Non era certo la Scala, l'Opera, o il Metropolitan, ma era pur sempre un inizio. Nell'ambiente si diceva sempre che Vallaida, che così era stata chiamata proprio per la consuetudine di mettere in scena l'Aida e, in generale, le opere di Verdi, arridesse al destino di coloro i quali ne solcassero le scene.
Come cenere a Vallaida di Stefania Rinaldi è un romanzo che vede nel Teatro d'Opera la sua ragione di essere e il suo metodo d'interpretazione.
Il linguaggio utilizzato è ricercato per il suo suono e per l'effetto finale della frase, l'autrice desidera riprodurre nella propria prosa l'effetto che possiamo avere ascoltando un'Opera teatrale. Lo stile perciò è più aulico che comune e più ridondante che semplice.
Anche nei dialoghi non è la verosimiglianza a prevalere, bensì la scelta di utilizzare parole più altisonanti e teatrali, adatte alla storia raccontata.
La mia città mi mancava terribilmente: durante il tragitto mi guardavo tutt'intorno e i ricordi dell'adolescenza riaffioravano come improvvisi zampilli d'acqua che, freschi e quasi trasparenti, sgorgavano dalla fonte del mio passato per dissetarmi d'indelebili scorci di vita.
Come in uno spettacolo vi è una lunga introduzione, che dura quasi metà del romanzo e che ci fa percepire l'ambiguità della situazione senza esplicitarla completamente. L'incipit mostra da subito il linguaggio ricercato ed inizia nell'unico momento in cui i due protagonisti non sono insieme all'interno della vicenda che, da quel momento in poi, sarà interamente incentrata su di loro e il loro rapporto, oltre che al loro passato.
La trama è interessante e particolare, ci è chiaro sin da subito che il padre andato all'aeroporto per accogliere la giovane figlia assente da mesi dovrà raccontarle qualcosa di importante che le cambierà totalmente la vita, ma lui stesso fatica ad entrare in argomento, arrancando in divagazioni lontane per quasi due giorni interi e per metà del libro. Il ritmo di lettura è, per questo, molto lento nella parte iniziale. Le storie raccontate non mancano, ma non trattandosi di quella principale che il lettore agogna conoscere, almeno in alcuni particolari, si procede lentamente prima di sapere.
«Papà adesso inizio ad avere paura. Ti prego, dimmi dove stiamo andando, io non vedo nessuna clinica né ospedale qui intorno», il respiro si faceva ansante per l'inquietudine che la giovane avvertiva.
Lo svolgimento, invece, è molto più veloce e fantasioso, anche se più attuale. Si passa ad una narrazione più ritmata anche se molto introspettiva che introdurrà finalmente la malattia e le sue conseguenze. Dato che l'attesa per giungere sino a qui è molta, ritengo un'anticipazione troppo grande dirvi di cosa è affetta la madre della ragazza, ma tutto ruoterà intorno a questo.
Se desiderate saperlo vi invito a leggere la sinossi riportata, come sempre, a fondo pagina.
Il finale è la degna conclusione di un'opera teatrale, la coerenza della scelta viene portata avanti sino alla conclusione, aspettata ma non meno tragica e significativa.
L'ambientazione è molto importante sia per quanto riguarda la localizzazione geografica della storia (che non si svolge interamente nella Vallaida citata nel titolo ma che lì trova sicuramente il suo significato più ampio), sia nelle descrizioni che non mancano mai e ci aiutano a visualizzare le scenografie suggestive della storia.
Anche le tempistiche sono facilmente desumibili, anche se non nel dettaglio. Il momento storico più lontano è negli anni '30 ed è raccontato in un flashback, in un metaracconto di Paolo alla figlia.
L'atmosfera percepita è, inizialmente, quella del mistero. Il lettore comprende che c'è qualcosa da scoprire e, pian piano, ricostruisce gli elementi necessari per indovinarlo. Nella seconda metà della vicenda le emozioni umane si alternano velocemente creando un vortice di sensazioni diverse. Saranno la personalità e l'inclinazione del lettore a fargli percepire meglio una rispetto all'altra.
Il tremore alle gambe saliva pian piano su, fino al cuore e, da lì, mi vedeva violentemente i pensieri che, ottenebrati dai peggiori sospetti, correvano a spiacevoli scene che, sino ad allora, mi erano totalmente aliene.
Fondamentali i grandi riferimenti ad opere teatrali, specialmente quelle di Verdi che, in alcuni casi, vengono raccontate nella loro totalità.
Non mancano, perciò, interessanti ed utili informazioni che potranno convincere il lettore ad andare a vedere con i propri occhi le bellezze raccontate dall'autrice. Il suo grande amore per l'Opera è ben evidente e si trasmette anche a noi.
I personaggi maggiormente approfonditi sono i due protagonisti. Mentre della figlia riusciamo a scorgere solamente uno scorcio di vita, del padre scopriamo moltissimi aspetti differenti, che ci fanno comprendere anche i suoi comportamenti assolutamente fuori dal comune.
Cosa cambia tra un giorno, un mese o un anno? Se l'amore arriva, non avvisa, ti prende e non puoi più dire di no.
In conclusione, Come cenere a Vallaida è un romanzo che desidera omaggiare le grandi opere teatrali, specialmente quelle Verdiane, e cerca con la sua prosa, il suo ritmo e l'eclatanza dei suoi accadimenti di trasporre le emozioni di tali opere su carta. Una scelta ambiziosa che alla fine mi è riuscita a conquistare.
La prima parte del libro è ostica, bisogna abituarsi a tutte le scelte dell'autrice ed imparare a comprenderne la motivazione per riuscire ad apprezzarlo pienamente, leggendolo come un romanzo comune si rischia di soffermarsi troppo su elementi volutamente differenti dalla norma. La seconda parte cattura molto di più, rendendoci malinconici e trascinandoci in una realtà che, per quanto raccontata in modo unico e speciale, ci fa vedere da vicino ciò che è, in fondo, la vita. L'ho trovata una lettura molto autunnale, perfetta perciò per la stagione alle porte.
Lo consiglio sicuramente a chi ama il Teatro e potrà o vorrà comprendere al meglio lo spirito di ciò che viene raccontato e a coloro che sono interessati al tema della malattia e alla lotta dei familiari per poter non soccombere ad essa. È un libro dal grande significato che, come un'Opera teatrale, si riesce a percepire solamente cercando di entrare in quel mondo, profondamente differente da quello che conosciamo.
Non lo consiglio a coloro che amano una narrazione veloce e ricca di colpi di scena, più assimilabile ad un film d'azione o cervellotico.