TRAMA IN BREVE

Fino a quando la Terra sopporterà ciò che le facciamo sopportare? Quanto manca all'inevitabile vendetta della Natura nei nostri confronti? Per Lydia Millet il tempo è poco, pochissimo e ci mostra a cosa potremmo andare incontro in un futuro che assomiglia tantissimo al nostro presente.

INCIPIT

Una volta siamo stati al lago per tutta l'estate. Nel bosco c'erano le case sugli alberi e sull'acqua c'erano le barche.
Bastava una canoa piccolissima per arrivare all'oceano. Attraversavamo il lago remando, oltre la palude, lungo il torrente, fino a raggiungere la foce, dove l'acqua incontrava il cielo. Correvamo sulla spiaggia nella brezza salata, lasciando le barche sulla sabbia.

RECENSIONE

Una volta lasciavamo che facessero tutto loro, lo davamo per scontato. Poi era arrivato il giorno in cui avevamo fatto da soli.

I figli del diluvio di Lydia Millet, è l'ultimo romanzo portato in Italia da NN Editore.
È stato proclamato uno dei dieci libri più belli del 2020  dal The New York Times ed è tradotto da Gioia Guerzoni che, nella nota del traduttore a fine volume, racconta la sua personale interpretazione del testo.

La lettura di questo libro, apparentemente normale, può risultare straniante: se da un lato la realtà descritta è talmente simile alla nostra da non darci alcun motivo di inquietudine, dall'altra ci accorgiamo che potrebbe essere considerato un distopia ambientalista.
Infatti, il mondo raccontato è il nostro, ma è molto più in bilico di quanto vorremmo a livello climatico. È facile inquietarsi e chiedersi: sono loro avanti (ma non troppo) sulla nostra linea del tempo o la situazione è già arrivata fino a questo punto e non ce ne siamo accorti?

In quel periodo, come molti di noi, stavo venendo a patti con la fine del mondo. Il mondo che mi era familiare, perlomeno.
Gli scienziati dicevano che stava per finire, i filosofi che stava per finire da sempre.
Gli storici dicevano che c'erano già state epoche oscure. Tutto si sarebbe risolto comunque, perché alla fine, se eri paziente, l'illuminazione sarebbe arrivata, insieme a una vasta gamma di aggeggi Apple.
I politici sostenevano che sarebbe andato tutto bene, che stavano prendendo misure risolutive. La nostra ingenuità umana, così come ci aveva fatto finire in questo gran casino, così ce ne avrebbe tirato fuori. Forse sempre più auto sarebbero diventate elettriche.
Era da quello che si capiva quanto era grave la situazione. Perché era ovvio che stavano mentendo.

Quello che è certo è che ciò che succede nel romanzo, l'arrivo di un diluvio, ha un sentore biblico (ancora più marcato nel titolo originale, A Children's Bible) che si estrinseca anche nelle parole di un giovane personaggio, Jack, fratello della protagonista/narratrice e un Greta Thunberg in nuce: amante della natura e degli animali, reinterpreta la Bibbia in chiava naturalistica. Non mancano riferimenti al parallelismo tra questa storia e quella del diluvio universale che porteranno anche ad un'aura di mistero potenzialmente (ma non necessariamente) soprannaturale.

«Nel libro parlano di Dio» dice Jack. «Ma io e Shel l'abbiamo capito. Dio è una parola in codice. Abbiamo capito!».
«Ma non mi dire» fa Jen.
«Dicono Dio ma vuol dire natura».
Shel fa il segno.
«E noi crediamo nella natura» traduce Jack.

L'effetto straniante, più che davanti alla consapevolezza della possibile fine del mondo dei personaggi, inizia con con la conoscenza della struttura socio-culturale in cui vive Evie, la giovane protagonista, insieme ai suoi amici e ai loro genitori.
I bambini e ragazzi (ognuno di età diversa), infatti, sono  intelligenti e profondi, vivono in modo estremamente indipendente per essere "solamente" una lunga vacanza al lago e, inoltre, mostrano da subito nei confronti dei genitori un disprezzo ed un fastidio che solo all'inizio può essere scambiato come la tipica fase di "ribellione adolescenziale". Questo sentimento è profondo, è durevole, e definitivo.
A stupire più di tutti sono poi loro, gli adulti, che sembrano non accorgersi di nulla, non interessarsi a sufficienza della sorte della loro prole e aver attivato una modalità autodistruttiva simile al limbo fatta di solo sesso, droga ed alcool.

Adoravano bere: era il loro passatempo preferito, oppure, secondo uno di noi, una forma di culto. Bevevano vino e birra e whiskey e gin. E anche tequila, rum e vodka. A mezzogiorno lo chiamavano 'chiodo schiaccia chiodo'. Li teneva tranquilli, a quanto pare, o perlomeno svegli.

Tutto questo si rileva in modo lento: non succede tutto subito e la consapevolezza del lettore cresce piano piano. Ci vuole del tempo sia a comprendere, sia ad immagazzinare, sia a credere a ciò che leggiamo perché i ruoli sono esattamente l'opposto di quello che ci aspetteremmo; mentre i ragazzi sono proattivi e pensano al futuro, devono pensare anche agli adulti diventati totalmente schiavi delle proprie certezze materiali da non volerle più abbandonare, anche se questo significa perdere tutto.
Questo ribaltamento dei ruoli fa male, si desidera negarlo, non vederlo.

