Oggi (28 Giugno 2018) è uscito un nuovo libro di NN: Pacifico.
Si tratta del terzo volume della Trilogia di Grouse County e, per questo motivo, per oggi ho deciso di leggere e recensire per voi il primo libro: La fine dei vandalismi.
Nonostante non abbia letto ancora il secondo, vi consiglio di leggerli in ordine cronologico e di iniziare, quindi, dal volume che recensirò oggi.
Presto leggerò anche le due opere successive, in modo da darvene anche un'opinione generale.
La Trilogia di Grouse County di Tom Drury è spesso paragonata alla, forse più celebre in questo periodo, Trilogia della Pianura di Kent Haruf, di cui io ho recensito il secondo volume, Crepuscolo.
Entrambe sono composte da tre volumi, entrambe parlano di cittadine di invenzione situate nel Midwest ed entrambe sono molto descrittive e malinconiche (e tutte e due sono state pubblicate da NN). Eppure, trovo che nelle due serie ci siano molte più differenze di quanto sia evidenziato dalla maggioranza dei lettori. Procederò, perciò, ad una recensione un po' particolare in cui non solo vi racconterò (come sempre) ognuno degli aspetti particolari del libro ma citerò anche alcune differenze sostanziali che esistono tra le due serie perché, avendo letto molti commenti che le paragonano a discapito di Grouse County, ritengo possa essere interessante per chi non le conosce farsene un'idea più dettagliata e meno generica.
Il primo aspetto in cui Tom Drury si distacca totalmente, rendendo ciò che scrive unico e personale è la sua ironia.
Non c'è pagina che non abbia al suo interno un'evidenziazione della comicità di quanto raccontato, sebbene questo non venga sottolineato è ben comprensibile in ogni momento, anche quando altri autori (non Haruf) avrebbero, invece, calcato la mano sull'aspetto malinconico di quanto scritto.
«Pensi davvero che io sia così isolata?» domandò.
Mary la guardò inespressiva, come toccata da qualcosa di profondo. Andò in anticamera, e dal buio si rivolse a Louise.
«Sono tornata a casa senza il bastone.»
Lo stile dei due autori si assomiglia per la narrazione: terza persona, narratore esterno e azioni descritte nel dettaglio.
Se di Kent Haruf ho detto che non indugia troppo sull'emotività, di Drury, devo ammettere una ancora maggiore capacità di raccontare ciò che vede senza che esso venga considerato da lui sotto l'aspetto emotivo. Questo è il motivo che, per me, rende questo scrittore ermetico e difficile da capire per molti.
Altro aspetto simile sono i dialoghi: poche parole ma significative. In Drury, però, la loro presenza è nettamente inferiore a quella che ho riscontrato in Haruf. Dove il secondo avrebbe espresso un'emozione attraverso poche parole scambiate tra i personaggi (con incredibile capacità), Drury prosegue oltre, lasciando a noi immaginare il resto, facendo un passo indietro.
L'atmosfera malinconica che ci fa percepire la decadenza della cittadina accompagna entrambe le letture, eppure in La fine dei vandalismi, si nota una nota di speranza di sottofondo che, alla fine, cambia completamente le carte in tavola.
Se Crepuscolo dovesse essere paragonato ad una stagione sarebbe l'autunno, che andando avanti nella lettura, si inoltrerà sempre di più.
La fine dei vandalismi invece è una primavera, seppur così indecisa da poter sembrare al lettore distratto, simile all'autunno.
Questo concetto è espresso con parole più belle e significative nello spazio in cui l'Editore (che all'interno del volume inserisce tantissime tante idee che lo rendono unico e speciale) racconta a chi può piacere il libro:
Questo libro è per chi ama la furia della pioggia d'aprile, che allontana l'inverno e accoglie la primavera, per chi guarda la Via Lattea come una strada che conduce davvero da qualche parte, per chi ascolta Feeling good di Nina Simone, e per chi si trova a camminare verso la felicità a piccoli passi, come se stesse procedendo su un cornicione sospeso nel vuoto.
L'ambientazione è uno dei valori più importati della lettura.
Grouse County viene descritta con amore ma anche con rigidità. L'autore dà l'impressione di parlare di un luogo realmente esistente, che immagina in ogni suo particolare e che conosce talmente bene da aver imparato ad amarla e ad odiarla allo stesso tempo. Non solo riusciamo ad immaginarne gli aspetti salienti, ma Drury ce ne parla come se fosse sempre esistita, descrivendoci anche i suoi cambiamenti rispetto alle epoche passate. È impossibile non immaginarla come un luogo reale e tangibile, che potremmo visitare prendendo il primo aereo disponibile.
Temporalmente occupa lo spazio di qualche anno ed è ambientata dal 1990 in avanti, sebbene vi siano alcuni flashback su alcuni persona antecedenti a tale data.
Le dicerie possono durare a lungo a Grosse County oppure riproporsi ciclicamente, come le stagioni.
I personaggi possono essere considerati di fantasia solo perché sappiamo non esistere il luogo in cui nascono, vivono e muoiono. Sono moltissimi (e a fine libro ci sarà il loro elenco in ordine di apparizione per poter agevolare il lettore) e non tutti vengono approfonditi allo stesso modo.
Come non indugia sull'emotività, Drury non lo fa nemmeno con i pensieri. Il lettore può chiaramente comprendere cosa stanno provando i personaggi ma la loro interiorità non verrà mai intaccata. L'autore decide di mostrarceli e di palesarsi solo per poche e brevi frasi in cui ci dice solo l'essenziale: spetta a noi comprendere tutto il mondo dietro.
