Il risveglio è il momento in cui le ferite fanno più male.
Pacifico è il terzo ed ultimo volume della Trilogia di Grouse County di Tom Drury.
Edito nel 2013 in lingua originale, è stato tradotto e proposto nella nostra lingua lo scorso 28 Giugno da NN Editore.
Se non l'avete ancora fatto, vi invito a leggere le mie recensioni di La fine dei Vandalismi e di A caccia nei sogni perché, sebbene la storia dei tre libri possa essere compresa anche separatamente, trovo che questa serie sia assolutamente da leggere in ordine cronologico.
In questa recensione voglio, oltre che parlarvi di Pacifico e delle sue caratteristiche, tirare le somme di tutta la trilogia che ora, dopo aver terminato la lettura, vedo come qualcosa di univoco e compatto.
Pacifico ritorna, in buona parte, alle scelte stilistiche e strutturali già viste nel primo volume (La fine dei Vandalismi, QUI su Amazon).
I capitoli vedono al loro interno protagonisti e ambientazioni differenti, le storie raccontate sono molte e non ruotano intorno ad un unico nucleo familiare.
Tra i tre incipit, quello di Pacifico mi è sembrato quello più chiaro e coinvolgente: si comprende da subito la situazione e, dopo aver letto i due volumi precedenti, è molto più semplice per il lettore entrare nel mondo creato da Drury sin dalla prima parola.
La trama del libro, come nel primo volume, ha un filo conduttore comune, ma tratta storie completamente diverse tra loro. In questo libro troviamo una particolare aura di mistero perché, oltre alle comuni vite dei protagonisti, troviamo anche nuovi personaggi che sconvolgeranno, in un modo o nell'altro, le vite degli abitanti di Grouse County.
Lo svolgimento non si incentra su nessun elemento in particolare, aspetto che porta alcuni lettori a non comprendere questi romanzi. In realtà in questa Trilogia è il viaggio a contare: se non ti riesci a godere ogni minimo dettaglio dell'esperienza che stai vivendo, poco importa dove arriverai.
Anche nel finale ho avuto una sensazione meno d'impatto rispetto ai precedenti: Drury non ci taglia fuori e ci lascia con un'immagine molto significativa. Eppure è impossibile non rimpiangere che sia la fine, le ultime battute di una serie molto bella che, potenzialmente, sarebbe potuta continuare per sempre.
L'aspetto che, pian piano, ho ritrovato meno con l'avanzamento della lettura è stata la resa dell'ambientazione. Grouse County e le sue cittadine vengono descritte molto bene nel primo volume, ne viene raccontata solo una piccola parte nel secondo e, nel terzo, viene ripresa ma abbinata ad un nuovo luogo: Los Angeles. Nonostante tutti i luoghi siano adeguatamente descritti al lettore, ho trovato che l'importanza di ciò che ha dato il nome alla trilogia sia scemata.
Al suo arrivo a Los Angeles, dove gli aerei scavalcavano le montagne e planavano sopra fiumi di auto e camion, Mica non riusciva neanche a immaginare una quantità di cose w persone sufficiente a riempire tutti quei palazzi. Era il posto più grande del mondo.
La capacità di avvertire l'atmosfera malinconica ma al contempo ironica è, invece, rimasta immutata. Poco importa che alcune vicende si svolgano in luoghi completamente diversi da quelli di partenza; i pensieri e gli atteggiamenti dei personaggi rimangono quelli della Grouse County che abbiamo imparato ad amare.
Era quell'ora tarda in cui negli ospedali tutto è silenzioso e bellissimo, e quasi si sente il suono del guarire e del morire.
Proprio a questo proposito credo che nascano le maggiori incomprensioni. I lettori, ad oggi, sono abituati a leggere di personaggi che, per rendere reale la loro esistenza, hanno bisogno di urlare, di sbandierare i propri sentimenti.
In Tom Drury, invece, troviamo persone riservate e chiuse, che ammetterebbero tutto piuttosto che dichiarare di soffrire o gioire enormemente per qualcosa. Sono uomini e donne alla vecchia maniera, che esprimono ciò che provano con i fatti e il meno possibile con le parole.
Questo pone un ostacolo al lettore: chi non avrà la voglia o, anche, la capacità di capire la profondità dei loro gesti, potrà vederne solo il lato superficiale ritenendoli, perciò, poco caratterizzati.
Vi invito perciò a fare attenzione, a leggere tra le righe. Pacifico, come anche i due volumi precedenti, è pieno di avvenimenti importanti per la vita delle persone che lo popolano e spetta a voi accorgervi del grande significato che può avere ogni loro singolo gesto. Lo stesso si può dire dei dialoghi: brevi e apparentemente innocui, celano buona parte della loro rilevanza al lettore poco attento.
La verità del sentimento, spesso, sta in chi dice poco e dimostra tanto, nei libri come nella vita reale.
«Hai presente quando ti svegli e provi a svegliare l'altro, sapendo che non si sveglierà, e ti senti solo al mondo con le tue preoccupazioni notturne, e il mattino è ancora lontano?».
Il ritmo di lettura è veloce: le pagine sono 244, la scrittura è scorrevole e Drury non si ferma mai troppo in descrizioni o nella spiegazione di concetti che potrebbero rallentare la lettura.
Infine, lo stile. Tom Drury scrive sempre nello stesso modo: è asciutto e significativo, bravo ad aggiungere pochissimi vezzi che lo rendano riconoscibile senza far pesare la sua presenza e farla avvertire troppo manifesta. L'ironia è onnipresente, anche nei momenti più difficili è lì che aspetta di essere rilevata. Il traduttore, Gianni Pannofino è stato ancora una volta convincente e rispettoso dell'opera originale.
In conclusione, la Trilogia di Grouse County porta ai lettori italiani una variazione di genuinità forse poco adottata ma, non per questo, meno vera e credibile. Sono sicura che non tutti potranno avere la mia sensazione di casa leggendola, ma nonostante questo io ve la voglio consigliare a prescindere dai vostri gusti. Penso che ci sia molto da imparare da Tom Drury e dalle sue persone (e non personaggi) e ci sono tante scene che, se ben capite, potrebbero valere molto di più di slogan, trasmissioni e cartelloni, per fare arrivare messaggi molto importanti.