Era strano come la paura non sembrasse mai svanire del tutto.
Expo 58 è il terzultimo romanzo di Jonathan Coe edito, come quasi tutta la bibliografia dell'autore, da Feltrinelli.
Il titolo di questo libro svela subito la sua ambientazione; l'Expo del 1958, tenutasi a Bruxelles. Sebbene questa non sia l'unica location della storia del libro (come in tutti i testi di questo scrittore l'Inghilterra non può mancare), è sicuramente quella maggiormente descritta a contestualizzata.
Coe riesce a farci comprendere sia l'importanza politica dell'evento, che a farcela immaginare con vividezza, attraverso descrizioni mai esageratamente lunghe, ma attente al dettaglio.
Si comprende che c'è stato uno studio dietro l'argomento, aspetto che viene riconfermato anche nei ringraziamenti finali, e che il punto focale dell'opera è proprio questo.
L'anno è rappresentato egregiamente anche dalle riflessioni dei personaggi, necessariamente differenti in alcuni aspetti da quelle che faremmo nel 2019, come ad esempio il rapporto con le sigarette, di cui non si era ancora realmente compreso l'effetto nocivo per la salute.
"Cancro ai polmoni. Era un fumatore accanito."
I tre uomini lo fissarono, sconcertati da questa informazione.
"Uno studio recente ha dimostrato," spiegò pazientemente Thomas, "che potrebbe esserci un legame tra il fumo e il cancro ai polmoni."
"Strano" rifletté Mr Swaine ad alta voce. "Mi sento sempre molto più arzillo dopo una sigaretta o due."
Per contro, l'avere dato tanta importanza a questo aspetto, ben riuscito ma non sufficiente a dare carattere all'opera, ha fatto sì che molti altri elementi non siano all'altezza degli standard a cui ci ha abituati l'autore.
Primi su tutti, i personaggi.
Ai protagonisti privi di nerbo, siamo abituati. Thomas Foley è un uomo che vive continui conflitti interiori che gli faranno cambiare opinione continuamente. Completamente in balia degli eventi, continuando a sopravvalutarsi si affida inconsapevolmente alle decisioni altrui. Non nota i propri limiti ma li ravvisa facilmente negli altri, un individuo medio, insomma. Non sta antipatico, ma non si parteggia nemmeno per lui, come invece si fa in altri testi dell'autore per altri protagonisti molto simili, come ad esempio Maxwell Sim.
Ma non siamo altrettanto abituati a vedere questi uomini poco delineati attorniati da personaggi caricaturali, che rendono paradossale l'intera situazione. La moglie, priva di qualsiasi identità se non quella di madre, il barista beone, il vicino impiccione e provolone e così via... Conoscendo le doti di questo scrittore pare evidente che tutto ciò sia voluto, ma purtroppo l'effetto finale risulta comunque poco convincente.
Su tutti, i due personaggi meglio riusciti sono quelli di due loschi figuri, anch'essi stereotipi viventi ma, proprio per questo, divertenti, che compaiono e scompaiono con fare sinistro e che ci regalano le uniche scene da "spy story".
"Si ricordi bene una cosa: questa conversazione non ha mai avuto luogo."
Per quanto quest'ultimo, potrebbe essere segnalato come il genere del volume, non si avvertirà nel testo alcuna atmosfera generalmente legata ad esso; non temiamo per la vita del protagonista, non c'è suspense, non sussultiamo. Sono pochissime le frasi che possono rientrare nel genere e, come i personaggi, fungono più da miccia per l'ilarità che per l'emotività.
Fermo sul marciapiede inondato di pioggia fuori dal ministero degli Esteri, chiedendosi che direzione prendere, non aveva la più pallida idea che qualcuno stesse aspettando nell'ombra dietro di lui.