I genitori avevano adottato la tattica del rifiuto. Non tanto della scienza – erano progressisti dopotutto. Era proprio il rifiuto della realtà. Alcuni ci avevano mandato ai corsi di sopravvivenza, dove i più fortunati imparavano a fare i nodi, a dar ripartire un motore, persino a sterilizzare l'acqua stagnante senza un filtro chimico.

Tutto si fa più chiaro con l'avanzare della storia, fino ad arrivare un finale chiarificatore che indicherà anche a noi la direzione da prendere.

Sono tantissimi i riferimenti alle tematiche calde del momento: oltre all'ambientalismo si parla anche di omofobia e maschilismo, mostrando in modo leggero ma efficace come la nuova generazione, anche in questo, sia mentalmente più aperta e pronta a darsi da fare per mantenere i propri diritti.
Non mancano, però, anche le parti divertenti ed ingenue che mostrano il lato "bambinesco" dei giovani protagonisti della storia, rendendoli più umani e credibili nonostante la loro incredibile acutezza.

In conclusione, I figli del diluvio è un romanzo attualissimo che può piacere sia a lettori più giovani che a lettori più grandi e che può portare allo sviluppo di un pensiero critico che, lo capiamo più che mai dopo questa lettura, ci servirà per tutte le scelte quotidiane che influiscono sul nostro futuro.
È forse giunta loro di pensare alla Terra come ad un mondo dato per scontato e cominciare a fare attivamente qualcosa per evitare che quanto raccontato in questo testo possa diventare la nostra realtà.

Io ho faticato ad inquadrare la situazione e, a lungo, complice il fatto che la narratrice sia interna, non ho voluto vedere ciò che veniva raccontato.
Dal momento in cui la mia mente ha smesso di trattare come un gioco quello che, evidentemente, non lo era, sono riuscita a vedere il libro per quello che è: un messaggio.

CITAZIONI

Per un cervo, gli umani devono essere dei mostri. Certi umani, perlomeno. A volte, quando un cervo vedeva una persona, alzava le orecchie e rimaneva immobile come una statua, in attesa. Cauto, innocuo.
Cosa sei? chiedevano le orecchie dritte. E io, cosa sono?
A volte la risposta era, Sei morto.
E il cervo piega le ginocchia e crolla.

Avevamo un sistema di conteggio, una tabella al muro. Meriti e demeriti. Meriti per le cattiverie andate a buon fine, demeriti per qualcosa da punire con l'umiliazione.

Eravamo severissimi con i genitori e impartivamo varie misure punitive. Li prendevamo in giro, rubavamo e loro cose, contaminavamo cibo e bevande.
Non se ne accorgevano. Ed eravamo convinti che le punizioni calzassero a pennello con i loro crimini.
Anche se il peggiore di quei crimini era difficile da descrivere e quindi da punire: il fatto stesso che fossero così, l'essenza della loro personalità.

Io me ne sto a guardare i cavalloni e il cielo. È la mia attività preferita al mare. Cerco di scomparire nelle distese di acqua e aria, spingendo l'attenzione sempre più in alto, attraverso l'atmosfera, finché riesco quasi a immaginare di vedere la Terra.

Sento un battito di sollievo. Finché non mi rendo conto che è questo che sto inventando. La realtà è la febbre. E le ceneri.

Facciamo qualche esperimento per metterli in forma e usiamo persino la preziosa corrente elettrica per mettere la loro vecchia musica preferita e ballare come dementi nel tentativo di ispirarli. Era umiliante, ma ci avevamo provato lo stesso. Eravamo convinti che se avessero fatto un po' di esercizio, un po' di movimento, si sarebbero rianimati. L'avevamo letto in siti antiquati che parlavano di benessere emotivo.

QUARTA DI COPERTINA

Un’estate, un gruppo di famiglie si riunisce in una villa a due passi dall’oceano per trascorrere insieme una lunga vacanza. Per madri e padri significa passare il tempo tra vizi e alcol, in un infinito happy hour; mentre i figli, ragazzi e ragazze dai sette ai diciassette anni, lasciati a loro stessi, creano una comunità e si nascondono l’un l’altro l’identità dei genitori, cercando di non essere collegati in alcun modo a quegli adulti imbarazzanti. Ma l’arrivo di un diluvio devastante sconvolge i loro piani. Il piccolo Jack, ispirato da una Bibbia illustrata, decide di salvare più animali possibile; sua sorella Eve e gli altri ragazzini lo aiutano, raccogliendo viveri nelle case sugli alberi. Ma la tempesta infuria, distrugge la villa e le città, e per salvarsi i ragazzi sono costretti ad abbandonare i genitori, depressi e disorientati, per ritrovarsi da soli in un territorio caotico e irriconoscibile.Ironico e drammatico, crudo e fiabesco, I figli del diluvio è un romanzo vertiginoso, che parla di una società fragile che corre ciecamente verso il disastro, dove gli adulti hanno perso ogni visione e dove la speranza può esistere solo nella radicale innocenza dei bambini, che si affidano alla Natura trovando nuovi linguaggi, nuovi sguardi, nuove risorse per reinventare il mondo.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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