Povera, sì. Debole, anche. Stupida, no. Non sono stupida.
I cieli di Philadelphia di Liz Moore, uscito il 21 maggio per NN Editore, è un ottimo poliziesco ma anche molto molto di più.
La sorpresa più grande che vi riserberà questo libro, infatti, sarà proprio relativa alla sua completezza: ogni elemento è talmente curato e lavorato da far sembrare impossibile che l'opera finale possa uscirne equilibrata e parimenti interessante, invece, è proprio ciò che succede.
Andiamo con ordine: il genere.
È piuttosto semplice classificare questo testo come un poliziesco (o una detective story, se vi piace di più il termine inglese); la protagonista, nonché narratrice, è un'agente di pattuglia che, sin dalle primissime pagine, avrà a che fare con il caso generalmente più quotato: un omicidio.
Nella struttura della storia la protagonista incontrerà tutte le fasi che rendono ben costruito e avvincente un romanzo di questo genere, molti di essi non posso indicarveli perché anticiperebbero la trama ma indubbiamente li riconoscerete anche voi durante la lettura, perciò mi limito a quello che comprendete immediatamente: l'indagine a doppio binario.
Infatti, anche in I cieli di Philadelphia come nella stragrande maggioranza dei noir il caso lavorativo non è l'unico su cui lavora la protagonista; ce n'è anche uno personale che la coinvolge emotivamente e in primissima persona: Mickey, la nostra protagonista, sta cercando sua sorella Kacey.
Spesso e volentieri i due casi trattati in questi libri finiscono per intrecciarsi e diventare un unico mistero: lascio a voi scoprire se succederà anche in questo romanzo!
Ultimo, ma non per importanza, elemento fondamentale del testo, per quanto riguarda il genere sono i colpi di scena. Nonostante questo romanzo non possa essere considerato un thriller (il ritmo serrato alla fine c'è, così come l'azione, ma inizialmente vuole essere molto più introspettivo e psicologico) non mancano né i cliffhanger, cioè dei finali di capitoli che agganciano il lettore "obbligandolo" a continuare per sapere cosa succederà, né i plot twist, cioè dei veri e propri colpi di scena che, talvolta, cambiano completamente le carte in tavola. Quello più importante è sicuramente relativo al colpevole, che personalmente non avevo indovinato e che ho trovato particolarmente azzeccato. Anche la vita privata della protagonista ci viene svelata pian piano e, grazie alla struttura, anche questa sarà ricca di sorprese.
So dove stiamo andando e la cosa non mi stupisce, ma dentro di me cresce un senso di terrore. Non voglio conoscere la verità.
La struttura scelta dall'autrice, infatti, ha una doppia valenza. Tutto il testo è diviso in "allora" e in "adesso", dove l'adesso parla dell'indagine presente e l'allora ripercorre la vita della protagonista dalla più giovane età fino ad arrivare a pochi anni prima di ciò che sta succedendo ora. All'inizio del libro le due parti si alternano spesso (anche se l'allora è tendenzialmente più breve), mentre con il proseguo della storia l'alternanza si dirada maggiormente. Queste due parti sono ben divise e rimarcate, perciò è impossibile confondersi e la parola "adesso" è sempre scritta su una pagina nera, scelta che permette di far capire al lettore dove si collocano perché le si nota anche guardando il volume da chiuso.
Il primo motivo per cui questa struttura è ottima è dovuto alla creazione della suspense: in questo modo, costretti ad abbandonare l'adesso per l'allora (e viceversa) sentiremo ancora più acuta la voglia di andare avanti e scoprire cosa succederà in ambedue le parti, inoltre spesso ciò che scopriremo in una delle due ci aiuterà a capire meglio ciò che è già successo nell'altra, mostrandoci una chiave di lettura che noi non sapevamo servisse, ma che di fatto riusicrà a cambiare la nostra interpretazione di una scena.
Il secondo motivo per cui la struttura è importante è per l'introspezione della protagonista, che noi sentiremo di conoscere benissimo proprio grazie all'evidente percorso di crescita, maturazione, ma anche di trasformazione che le vedremo fare. Lo stesso vale per le relazioni tra i personaggi.
I giorni che passano nella storia presente e gli anni di distanza tra gli eventi del passato vengono chiaramente esplicitati ma mai in maniera ferrea e ripetura: il lettore potrà perciò farsi un'idea precisa e attenta, senza però notare schematicità e, quindi, un'eccessiva costruzione, in ciò che succede.
