Se non l'avessi conosciuto, non avrei nemmeno immaginato di poter incontrare qualcuno come lui: sarei stato ignaro e ignaro di esserlo. Felice, forse.
Il mese scorso ho letto uno degli ultimi libri pubblicati da NN Editore: 7 di Tristan Garcia.
Questo autore mi ha colpita talmente tanto da indurmi immediatamente in tentazione: volevo leggere assolutamente qualcos'altro di suo.
È per questo motivo che oggi, a nemmeno un mese di distanza, sono qui a parlarvi di Faber, un'opera che contiene al suo interno molti generi e che, a seconda del piano narrativo con cui lo si vuole leggere, può essere considerato un libro soprannaturale, un volume incentrato sul sociale e sulla filosofia o persino un romanzo di formazione.
Iniziamo dal titolo: chi è o cosa è Faber? È un uomo, ma non uno qualunque. È così speciale da cambiare le vite delle persone che lo circondano. È bellissimo, intelligentissimo e bravo in tutto. Un uomo, insomma, che appare più con un superuomo ma che, per le sue inclinazioni e particolarità, più che un Dio ricorda il Diavolo.
Lui non è l'unico protagonista della vicenda, sebbene sia l'epicentro di tutta la storia. Al suo fianco Basile e Madeleine, persone normali che vivono esperienze speciali che li cambieranno per sempre.
Ognuno di loro è ben caratterizzato e si fa conoscere nel bene e nel male.
Non ho mai conosciuto nessuno intelligente come Faber.
Chiaramente la sua intelligenza sconfinata, a cielo aperto e senz'altro limite che la possibilità di tutto e chissenefrega, era una maledizione.
La struttura del romanzo, per quanto non eclettica come quella di 7, è curata e attenta. Il passato e il presente vengono alternati all'interno di macrocapitoli (rendendo il tutto chiaro e non rischiando di confondere il lettore). La suspense in questo modo, per quanto non si tratti di un thriller, è assicurata: quando la nostra attenzione è totalmente catalizzata nello scoprire cosa succederà in una delle de epoche veniamo ricatapultati nell'altra e, nessuna delle due fa calare l'interesse del lettore, anzi, più si prosegue e più si vorrebbe poter leggere tutto nello stesso momento per poter avanzare parallelamente con entrambe le storie.
La trama verte principalmente sull'esistenza di Faber: mentre nel passato si parla del cambiamento che Mornay (la cittadina immaginaria in cui è ambientata la storia) ha subìto grazie al suo arrivo, nel presente troviamo un Faber diverso che, grazie ai suoi amici, è tornato.
Lo svolgimento aiuterà a comprendere molte cose che, nelle premesse iniziali, non vengono totalmente svelate. Il romanzo, per quanto punti molto sulla valenza psicologica, sociale e filosofica della storia, è ricco di colpi di scena e accadimenti: non ci si può proprio annoiare.
È questo l'aspetto che amo particolarmente di questo nuovo autore: ciò che scrive ha un fine, vuole inviare un messaggio, ma non lo fa rendendo questa finalità palese e, soprattutto, pesante. Tristan Garcia racconta semplicemente una storia, noi siamo liberi di comprenderne tutti i risvolti riuscendo quindi a considerare Faber un'opera utile ed interessante, oppure possiamo soffermarci sul piano narrativo più superficiale, trovando comunque un intrattenimento divertente e molto piacevole.
Ho capito che ero un provinciale e che probabilmente lo sarei rimasto. Questo significava che esistevo solo a metà, che ero in parte già morto. Mi sentivo intorpidito, paralizzato da un lato. Questa vita mista a non-vita era il mio destino. E questo destino mediocre mi piaceva.
L'incipit del romanzo ha un tono ben più serio rispetto a quello che potrete trovare al suo interno, non bisogna farsi spaventare da quelle che potremmo considerare idee politiche perché lo scopo dell'autore (ben chiaro durante questa lettura e quella di 7) non è quello di catechizzare i propri lettori a una particolare visione politica, sebbene quella di Garcia possa essere desumibile con le sue parole.
Personalmente, non apprezzo i libri scritti a questo scopo (indifferentemente dallo schieramento) e mi sento, perciò in dovere di escludere Faber da questa categoria.
