"Ma ci sono ancora le ore, no? Una e poi un'altra, passi una e poi, mio Dio, dopo c'è l'altra."
La prima informazione da conoscere per decidere se leggere o meno Le Ore di Michael Cunningham è che si tratta di un tributo a Virginia Woolf.
Per quanto sia apprezzabile anche senza conoscere la vita e le opere dell'autrice inglese, credo che questo libro potrà essere maggiormente compreso ed amato dagli estimatori della scrittrice. Detto questo io devo ammetterlo: ho studiato Virginia Woolf in letteratura inglese ed è una delle pochissime figure letterarie che non ho approfondito con letture extra scolastiche, perciò le mie conoscenze al riguardo sono superficiali e meramente scolastiche.
La struttura del romanzo è divisa in tre parti e possiamo comprendere chiaramente di quale si tratta perché all'inizio di ogni capitolo è specificato il nome di una delle tre protagoniste.
- La Signora Woolf. Si tratta, ovviamente, della parte che vede Virginia Woolf come protagonista. Inizia con il giorno del suicidio dell'autrice nel 1941 per parlare poi, nei successivi capitoli a lei dedicati, della sua vita dal 1923 in avanti, con una storia ambientata principalmente nei sobborghi di Londra.
- La Signora Dalloway. La protagonista di questi capitoli è una donna di nome Clarissa che, per il suo modo di fare, ricorda la protagonista dell'omonimo romanzo di V. Woolf e che, per questo motivo, viene soprannominata Mrs. Dalloway. In questo caso ci troviamo alla fine del ventesimo secolo, a New York. L'intento di Cunningham è quello di traslare l'opera della Woolf (che inizialmente doveva chiamarsi The Hours) in America e in un'epoca contemporanea.
- La Signora Brown. Qui troviamo un'accanita lettrice delle opere di Virginia Woolf che vive una vita normale e monotona. La signora Brown si interroga sulla sua esistenza, chiedendosi se capiti a tutti di sentirsi come lei. Questa parte è ambientata a Los Angeles nel 1949.
Le personalità delle tre protagoniste vengono ben descritte ed approfondite. L'autore è un uomo ma riesce perfettamente a comprendere e raccontare la mentalità che sarebbe potuta appartenere ad ognuna delle tre donne: rispetta anche le necessarie differenze dovute alle diverse ambientazioni, rendendo tutto molto credibile.
Nei capitoli dedicati a Virginia Woolf impariamo a conoscere la sua mentalità e a scoprirne la vita quotidiana, oltre che hai motivi per cui la donna abbia, alla fine, deciso di togliersi la vita. Conoscevo poco della sua biografia e ho trovato affascinante scoprire aspetti salienti della sua vita in un modo così personale.
Quelli di Mrs. Dalloway sono interessanti perché vediamo l'effetto della modernizzazione sul famoso personaggio.
Quelli di Mrs. Brown sono quelli più profondi. Il messaggio trasmesso qui è ancora più evidente.
L'ambientazione è diversa sia nel tempo che nello spazio e, per quanto descritta solamente in relazione alle impressioni delle protagoniste, è ben distinguibile. L'americanizzazione è evidente ma piacevole e credibile.
New York con il suo frastuono e la sua austera decrepitezza marrone, con il suo incessante declino, regala sempre alcune mattine estive come questa: mattine invase per ogni dove da un'affermazione di nuova vita così determinata da essere quasi comica, come un personaggio di una cartone animato che sopporta punizioni infinite, terribili, e ne emerge senza bruciature, senza cicatrici, pronto a subire ancora.
Lo stile dell'autore ricorda molto, specialmente nei capitoli Mrs. Dalloway, lo stile di Virginia Woolf. Il monologo interiore ha il ruolo più rilevante della narrazione, portandoci a comprendere pienamente lo scorrere dei pensieri della protagonista. Questo è il motivo per cui io, che non amo molto il flusso di coscienza, ho apprezzato maggiormente i capitoli relativi a La Signora Brown e La Signora Woolf che, per quanto rispettosi dello stile dell'autrice, divergono maggiormente dalle regole canoniche utilizzate dall'autrice e mostrano maggiormente quello che penso sia lo stile caratteristico Cunningham, al di là del tributo.
Grazie alla tecnica narrativa utilizzata è praticamente impossibile non interiorizzare i pensieri delle protagoniste e non farli propri. Ci si immedesima anche quando ciò che viene raccontato è totalmente estraneo dal nostro modo di essere, quando leggiamo qualcosa che corrisponde a ciò che proviamo davvero, la connessione che si crea è molto forte. L'atmosfera è, per questo, percepibile e fondamentale per l'apprezzamento finale.
Il mal di testa è sempre lì, in attesa, e i suoi periodi di libertà, per quanto lunghi, sembrano sempre provvisori. A volte il mal di teste si impossessa di lei solo parzialmente, per una sera, o un giorno o due, e poi si ritira. A volte rimane e aumenta finché lei non soggiace. Quelle volte il mal di testa esce dalla sua scatola cranica e va nel mondo.
Per quanto lo stile non sia particolarmente scorrevole, specie nelle parti di Mrs. Dalloway, il ritmo di lettura complessivo è molto veloce. I capitoli sono brevi ed interessanti e la voglia di andare avanti non mi è mai mancata.
Incipit, trame e finali sono profondamente diversi tra loro (a causa della differente natura delle tre donne e della loro collocazione storica) ma contengono al loro interno alcuni concetti fondamentali che ritornano e vengono raccontati sotto i loro tre punti di vista differenti. Primo fra tutti l'essere donna e il dover vivere una vita piena di obblighi che non sempre corrisponde a ciò che si vorrebbe fare.
Si chiede, mentre spinge il carrello attraverso il supermercato o si fa pettinare i capelli, se tutte le altre donne non stiano pensando, a un certo livello o a un altro, la medesima cosa: ecco lo spirito brillante, la donna dei dolori, la donna delle gioie trascendenti, che preferirebbe essere altrove, che ha acconsentito a sbrigare compiti semplici ed essenzialmente sciocchi, esaminare i pomodori, sedere sotto un casco asciugacapelli, perché questa è la sua arte, questo è il suo dovere.
Gli svolgimenti delle tre storie non sono particolarmente prolifici; ciò che comprendiamo da subito di ognuna delle storie è ciò che ritroveremo anche nei loro prosegui. I concetti vengono ribaditi e spiegati al meglio, fino ad entrarci definitivamente dentro.
In conclusione, Le Ore di Michael Cunningham è un libro che ho acquistato perché vincitore del Premio Pulitzer per la Narrativa (nel 1999) e mi è parso chiaro sin dalle prime righe il perché della sua vittoria. Si tratta di un autore che sa giocare con le parole, riuscendo a ricordare una grande scrittrice classica e, al contempo, inserire qualcosa di suo, che lo riesca a rendere riconoscibile. È un romanzo su donne e per donne (ma sarebbe bene che lo leggessero anche gli uomini!) scritto da un uomo che, grazie ad esso, dimostra una capacità analitica e una profondità non comuni.
Lo consiglio a tutti. Può essere godibile sia dal punto di vista dello stile e dell'introspezione psicologica, sia come tributo alla grande autrice inglese.
Presto visionerò il, forse ancora più celebre, film per vedere se riuscirà a catturarmi quanto il libro.