Essendoci una narrazione in prima persona (è direttamente Mickey a parlarci) abbiamo una visione parziale di ciò che succede e possiamo andare avanti solamente di pari passo con lei, che però ha il vantaggio di sapere sempre anche il suo passato, che noi invece scopriremo piano piano. Questo è positivo per il lato detective story, perché vediamo il percorso da lei fatto con i suoi occhi e, perciò, riusciamo a seguire le sue deduzioni e a non sapere troppo (e a cascarci quando sbaglia!), ma non diventa un limite per la caratterizzazione degli altri personaggi: sicuramente li impariamo a conoscere con i filtri con cui li vede la narratrice, ma lei è una persona molto riflessiva e attenta e, inoltre, la conosciamo talmente bene da riuscire persino a comprendere quali siano i suoi limiti, perciò, quello che vediamo è più che sufficiente sia per capire la psicologia dei personaggi sia per immaginare ciò che Mickey non vede ma che si può dedurre dai loro comportamenti. La sorella Kacey è il personaggio che maggiormente racchiude queste due verità: è al contempo la persona che la narratrice conosce di più e che, perciò, racconta al meglio e allo stesso tempo quella che capisce meno e che perciò viene giudicata più duramente.
Un altro elemento in cui Liz Moore eccelle in questo testo è l'ambientazione. I cieli di Philadelphia è ambientato, come da titolo (in inglese però si chiama Long Bright River) a Philadelphia ma non nell'intera città: è il distretto di Kesington quello battuto dall'agente di pattuglia Michela Fitzpatrick e, di conseguenza, quello che ci viene maggiormente mostrato e descritto. A questo proposito l'autrice non lascia niente al caso e nemmeno alla nostra forza di volontà: difficilmente avrete bisogno di cercare informazioni per comprendere di cosa sta parlando, perché l'autrice ci spiega tutto riuscendo, anche qui, ad essere completa senza mai essere prolissa. Potrete comprendere a fine volume, nei suoi ringraziamenti, quanto sia stato il lavoro di ricerca fatto a questo riguardo.
Kensington è uno dei quartieri più recenti di quella che, per gli standard americani, è l'antica città di Philadelphia. È stato fondato negli anni Trenta del Settecento da un inglese, Anthony Palmer, che aveva acquistato un anonimo pezzo di terra e l'aveva battezzato con il nome di quello che all'epoca era il luogo di residenza preferito delle monarchia britannica (forse anche Palmer era un bugiardo. O, se vogliamo essere più gentili, era un ottimista).
All'interno del testo vengono citati autori e film, specialmente di gialli/polizieschi ma non solo (le opere più importanti ai fini della storia sono sicuramente le fiabe dei fratelli Grimm, Il Padrino e Lo Schiaccianoci) che saranno parte integrante della personalità della protagonista. Alla fine del volume leggendo uno di quei titoli non solo saprete cosa significano per voi, ma anche ciò che ricordano o simboleggiano per lei e vi accorgerete che Mickey nella vostra memoria sarà conosciuta quanto una persona reale, un'amica di cui sapete tante cose e a cui siete affezionati.
Avevo incorniciato le mie frasi preferite di alcuni libri che amavo e le avevo appese alle pareti. Avevo girato tutte le librerie per comprare i libri che da bambina nessuno mi aveva mai letto a voce alta. Glieli leggerò tutti, pensavo, tutte le volte che vuole, e anche di più. Non gli dirò mai di no.
Il finale continua la coerenza di tutto il resto del volume che rappresenta la vita, quella vera, che toglie e dà e per questo è sia dolce che amaro.
In conclusione, I cieli di Philadelphia di Liz Moore è un libro che funziona per tanti motivi diversi (la trama, l'introspezione della protagonista, la resa dell'ambientazione) che anche presi da soli sarebbero bastati a rendere efficace e consigliabile questo testo, ma che presi tutti insieme e così ben bilanciati sorprendono e disarmano il lettore ma soprattutto il recensore: si potrebbe parlare a lungo anche solo di un unico aspetto e, comunque, non gli si potrebbe rendere giustizia.
Ci sono tantissimi altri elementi fondamentali: la spiegazione di come la droga entri nella vita delle persone, delle fasi che passa chi ne è dipendente e cerca di uscirne, di ciò che succede ai rapporti interpersonali intaccati da questa ossessione, il rapporto madre/figlio e l'attaccamento quasi animale che si può provare per una creatura che si vuole proteggere, il rapporto speciale che si instaura tra sorelle, la forte impronta lasciata dall'assenza delle figure genitoriali, e anche la lotta tra senso di responsabilità e bisogno di essere felici.
Troppe purtroppo per essere analizzate una ad una (e anche potenzialmente troppo "anticipatrici" rispetto alla trama), ma ve le ho almeno elencate per farvi capire il mondo racchiuso all'interno di queste 460 pagine.
«Il fatto è che nessuno vuole stare solo» dice. «Non importa che tu sia pulito o sobrio, vuoi che la persona che ami sia nella tua stessa situazione».
Per questi motivi non posso che consigliarlo: trovo che in questo testo ci sia talmente tanto che, al di là di ciò che cercherà, ogni lettore potrà trovare qualcosa di importante al suo interno.