Perché alla fine, tutto è collegato, o sembra che lo sia, o sembra che lo sia solo perché lo è.
Oggi torno al mio amato Don DeLillo e lo faccio con Underworld, tomo di 880 pagine che possiedo da molto ma che, a causa della sua mole, mi ha sempre spaventata.
Ero molto curiosa di leggere quest'opera DeLilliana perché nel 1998 è arrivata tra le tre opere finaliste del Premio Pulitzer per la narrativa, perdendo contro Pastorale americana di Philip Roth, altro romanzo che ho letto ed apprezzato particolarmente. Ho sempre avuto la curiosità di giudicare io stessa le due opere e decidere se anche io al posto della giuria, avrei fatto la medesima scelta. La mia risposta la troverete nella conclusione della recensione.
Partiamo subito con il dire che i libri di DeLillo non sono fatti per ogni tipo di lettore. Si tratta in assoluto dell'autore meno commerciale che io abbia mai letto. Il caro Don dà l'impressione di scrivere qualcosa per lui, il lettore può capire o meno, ma lui manterrà sempre la sua linea, non dando importanza a quanti riusciranno a fare il tragitto insieme a lui.
Questo aspetto, che apprezzo particolarmente, è il motivo per cui DeLillo è un romanziere per pochi. Penso sia più semplice odiarlo che amarlo e, sicuramente, non è un autore che si capisce al volo.
In un romanzo di Don DeLillo bisogna aspettarsi sempre e comunque quelli che io ormai considero le caratteristiche fondamentali del postmodernismo, di cui lui è fiero caposaldo:
- dialoghi e riflessioni apparentemente estranei alla trama principale e legati a preoccupazioni ambientali/politiche/economiche legate al futuro (in questo libro si concentrano prevalentemente su spazzatura e bomba atomica)
- teorie del complotto e dietrologia (della quale l'autore qui parla esplicitamente)
- riferimenti a ciò che non funziona nel mondo che potrebbe portarlo al collasso totale, contrapposti all'arte (in questo caso la Pop Art)
Il messaggio, insomma, sebbene sia interpretabile e da scovare, è fondamentale per questo scrittore ed incide fortemente anche sull'atmosfera che rimarrà sempre cupa, oltre che nostalgica. Spesso Don DeLillo e Paul Auster vengono accostati proprio perché entrambi postmoderni, eppure trovo che sia proprio quest'ultimo aspetto a tenderli totalmente contrapposti, rendendo il primo complicato da leggere e il secondo apparentemente leggero e di semplice lettura.
Nonostante questi elementi siano presenti, numerosi ed importanti anche in Underworld, paradossalmente in questo volume massiccio lo spazio per approfondirli e ripeterli è stato ridotto, rendendo il tutto più scorrevole e meno pesante.
Lo stile di DeLillo, inoltre, ha subìto in questa storia un'evoluzione totale; si lascia andare ad esercizi di stile solitamente solo accennati, mostrando la sua enorme abilità (per me solitamente troppo soffocata dal messaggio), nel giocare con le parole e farne quello che vuole.
Un Don DeLillo nuovo, dunque, sebbene ogni sua caratteristica tipica, positiva o negativa, sia presente anche in questo testo.
Questo non significa che sia più godibile per chiunque, ho letto moltissime opinioni che dicono di Underworld "è come se scrivesse per il piacere di mostrare la sua abilità nel farlo". Questo in parte è vero (e per me nessun grande autore si può esimere da questa "colpa") ma non è tutto: come ho già spiegato DeLillo va capito, è ben più ermetico di altri suoi, altrettanto validi, colleghi.
Altro aspetto che complicherà la vita alla maggioranza dei lettori (e che io amato più di tutto) è la struttura del romanzo.
La storia di questo libro è complessa, piena di punti di vista differenti e ricca di personaggi. Lo stile passa dalla prima alla terza persona o al diario con velocità sorprendente. Tutto questo, però, sarebbe facilmente comprensibile se non fosse che l'autore ha deciso di raccontarci tutto in tempistiche sfasate. Ogni nuova parte parla di anni che vengono stabiliti sin da subito nella copertina della stessa, ma non segue un ordine cronologico. Inoltre, in ogni parte del testo il soggetto protagonista può cambiare in qualsiasi momento (in alcuni frammenti cambia ad ogni capitolo, in altri quando vuole) e, come se non bastasse, bisogna aggiungere che, da metà in poi, vi saranno anche lunghi e dettagliati flashback. Qui di seguito vi riporto titoli e date in ordine di come li troverete nel romanzo, per comprendere le montagne russe che DeLillo ha stabilito di farci sperimentare durante la lettura, sebbene durante la lettura questo aspetto si possa notare molto di più che leggendolo da un elenco:
Prologo (3 Ottobre 1951)
PARTE PRIMA, Long Tall Sally (Primavera - Estate 1992)
Manx Martin (continua il prologo)
PARTE SECONDA, Elegia per sola mano sinistra (Metà Anni Ottanta - Primi Anni Novanta)
PARTE TERZA, La nube della non conoscenza (Primavera 1978)
Manx Martin 2
PARTE QUARTA, Cocksucker Blues (Estate 1974)
PARTE QUINTA, Cose migliori per una vita migliore grazie alla chimica (Frammenti scelti pubblici e privati degli Anni Cinquanta e Sessanta)
Manx Martin 3
PARTE SESTA, Composizione in grigio e nero (Autunno 1951 - Estate 1952)
Epilogo
Quanto appena detto implica che il lettore dovrà essere perennemente concentrato durante la lettura perché dovrà riconoscere tutti i riferimenti inseriti dall'autore e dovrà ricordare cosa è successo e, soprattutto quando, a quel determinato personaggio, ricostruendo le loro storie pezzo per pezzo.