Il finale del libro è ciò che chiude il cerchio, ciò che dà un senso a tutta la storia. Questa volta, trattandosi di una trama più lineare è semplice capire, sin dallo svolgimento, tutti i dettagli della trama ma, con la conclusione, viene aggiunto un pezzo di puzzle importante, fondamentale per farsi un'idea completa dell'opera.
Come ho già anticipato, il libro è ambientato in una cittadina francese di fantasia: Mornay. L'autore la descrive più per le sue caratteristiche psicologiche che estetiche, rendendo perfettamente il concetto che voleva esprimere; quello di una cittadina di provincia, come ce ne sono tante, con nessun ruolo rilevante nel mondo, se non per coloro che ci abitano.
Mornay è una città bella, ma malata: la goccia scava la pietra. A dire il vero la città è come un giorno di pioggia, specialmente quando fa bel tempo. Questo posto non è altro che una domenica umida di primavera, verso l'età di dieci anni. Dopodiché non vale niente. Incontinente e borghese.
Apprezzabilissima anche l'atmosfera che non cambia mai e ci fa assaporare, una dopo l'altra, sensazioni già provate in precedenza. La resa dei personaggi ci permette di immedesimarci in loro (persino a chi non ci assomiglia affatto), inducendoci a percepire i loro sentimenti. Inoltre l'atmosfera generale è potente: si percepisce ben oltre la semplice trama. È proprio per questo che ho voluto considerarlo anche un romanzo di formazione perché, a suo modo, riporta molto al concetto di amicizia, crescita e paura del cambiamento che spesso associo a questa tipologia di opere.
Ho pensato che mai, in nessun mondo possibile, sarebbe potuto girare. Eravamo destinati a essere adulti.
Lo stile di Garcia è particolare: né semplice, né complicato, difficile da definire. L'autore utilizza parole a volte anche ricercate, con una scioltezza tale da renderle giuste in un contesto che, solitamente, non assoceremmo a questo tipo di linguaggio. Il binomio profondità/intrattenimento che si può percepire nella trama lo si sente anche in questo elemento. Garcia non sfocia mai né nell'ampollosità né nella frivolezza. Ancora una volta un sentito grazie ai traduttori di NN Editore che riescono sempre a rendere nel modo migliore possibile le parole scelte dagli autori stranieri.
Io sono una persona piuttosto schematica, programmo sia le letture sia le loro tempistiche. Capita di rado che io riesca a finire un libro più velocemente di quanto abbia deciso, perché i tempi che mi concedo (conoscendo la mia velocità di lettura) sono sempre molto corti. Eppure, per quanto mi sia sforzata, ho finito di leggere Faber molto più velocemente di quanto avrei voluto, tanto da rimanerci male nello scoprire di averlo finito così presto. Il mio ritmo di lettura perciò è stato molto rapido.
Al contempo, penso che questo non sia un romanzo oggettivamente veloce. La profondità di alcuni argomenti e, soprattutto all'inizio, l'incapacità di avere una quadro completo della storia, potrebbero frenare alcuni lettori. Ho già notato con 7 che Garcia, all'inizio di una storia, tende a crescere piano piano, non stregando da subito.
Penso, perciò, che chi inizierà la conoscenza di Garcia con questo libro potrà, forse, avere un ritmo lento nelle prime pagine, per poi farsi catturare completamente.
Penso che questo romanzo non possa essere apprezzato allo stesso modo da tutti: sicuramente ci sarà chi verrà bloccato dalla trama (originalissima) e non avrà l'opportunità di vedere oltre e, allo stesso tempo, alcuni lettori presagendone le implicazioni filsofico/sociali potrebbero spaventarsi perché non si tratta di una lettura semplice. Eppure, trovo che questo romanzo, e Garcia in generale, abbia molto da dire e che, se ascoltato senza pregiudizi e attentamente, potrebbe arrivare a chiunque.
Io mi sono ufficialmente innamorata di questo narratore-filosofo; all'interno dei suoi libri trovo tutto ciò che, secondo me, dovrebbe esistere in un buon romanzo: una bella scrittura, una trama intrigante e un livello di lettura profondo che porta a riflettere. Per questi motivi lo consiglio a tutti voi.
Ultimissima particolarità che voglio indicare è l'enorme parallelismo che si può trovare tra 7 e Faber. Le storie sono enormemente diverse, e pure ci sono elementi (talmente importanti da non poterveli esplicitare senza anticiparvi qualcosa di importante) che le rendono quasi come due facce della stessa medaglia. Trovo difficile che un lettore possa apprezzare l'uno e non l'altro.