Ma praticamente è portoghese, disse lui, vive qui da molto tempo, vero? No, dissi io, ma devo avere un qualche antenato portoghese che non conosco, credo che il Portogallo sia scritto nel mio bagaglio genetico.
Requiem di Antonio Tabucchi edito Feltrinelli è un libro assolutamente particolare.
Prima di tutto, si distingue da tanti altri libri per la scelta dell'autore italiano: Tabucchi ha sentito l'esigenza di scriverlo in portoghese invece che nella sua lingua madre e, persino la traduzione è stata affidata ad un altro (Sergio Vecchio) e non a lui.
Questa necessità ci è spiegata dallo scrittore in una sua nota introduttiva che apre il volume, ma viene percepita dal lettore anche durante la lettura. Infatti, Requiem appare evidentemente come un libro profondamente personale, scritto non per esigenze letterarie e, proprio per questo, noncurante di qualunque genere di sovrastruttura.
Se qualcuno mi chiedesse perché questa storia è stata scritta in portoghese, risponderei che una storia come questa avrebbe potuto essere scritta solo in portoghese, e basta.
Il titolo, anch'esso spiegato nella nota introduttiva, fa interpretare al meglio l'obiettivo finale del testo: un saluto di Tabucchi a persone vive e morte che, consapevoli o inconsapevoli, hanno influito sulla sua esistenza. L'autore "chiude" questi rapporti, lasciati inevitabilmente sospesi, con un viaggio letterario introspettivo, dove la fantasia può aiutarlo ad attraversare porte e confini che, altrimenti, gli sarebbero preclusi.
Questo Requiem oltre che una "sonata", è anche un sogno, nel corso del quale il mio personaggio si trova ad incontrare vivi e morti sullo stesso piano: persone, cose e luoghi che avevano bisogno forse di un'orazione che il mio personaggio ha saputo fare solo a modo suo: attraverso un romanzo.
Anche il sottotitolo del testo "un'allucinazione", però, ha parte rilevante per immaginare la riuscita finale del testo. Infatti grandemente importante è evidenziare l'atmosfera percepita durante la lettura: quella di un sogno, di un'allucinazione appunto, che permette di affrontare tutto, anche l'incontro più difficile emotivamente parlando, con il sorriso sulle labbra. Una resa dei conti, insomma, ma che mira alla felicità e alla serenità di entrambe le parti, un happy ending.
Non so, dissi io, ora come ora non saprei dire, ho un'impressione assurda, l'idea d'averla incontrata dentro un libro, ma forse sarà il caldo o la fame, a volte il caldo e la fame fanno di questi scherzi.
Il finale del testo farà comprendere chiaramente se il protagonista (nonché narratore e reale autore del testo) riuscirà o meno nel suo intento.
Proprio per la sua natura allucinatoria, il testo non è chiaro e facilmente comprensibile: si può capire tutto ciò che succede ma, senza conoscere il background, sia personale che culturale, dello scrittore è pressoché impossibile comprendere ogni riferimento in modo profondo e consapevole. Inoltre, alcune parti più sensibili, come l'incontro con una persona importantissima per la sua vita, vengono completamente saltate, lasciando l'incompiuto completamente a carico della fantasia (o del senso di riservatezza) del lettore.
Era quel che mi dicevo tra me, chiuso là al di sopra a scrivere quella storia balorda, una storia che qualcuno, dopo, avrebbe imitato nella vita, trasferendola sul piano del reale: ed io non lo sapevo, ma lo immaginavo, non so perché immaginavo che non si devono scrivere storie come quelle, perché c'è sempre qualcuno che poi imita la finzione. che riesce a trasformarla in verità.
Il testo italiano presenta un'ottima cura (tra l'altro il mio volume ha fatto parte della promozione Feltrinelli 2 libri a 9.90€ e perciò che sia ben curato ma ad un prezzo molto basso colpisce ancora di più) sia nella traduzione, affidata a Vecchio per la sua conoscenza del Portogallo e dell'autore, sia nella completezza, dato che sono presenti sia una nota dello scrittore che una nota del traduttore e, inoltre, a fine volume è possibile leggere un elenco di ogni cibo portoghese nominato all'interno del testo (sono numerosissimi) descritto in modo didascalico e ottimamente comprensibile.