Non si tratta, perciò, di personaggi poco profondi ma di persone che vengono raccontate dall'esterno, da chi conosce anche più di quello che ci racconta ma che per rispetto non ce lo direbbe mai. Il narratore sembra volerli preservare, non dicendoci ciò che li potrebbe mettere in imbarazzo, invadendoli in una sfera che appartiene solamente a loro.
Questo implica uno sforzo maggiore del lettore per riuscire ad immedesimarsi in loro ma, se ci riuscirà, l'effetto ottenuto sarà diverso da quelli delle letture a cui siamo abituati solitamente, avremo l'impressione di sapere un segreto mai detto e carpito da pochi.
Il protagonista per me è stato lo sceriffo: nonostante non sia tutta incentrata su di lui, trovo che gran parte della storia gli si ricolleghi e che lui possa essere considerato il filone principale.
Il commesso registrò l'acquisto con l'espressione vacua e indifferente che forse insegnano a adottare nelle scuole per commessi. Poteva sembrare che avesse acquistato un portachiavi, del dentifricio o lampadine, invece di essersi avventurata nel grande mistero della vita.
L'incipit del libro introduce il suo personaggio. Drury ce lo presenta in medias res e ci fa entrare immediatamente nella sua vita, quasi avesse acceso in quel momento in collegamento e non potesse fare a meno di andare avanti con gli eventi.
La trama si incentra maggiormente su quanto succederà allo sceriffo e alle persone che avranno a che fare con lui, ci sono alcune scene che non vedono né lui né un suo caro come protagonista ma che, per qualche motivo, incideranno sulla sua storia. In Haruf, invece, le trame sono tutte portate avanti parallelamente.
Lo svolgimento può confondere, perché è difficile poter comprendere il filone della storia (che io ho ricollegato a Dan) prima di essere arrivati alla fine del romanzo.
Come già anticipato, i personaggi introdotti in questo romanzo sono molti e ad ognuno di loro viene lasciato il giusto spazio per farsi conoscere, almeno per le peculiarità più significative, perciò saranno molte le storie raccontate.
L'impressione è quella di sbirciare nella vita di una comunità realmente esistente: è normale non riuscire a capire tutto da subito, ma Drury ci invita a farcene un'idea nostra, intervenendo solamente con poche parole volte a farci capire alcuni passaggi fondamentali.
Come in tutti i libri che raccontano della vita di più persone è difficile arrivare ad una conclusione che possa essere considerata tale. Il finale di La fine dei vandalismi porta immediatamente a chiedersi cosa potrebbe succedere nel successivo volume.
In questo libro l'autore ci parla di qualcosa di verosimile che contiene al suo interno gli stessi ingredienti della nostra realtà: ci sono momenti salienti che cambiano tutto ciò che potrebbe accadere poi e scene di ordinarietà, scandite dall'abitudine e anche dalla monotonia.
Il ritmo segue questa scelta, accelerando o rallentando insieme agli eventi. Io ho terminato il romanzo in due giorni, ma c'è chi potrà impiegare più tempo. Non vi sono ostacoli che impediscano di intraprendere una lettura veloce o lenta, dipenderà (come spesso succede) da quanto riuscirete ad entrare nella narrazione.
In conclusione, penso che La fine dei vandalismi di Tom Drury sia un libro che riesce a raggiungere uno scopo difficilissimo: parlare della vita per quella che è, senza volerla abbellire o imbruttire.
È un libro che oserei definire un antitesi dei social: in un'epoca in cui sbandierare ogni aspetto della propria intimità sembra di vitale importanza per riuscire a vivere pienamente la propria vita, arriva un autore che protegge quella dei suoi personaggi che, nonostante questo, nascono, vivono e soffrono, gioiscono e sanguinano, proprio come noi.
I temi importanti considerati sono molti, in primis la violenza sulle donne e lo fa nel modo giusto: colpisce nella sua semplicità per il messaggio che manda, non per colpire a tutti i costi.
«Che senso ha, se poi finisci con il naso rotto?» domandò Louise.
«Non succederà» disse Pansy.
«A me sembra più che probabile.»
«Lo amo tantissimo».
«Forse non è amore» disse Louise. «Magari è soltanto una tristezza a cui hai fatto l'abitudine.»
Lo consiglio solamente a chi ha voglia di vedere al di là di quello che c'è scritto. A chi ama scoprire piuttosto che raccogliere qualcosa di già trovato da altri. A chi non cerca una storia avvincente e montata ad hoc, ma vuole leggere della vita, quella vera, fatta di tuttora anche di ciò che annoia, o di ciò che non si può dire.
«Quando cadevi, ti aiutavo a rialzarti. Quando avevi fame, ti davo da mangiare. Ci sono anche altri esempi, ma non sono un pozzo senza fondo, anche se forse tu pensi il contrario. Mi fa piacere vedervi, tu e i tuoi fratelli, a Natale, ma poi basta. A Pasqua, magari. Per il resto, devo chiedervi di stare alla larga».
Ci sono genitori che fanno confusione tra i figli e scambiano i loro nomi, ma Colette sembrava aver scambiato Tiny per il figlio di qualche altra madre.
Ultima menzione, ancora una volta per questo editore, al traduttore: Gianni Pannofino. NN alla fine dei suoi volumi lascia parlare per poche pagine i suoi traduttori e, ancora una volta, questo piccolo dettaglio ha aggiunto ancora maggiore valore alla lettura. Ve la riporterei tutta perché se lo meriterebbe, ma mi accontento di lasciarvene un assaggio.
Veder sfrecciare la macchina, poi, con un lettore sensibile e felice al volante è una delle esperienze più belle per il traduttore che lavora con amore.