La trama inizialmente parte con questa premessa; Thomas Foley dovrà passare i sei mesi dell'Expo in Belgio, a supervisionare l'andamento di un bar allestito all'interno del padiglione inglese. Qualcosa di semplice, dunque, che sembra maggiormente legato alla sfera familiare e all'allontanamento dalla moglie e dalla figlia.
Che razza di uomo era quello che preferiva una passeggiata nel parco insieme alla moglie e alla figlioletta al pressante impegno di andare avanti nel mondo?
Lo svolgimento, però, viene creato per sottolineare al lettore la portata dell'evento a livello politico: era la prima volta che rappresentanti di tutti gli Stati si riunivano insieme dopo la Seconda Guerra Mondiale e, dunque, i rapporti non erano necessariamente all'insegna dell'alleanza e, ancora di meno, della fiducia tra popoli. Da qui, la spy story, che coinvolgerà il nostro protagonista ma non solo, portandoci a dubitare della veridicità del background di ogni personaggio.
Sarebbe stato il primo evento del genere dopo la Seconda guerra mondiale. Tenuto in un momento in cui le nazioni europee coinvolte in quella guerra si stavano avvicinando sempre più a una cooperazione pacifica se non addirittura a un'unione; in un momento, per contro, in cui la tensione politica tra la Nato e i paesi del blocco sovietico era al culmine.
Come ci si può aspettare da Jonathan Coe, l'ironia è presente ed evidente, specialmente nel mostrare le differenze tra il passato e il presente, ma ancora di più al riguardo dell'Inghilterra e del pensiero portato avanti dal suo establishment.
Cosa significava essere britannici nel 1958? Nessuno sembrava saperlo. La Gran Bretagna era radicata nella tradizione, su questo erano tutti d'accordo: le sue tradizioni, il suo fasto, il suo cerimoniale erano ammirati e invidiati in tutto il mondo. Allo stesso tempo, era impantanata nel passato: timorosa dell'innovazione, minata da arcaiche distinzioni di classe, alla mercé di un establishment riservato e intoccabile.
La struttura è piuttosto semplice, ci sono pochi guizzi narrativi (l'unico veramente degno di nota è un capitolo epistolare, che è anche quello che ha riscosso maggiore successo nel gruppo di lettura in cui stiamo leggendo l'opera omnia, o quasi, del narratore inglese) e il punto di vista è quasi sempre focalizzato sul protagonista, anche se qualche lieve pensiero lo otteniamo anche dalla moglie, Sylvia.
Il suo egocentrismo la ferì profondamente: la riempì di un'acuta, vertiginosa combinazione di amore e turbamento. Questo era l'uomo a cui aveva affidato la propria vita. Talvolta si chiedeva se non avesse fatto un errore.
Il libro può essere considerato uno stand alone, cioè un romanzo completamente autoconclusivo e scollegato come trama dal resto dei libri dello scrittore ma presenta forti collegamenti (di fatto, c'è un legame di parentela) con alcuni personaggi di La pioggia prima che cada che, dunque, consiglio di leggere prima di questo. C'è anche un piccolo rimando a qualcosa che succede ne La famiglia Winshaw, ma è talmente lieve e non esplicito da poter essere anche non rilevato.
In conclusione, Expo 58 è un libro che andrebbe letto per diletto (in spiaggia sotto l'ombrellone, ad esempio) o per curiosità relativamente all'Expo di Bruxelles. Non è il migliore testo di Jonathan Coe e, anzi, io lo inserirei tra gli ultimi tre.
Non so se consigliarlo o meno perché, come spesso accade con autori validi, non si può affermare che sia un libro brutto, semplicemente non è all'altezza delle altre produzioni dell'autore.
Per questo lo consiglio solamente a chi:
- Vuole una lettura leggera ed è interessato all'Expo del 1958.
- Vuole iniziare con questo autore e desidera percorrere le sue opere senza leggere subito il meglio.
- Ammira l'autore e lo vuole conoscere in modo totale e completo.
Se selezionate accuratamente i libri che leggete, questo è trascurabile.