Ultimo concetto fondamentale per completare il quadro principale del romanzo è necessariamente l'ambientazione.
Nonostante le date siano sfasate e il luogo cambi spesso, il lettore non faticherà a comprendere l'importanza di questo elemento.
DeLillo, infatti, inserisce all'interno del testo innumerevoli eventi ed accadimenti di minore o maggiore rilevanza negli Stati Uniti di quegli anni, anche se in mezzo a loro ci saranno anche storie di pura invenzione che si mescolano talmente bene con il contesto da rendere impossibile la comprensione di cosa è vero e cosa potrebbe esserlo ma non lo è.
È veramente difficile riconoscere ogni riferimento e sapere interamente di cosa stia parlando senza fare qualche ricerca al riguardo, specialmente per un lettore italiano non appassionato di Storia Contemporanea Americana.
Underworld di DeLillo è profondamente radicato al proprio territorio e ai propri tempi, provocando nostalgia a chi conosce tutto questo e insegnando tante cose a chi non conosce l'America vera, quella che vivono le persone giorno per giorno.
È, dunque, un testo molto utile, che andrebbe letto e riletto per riuscire ad immagazzinare tutte le informazioni.
Questo è anche il volume in cui si sente maggiormente l'origine italiana dell'autore, tramite l'utilizzo di frequenti parole scritte in italiano e mediante scene che descrivono e spiegano le differenze di cultura e ceto sociale dei personaggi. Dopo aver apprezzato Auster e Roth che parlano delle condizioni di vita degli ebrei in America, non posso che benvolere questo aspetto relativo ai primi emigrati italiani.
Deriva da questo, oltre che dall'abilità dell'autore, l'ottima resa dei personaggi, tutti diversi tra loro ma sempre caratteristici e bidimensionali, hanno perciò quegli aspetti che definiremmo stereotipati (inseriti appositamente e non per incapacità), che vengono contrapposti ad una profondità (spesso legata al dolore o a sensazioni negative) inaspettata, che sorprende ogni volta, mostrandoci come chiunque, anche una persona apparentemente semplice da valutare, abbia dentro di sé un mondo di contraddizioni.
Da tutto ciò che ho detto, comprenderete che il ritmo di lettura è talvolta molto lento mentre, in alcuni momenti, procede più speditamente.
Sarebbe bene riuscire a leggere questo volume in tempistiche non troppo lunghe, perché ogni collegamento rischierebbe di essere dimenticato, se lasciato da parte per molto.
Io l'ho terminato in meno di una settimana, nonostante volessi farlo durare per più tempo, quindi, penso che se riuscirete ad entrare in connessione con l'autore (e non ho dubbi che chi ha già letto altro di suo e l'ha apprezzato, possa riuscirci con facilità), non avrete alcuna difficoltà a terminarlo con buone tempistiche e a comprendere tutti i collegamenti.
Sin dall'incipit potrete comprendere lo stile dell'autore, sebbene le sue caratteristiche più particolari si possano notare solo verso la metà del testo.
La trama principale è quella di una pallina da baseball che passa di mano in mano ad alcuni dei personaggi presi in considerazione, fungendo quasi da filo rosso del destino, accompagnandoli epoca dopo epoca. Non compratelo, però, solo a questo fine perché, di certo, non è questo il punto focale della narrazione.
Molti sono i riferimenti ad altre opere dell'autore, soprattutto a L'Angelo Esmeralda, antologia che vede l'omonimo racconto rappresentato anche in questo volume.
Il finale, per quanto possa apparire incredibile visto il numero di pagine, lascia con l'amaro in bocca, perché sono tante le cose che avremmo voluto sapere e che, invece, non sono riportate. DeLillo ha consapevolmente deciso di riportarci le scene frammentate, ma anche così avrebbe potuto aggiungere molto di più.
In conclusione, Underworld di DeLillo è un romanzo che mostra cura, capacità stilistica, ricerca e bravura. È stato, secondo la mia esperienza da lettrice esterna, il romanzo americano per eccellenza e, dato che la finalità del Pulitzer è premiare proprio questo aspetto, io lo avrei assegnato proprio a lui. Sia questo che Pastorale americana sono due perle della Letteratura e, sebbene entrambe possano non piacere a chiunque, ritengo che l'opera Rothiana possa essere più semplice e scorrevole per la maggioranza.
Per questo motivo lo consiglio solo ai lettori forti, che non si spaventano ad affrontare un'opera tosta, più nella comprensione del contenuto nascosto che per la mole. Credo che questo romanzo vada letto, ma è fondamentale farlo nel momento giusto, come sono riuscita a fare io.
Se già amate DeLillo, lo apprezzerete ancora di più in quest'opera.