Che cosa sono le parole? Suoni. Un gioco che facciamo con la bocca e con i polmoni. La lingua segue il pensiero e quello che esce arriva prima alle orecchie e poi nella testa. E una volta lì? Che cosa fai se non ti piace? Non puoi restituirla. Una parola, detta una volta può fare male, detta due, può fare peggio.
Per chi vive sulle tartarughe di Leonardo Mercadante è un romanzo che, attraverso metafore, battute e fantasia porta il lettore a riflettere sull'importanza delle preoccupazioni nella vita di ogni essere umano.
«Significa che nessuno ha bisogno di essere preoccupato. La gente non è forte abbastanza da preoccuparsi. Per questo ci siamo noi...»
«Voi chi?» chiesi, curioso.
«La Ditta! Noi siamo forti e organizzati! Che se ne fa la gente dei propri problemi quando può darli a qualcuno... non è questa la felicità?»
Nel romanzo infatti, troverete Dino, un cinquenne decisamente atipico che, alla ricerca della verità sul mondo (come fa la Terra a stare su?) si ritrova a vivere incredibili avventure in un mondo fantastico e distopico comandato dalla Ditta; un'azienda che prende a carico tutti i problemi degli abitanti ma che, in cambio, non lascia loro alcun tipo di libertà personale.
Senza preoccupazioni si può raggiungere la vera felicità? Dino ci darà la sua opinione attraverso le azioni, lanciandoci un messaggio importante senza intento morale.
«Che cos'è un moralista?»
«È qualcuno che fa la morale agli altri!»
«E che cos'è la morale?»
«È quando ti devono dire cosa fare e cosa no.»
Il primo aspetto per cui il libro si distingue è l'ampissima gamma di lettori a cui si rivolge; il fatto che il protagonista sia un bambino e che all'interno del testo non vi siano passaggi inadatti (vi sono addirittura battute al riguardo) lo rende perfetto per la lettura di bambini e ragazzi, anche giovani. D'altra parte le metafore, l'ironia e la profondità dell'intento narrativo sono particolarmente appropriati per un lettore adulto che recepirà un significato ben più grande e serio di quello che potrebbe riconoscere un lettore più giovane.
Non è, dunque, il classico libro per ragazzi che può essere letto anche da un pubblico adulto, ma piuttosto il contrario: un libro "da grandi" che riesce a non annoiare e a interessare anche i più piccoli, grazie all'incredibile fantasia e al divertimento.
«Lei è Dino?»
«Lei?». Mi guardai intorno, ma non c'era nessun altro. Forse non sapeva parlare, poverina.
La presenza della distopia, solitamente caratterizzata da cupezza e pesantezza, viene controbilanciata completamente dall'ironia e dallo stile snello e apparentemente leggero dell'autore. Sono tantissimi i giochi di parole, le ingenuità ben inserite per caratterizzare il protagonista che fanno sorridere e persino le battute ricorrenti che regalano continuità al testo ricordandoci un accadimento divertente avvenuto nei capitoli precedenti (chi l'ha letto capirà cosa intendo con una sola parola: Fabio!).
L'atmosfera percepita è altrettanto piacevole; si ride tanto e si riesce a vedere ogni elemento come un'avventura, anche grazie al modo in cui il narratore si esprime e racconta il tutto.
Quest'ultimo, Dino, ci sta raccontando la sua storia parecchi anni dopo gli avvenimenti ma, nonostante questo, quando racconta ciò che gli è successo lo fa con la consapevolezza di allora; quella di un bambino di cinque anni (per quanto molto curioso e particolarmente intelligente). Solamente all'inizio e alla fine del testo e in alcune riflessioni al suo interno, lui ci parlerà da narratore adulto a lettore. Dino non sarà l'unico narratore ma verrà inframezzato per poco tempo da un altro, del tutto inaspettato.
Il libro presenta diversi refusi o errori che possono disturbare la narrazione che, altrimenti, avrebbe ben poco da eccepire. Anche alcuni passaggi, specialmente sul cambio della narrazione non risultano del tutto chiari e ho avuto l'impressione che, se venissero rivisti, l'effetto finale sarebbe ancora più soddisfacente.
La motivazione del titolo dalla mia recensione non si evince ma è, in realtà, ben scelto. Leggendo il prologo del testo comprenderete immediatamente il perché.
La storia che, però, mi piaceva di più era quella della tartaruga. La conoscete?
Secondo quest'antico mito: le piante, gli alberi, gli animali, le montagne, i cinema, le autostrade, i fast-food, le pizzerie, i pozzi petroliferi, i cinesi, i grattacieli, i computer, le fisarmoniche, le macchine per il gelato, le edicole, le automobili, i cani, i gatti, gli zii, i bisnipoti e tutti gli altri vivrebbero su un'enorme tartaruga, che ci trasporterebbe tutti sul suo enorme e tondeggiante guscio.
In conclusione, trovo che Per chi vive sulle tartarughe sia un libro che colpisce per la grande fantasia (magia, poteri, invenzioni) ma anche per la sagacia. Personalmente sono molto lontana dal messaggio inviato (le vie di mezzo sono sempre le migliori, ma se dovessi scegliere un estremo forse starei all'opposto) e nonostante questo l'ho apprezzato e compreso pienamente e trovo che possa essere considerato positivo e propositivo, specialmente se insegnato ad un lettore giovane.
Ammetto che il contenuto mi è piaciuto moltissimo e questo testo può essere sicuramente inserito tra i libri che mi hanno fatto ridere di più, per un lettore meno precisino al riguardo della cura dell'edizione l'apprezzamento finale sarà ancora più alto del mio.
Per questi motivi lo consiglio: un libro diverso da leggere anche in famiglia che divertirà e insegnerà qualcosa ad ogni possibile lettore.