Con la letteratura portoghese sono ancora agli esordi, ma devo ammettere che questo testo, nella frenesia della scrittura, mi ha ricordato moltissimo il ritmo narrativo di Saramago, forse unico autore che ho letto sinora di questa nazionalità. Nonostante lo stile di scrittura non potrebbe essere più differente (ad eccezione dello snellimento dei dialoghi e dei segni che li denotano che, anche se differente, può ricordarlo) ho riconosciuto una medesima musicalità del linguaggio che, penso, sia assimilabile alla lingua originaria in cui è stato scritto il testo. Per questo tendo a credere che la traduzione sia ben riuscita.
Non prendertela, figlio mio, disse il mio Padre Giovane, hai fatto meglio così, meglio usare la penna che le mani, è un modo più elegante di dare cazzotti.
L'obiettivo personale e completamente privo di pretenziosità si può riconoscere anche nello stile di scrittura che è tra i più semplici possibili, sebbene ciò sia fatto con consapevolezza. Soprattutto nei dialoghi potrete trovare anche quegli errori e le contraddizioni tipiche della lingua parlata. Questo rende il tutto più realistico e fruibile, totalmente coerente con il contenuto del testo.
Avrei avuto voglia di pensare, ma non ne avevo voglia.
Non bisogna pensare, però, che quest'ultimo sia frivolo o semplice. Dagli incontri dell'autore con i diversi personaggi si desumono sia tematiche forti che colpiscono l'emotività (su tutti ne indico uno ma se non volete anticipazioni non leggete questa parentesi: l'incontro con il padre, ormai morto, dal quale Tabucchi sente l'esigenza di essere rassicurato: si è comportato da bravo figlio durante la sua malattia o avrebbe dovuto/potuto fare di più?) ed altre intelligenti e culturali che toccano psicologia, letteratura, politica, sociologia e molto di più.
... ma lasci che le dica che proprio dalla vigliaccheria sono nate le pagine più coraggiose del nostro secolo, pensi per esempio a quel cecoslovacco che scriveva in tedesco, ora non mi viene in mente il suo nome, non crede che abbia scritto pagine di un coraggio stupefacente? Kafka, dissi io, si chiamava Kafka. Lui, sì, disse, e tuttavia anche lui era un po' vigliacco.
In conclusione, trovo che Requiem sia stato un romanzo necessario per l'autore che, grazie alla sua dote, ha potuto così superare e volgere al meglio alcuni accadimenti importanti (e potenzialmente negativi) della sua esistenza. È un libro che si legge facilmente e anche molto velocemente ma, d'altro canto, è pressoché impossibile comprenderlo interamente senza conoscere molto bene Tabucchi sia dal punto di vista personale che letterario e anche il Portogallo (ambientazione rilevantissima e che fa capire anche il perché della scelta della lingua portoghese).
Per questi motivi penso che per apprezzarlo molto bisogni o riuscire ad accettare di non poter comprendere in toto e riuscire a lasciarsi andare senza cercare di interferire in alcun modo con la propria consapevolezza o essere profondi conoscitori dei temi sopracitati e riuscire così a fruirne al meglio. Se fate parte di una di queste due categorie il libro è caldamente consigliato e, sono sicura, sarà per voi indimenticabile.
Al contrario, se siete persone schematiche, che sentono la necessità di capire oltre che di sentire o che conoscono poco o niente dei temi trattati, potreste non trovarlo memorabile (ma quasi sicuramente lo trovereste, comunque, un piacevole intrattenimento).
Se potessi tornare indietro io sceglierei di leggerlo alla fine di tutta la bibliografia dell'autore, in modo tale, perlomeno, da comprenderne una percentuale più vasta e, perciò, mi sento di consigliarlo rendendovi bene evidenti queste possibili limitazioni.