– Non sono strano. Ho riflettuto.
– Su cosa?
– Su ieri sera.
– Sulle tette?
Punti di vista è la prima opera di Andrea Negri.
Si tratta di una raccolta di nove racconti apparentemente scollegati ma che, in realtà, nascondono tra le loro pagine molte affinità.
I collegamenti che si possono cogliere sono primariamente legati al contenuto: vi sarà semplice ritrovare un concetto espresso in un racconto che ritorna, talvolta personalizzato, in quello successivo. Questo non significa, però, che le trame siano similari. Leggendo i primi due racconti della raccolta potrà sembrare, è vero, incontrando due protagonisti uomini, giovani e studenti, ma dal terzo in poi sarà sempre più evidente l'indole sperimentatrice dello scrittore.
Quest'ultima, si nota in diversi aspetti del libro ma, più di tutto, è evidente nello stile che cambia, di racconto in racconto, mostrando una sempre maggiore audacia che, personalmente, ho trovato particolarmente bene espressa in "Punti di vista", proprio la storia che fa da titolo anche all'antologia. In questo racconto, infatti, non solo cambiano i punti di vista e il loro traslare non viene esplicitato se non grazie alla lettura attenta del testo, ma ci saranno anche giochi stilistici quali avanti e indietro nel tempo, dialoghi intervallati dalla narrazione, dialoghi a fondo campo rispetto alla scena principale e anche un evidente mutamento stilistico al cambiamento di ogni "punto di vista".
L'audacia si mostra anche nel linguaggio utilizzato: aulico e ricercato anche nei dialoghi, assolutamente non comune e tipico del parlato, ma anche del pensiero della maggioranza delle persone e con continue dicotomie (linguaggio forbito intervallato da parolacce, situazione quotidiana e quindi potenzialmente banale, letta in chiave poetica e riflessiva) che mostrano al lettore l'eccentricità delle sue scelte narrative che rendono ogni scritto particolarmente originale.
Le descrizioni ambientali, sia quelle esterne ma, soprattutto, quelle di interni, sono cinematografiche, visive e altrettanto d'impatto. Capita spesso che la descrizione, sempre "alta" a livello linguistico, abbia come oggetto, rifiuti, sporco e altri oggetti o dettagli che, tipicamente, vengono associati al ribrezzo e alla vergogna.
L'umidità e la muffa nei muri, si erano sostituite alla vernice bianca di un tempo con tristi macchie nere e grigie, come braccia invadenti che si spandevano lungo le crepe degli anni. I mobili, coperti dallo spesso strato di polvere grigia, e gli oggetti della stanza, sparsi confusamente tra ragnatele e formiche, lamentavano il loro dolore e la loro frustrazione nel silenzio rassegnato del loro purgatorio.
Questo aspetto l'ho immaginato immediatamente associato al fil rouge che si intravede attraversare tutte le storie: il racconto dell'emarginato. In ogni storia, infatti, si racconta, spesso in modo indiretto, talvolta anche in modo diretto, di persone che, tipicamente, vengono malviste dalla società o da una buona parte della stessa, esseri umani che, ogni giorno, devono lottare non solamente contro la vita ma anche contro altri loro simili che sembrano non poter vivere in loro presenza: prostitute, barboni, il classico secchione della classe e omosessuali sono solamente alcuni di essi. Ogni racconto riesce sia a farceli vedere con l'occhio del pregiudizio sia a levarci, pian piano, il velo che ci ricopre per mostrarci cosa c'è sotto.
Di questi, la persona con cui sono entrata più in empatia è la donna del terzo racconto, "La morte ha i tuoi occhi", una donna che, alla notizia della morte del marito, perde il lume della ragione diventando essa stessa un rifiuto della società.
Tutti i personaggi, specialmente i protagonisti delle vicende, escono completamente dagli schemi. Potremmo dire che non sono credibili ma ritengo che l'intento dell'autore fosse proprio quello di rappresentare la diversità ed è per questo che, inevitabilmente, ci si troverà a pensare che il ragazzino della prima storia sembra davvero troppo serio e consapevole per la sua età, che non parlerebbe mai in quel modo se esistesse veramente, e così via. Anche qui ritorna il leit motiv dell'emarginato, dell'escluso che, capovolgendosi, può diventare anche orgoglio e fierezza di essere diverso da chiunque altro, come succede in "Emilio".
Per quale motivo arcano, ogni qualvolta gli accadeva di manifestare liberamente la propria natura, e – per Dio! –, con tanto stile, doveva sempre leggere biasimo sui volti dei compagni di classe? Perché non lo appoggiavano, invece? Quegli sguardi di altezzoso disprezzo, misto a pietà, erano la sua ferita.
In conclusione, Punti di vista è un esordio inaspettato, con tratti quasi postmoderni, che dal lato dell'idea, dell'originalità ma anche della stilistica (specialmente nelle ambientazioni) è molto più che convincente. Dal lato del prodotto finale, inteso come libro di testo ha, però, dei limiti a livello grafico (qualcuno anche ortografico) e, secondo me, andrebbe smussato e lavorato per poter rendere al meglio un contenuto che, proprio perché diverso dalla massa, ha bisogno di una cura particolare per uscire al meglio e distinguersi in toto.
Lo consiglio, specialmente a chi è stanco del classico "compitino" che, talvolta, fa sembrare ogni libro identico ad un altro.