La tragedia è un aspetto della vita meno raro di quanto a volte si creda.
Follia è il quarto libro (di nove, per ora) pubblicato da Patrick McGrath ed è, indubbiamente, il più famoso.
È stato scelto come libro oggetto del Gruppo di Lettura che ho formato per approfittare degli sconti sulla collana "Gli Adelphi" dell'omonimo editore e, per questo, oggi sono qui a recensirlo.
Si tratta di un libro non semplice da recensire, perché pregi e difetti si alternano nel testo in una miscellanea talmente legata a ciò che succede da rendere piuttosto complicate le spiegazioni di quanto si afferma.
Cominciamo, perciò, dall'unico aspetto che non cambia: lo stile di scrittura. Patrick McGrath è uno scrittore inglese e nella sua scrittura ha ricordato, ai diversi membri del gruppo di lettura, altri scrittori appartenenti al medesimo Stato. Io, ad esempio, l'ho immediatamente sovrapposto a quello di Maugham. È elegante ma semplice, riesce a far capire ogni cosa con estrema facilità. Talvolta ciò che racconta è così tremendo che, raccontato in quel modo, ci fa pensare di avere capito male, perché non si confà alla pacatezza del linguaggio utilizzato. Questa sensazione è aiutata dal fatto che il narratore interno del testo, Peter Cleave, è uno psichiatra; il suo occhio clinico ci accompagna per tutta la lettura e ci racconta ciò che è successo senza alcun evidente sussulto emotivo.
Su tutti gli altri piani poteva considerarsi recuperato, tanto che avrebbe potuto essere dimesso, ma su quest'unico punto, e cioè sulla logicità del suo omicidio, era irremovibile. Oh, ammetteva che non sarebbe dovuto succedere, e rimpiangeva di aver bevuto in quel modo, ma insisteva di esserci stato quasi costretto dalle provocazioni e dagli insulti di Ruth.
La storia che ci viene raccontata non appartiene direttamente a Peter, ma è vissuta in prima persona da Stella e da Edgar. La prima, moglie di un collega psichiatra di Peter, Max, il secondo un paziente internato nel manicomio dove lavorano Peter e Max. La trama, inizialmente, è fortemente legata (come da titolo) alla psichiatria; non mancano i termini tecnici (anche se non abbondano nemmeno, come invece ci si potrebbe aspettare) e il ruolo da protagonista lo ricopre la follia, e la sua analisi.
Tra di noi si sviluppò rapidamente un rapporto basato su un affettuoso antagonismo, che io incoraggiavo con uno scopo ben preciso: volevo che sentisse di avere un rapporto speciale con il suo medico.
Lo svolgimento, invece, si concentra molto di più sulla storia d'amore che, pur non essendo affatto romantica, diventa l'epicentro della storia. La follia viene data quasi per certa e accantonata e il lettore comincia a chiedersi di più sui sentimenti: ma cosa provano realmente l'uno per l'altra i due protagonisti? Ad ancorare questa nuova onda sentimentale è sempre il giudizio del narratore che, grazie a qualche commento cinico, ci ricorda cosa stiamo leggendo.
In sostanza, non si resero conto che le barriere della cautela e del senso comune minacciavano di crollare, travolgendo il loro fragile equilibrio.
Sin da subito appare evidente come la stragrande maggioranza delle vicende arrivino a noi solamente in modo indiretto e parziale; è Stella a raccontare a Peter la sua personale versione della vicenda che, a sua volta, racconta a noi ciò che ne ha dedotto. Alla fine della storia sarà possibile non considerare molto credibili alcune parti della vicenda o anche il generale e questo ha provocato più di una delusione nel gruppo di lettura. D'altra parte, è evidente che il testo, essendo una ricostruzione tardiva ed esterna, avrebbe dovuto essere riempita in qualche modo nelle sua lacune e, leggendo tutta l'opera appare anche evidente il perché è stato fatto. Perciò, pur non essendo particolarmente credibile, rimane all'interno del confini della coerenza del testo.
Ammise in seguito di essersi sentita attratta da lui quasi fin dal primo momento. Per ovvie ragioni aveva cercato di non pensarci, ma il fatto che ogni giorno lui fosse là fuori le aveva reso più facile escogitare pretesti per incontrarlo. In fondo che male c'era a fare amicizia con un paziente? Questo era ciò che si ripeteva per giustificare il proprio comportamento.
L'ambientazione cambia molto con il proseguire della vicenda.
Nel primo terzo siamo all'interno del manicomio; esso ci viene descritto sia nella sua estetica che nelle sue funzionalità. È un luogo che, da sempre affascina e qui viene descritto proprio come se esistesse realmente, perlomeno nell'immaginazione di McGrath.
Nei due terzi successivi, invece, ci si concentrerà maggiormente sulle abitazioni dei personaggi e, dunque, la parte più intrigante di questo aspetto, seppur ancora presente, scemerà.
Le descrizioni rimangono importanti per tutta la narrazione e mostrano un'ottima capacità dello scrittore di farci visualizzare ogni scena, contorno compreso.
Anche se dio solo sa se non si è preso i miei anni migliori, questo è un posto spaventoso. È un istituto di massima sicurezza, una cittadella fortificata che sorge su un alto colle e domina la campagna circostante: fitte pinete a nord e a ovest, bassi acquitrini a sud. È costruito secondo il tipico schema lineare dell'architettura vittoriana, con i bracci che si irradiano dai corpi principali in modo che tutti i padiglioni abbiano la vista libera sull'aperta campagna al di là del muro.
Come si può evincere da titolo e dalla trama, i personaggi non sono persone comuni e si comportano, chi in modo più evidente e chi più in sordina, da folli. La loro follia però non è quella che associamo al divertimento e alla pazzia momentanea, ma a qualcosa di sordido che si potrebbe annidare dentro ognuno di noi. Le reazioni che si potranno avere nei loro confronti sono le più disparate, sia come coinvolgimento emotivo (è possibile amare qualunque personaggio, così come detestarlo in particolare) che come reazione al credibilità dei loro comportamenti (ci sono certi legami e reazioni che vengono date per scontate nella vita, perché ovvie per i soggetti non malati, ma quando si parla di follia è difficile capire il limite tra fantasia e realtà).
Difficilmente lasceranno completamente indifferenti e, dunque, credo che possano considerarsi ben riusciti.
Il finale è l'aspetto che ha incontrato maggiori differenze di reazione. Personalmente il colpo di scena finale (che ovviamente non anticipo), l'avevo presagito sin dalle prime righe e, per quanto apprezzi che sia stato inserito, avrei gradito fosse introdotto prima e fosse sviluppato maggiormente.
Il ritmo di lettura è sempre calzante e veloce ma, nella seconda metà molti lettori del gruppo (compresa me) hanno ritenuto lo svolgersi delle vicende molto veloce e poco curato, come se ci fosse necessità di chiudere con rapidità. Altri, invece, hanno apprezzato che venisse detto solamente il necessario.
In conclusione, Follia è un libro che parte da un presupposto interessantissimo; leggere con occhio critico, cinico e analitico di una storia d'amore folle e malata, ma che lascia andare questo aspetto pian piano, pur non tralasciandolo mai del tutto. Soggettivamente, avrei apprezzato una rilevanza maggiore dell'analisi psichiatrica, che mi è mancata un po' nei secondi due terzi.
Trovo che sia un libro ben scritto, che può piacere molto o, comunque, essere piacevole per alcuni aspetti che lo rendono particolare e diverso da altre opere. Per questo motivo, anche se non con la veemenza di altri, lo consiglio.
Senza dubbio leggerò altro di Patrick McGrath.