
Davanti ad ogni libro bello, o anche stupendo, mi ritrovo spesso con la consapevolezza che non piacerà necessariamente a tutti perché, effettivamente, può avere aspetti che piacciono o meno soggettivamente ad ogni tipo di lettore. Crepuscolo è, invece, uno di quei libri che, per me, dovrebbe riuscire a raggiungere un vasto pubblico: non è difficile o pesante per chi ama letture più leggere ma è di qualità e, perciò, accontenterà quelli che, amichevolmente, chiamo i lettori snob (di cui, spesso e volentieri, faccio fieramente parte anche io!).