Una volta lasciavamo che facessero tutto loro, lo davamo per scontato. Poi era arrivato il giorno in cui avevamo fatto da soli.
I figli del diluvio di Lydia Millet, è l'ultimo romanzo portato in Italia da NN Editore.
È stato proclamato uno dei dieci libri più belli del 2020 dal The New York Times ed è tradotto da Gioia Guerzoni che, nella nota del traduttore a fine volume, racconta la sua personale interpretazione del testo.
La lettura di questo libro, apparentemente normale, può risultare straniante: se da un lato la realtà descritta è talmente simile alla nostra da non darci alcun motivo di inquietudine, dall'altra ci accorgiamo che potrebbe essere considerato un distopia ambientalista.
Infatti, il mondo raccontato è il nostro, ma è molto più in bilico di quanto vorremmo a livello climatico. È facile inquietarsi e chiedersi: sono loro avanti (ma non troppo) sulla nostra linea del tempo o la situazione è già arrivata fino a questo punto e non ce ne siamo accorti?
In quel periodo, come molti di noi, stavo venendo a patti con la fine del mondo. Il mondo che mi era familiare, perlomeno.
Gli scienziati dicevano che stava per finire, i filosofi che stava per finire da sempre.
Gli storici dicevano che c'erano già state epoche oscure. Tutto si sarebbe risolto comunque, perché alla fine, se eri paziente, l'illuminazione sarebbe arrivata, insieme a una vasta gamma di aggeggi Apple.
I politici sostenevano che sarebbe andato tutto bene, che stavano prendendo misure risolutive. La nostra ingenuità umana, così come ci aveva fatto finire in questo gran casino, così ce ne avrebbe tirato fuori. Forse sempre più auto sarebbero diventate elettriche.
Era da quello che si capiva quanto era grave la situazione. Perché era ovvio che stavano mentendo.
Quello che è certo è che ciò che succede nel romanzo, l'arrivo di un diluvio, ha un sentore biblico (ancora più marcato nel titolo originale, A Children's Bible) che si estrinseca anche nelle parole di un giovane personaggio, Jack, fratello della protagonista/narratrice e un Greta Thunberg in nuce: amante della natura e degli animali, reinterpreta la Bibbia in chiava naturalistica. Non mancano riferimenti al parallelismo tra questa storia e quella del diluvio universale che porteranno anche ad un'aura di mistero potenzialmente (ma non necessariamente) soprannaturale.
«Nel libro parlano di Dio» dice Jack. «Ma io e Shel l'abbiamo capito. Dio è una parola in codice. Abbiamo capito!».
«Ma non mi dire» fa Jen.
«Dicono Dio ma vuol dire natura».
Shel fa il segno.
«E noi crediamo nella natura» traduce Jack.
L'effetto straniante, più che davanti alla consapevolezza della possibile fine del mondo dei personaggi, inizia con con la conoscenza della struttura socio-culturale in cui vive Evie, la giovane protagonista, insieme ai suoi amici e ai loro genitori.
I bambini e ragazzi (ognuno di età diversa), infatti, sono intelligenti e profondi, vivono in modo estremamente indipendente per essere "solamente" una lunga vacanza al lago e, inoltre, mostrano da subito nei confronti dei genitori un disprezzo ed un fastidio che solo all'inizio può essere scambiato come la tipica fase di "ribellione adolescenziale". Questo sentimento è profondo, è durevole, e definitivo.
A stupire più di tutti sono poi loro, gli adulti, che sembrano non accorgersi di nulla, non interessarsi a sufficienza della sorte della loro prole e aver attivato una modalità autodistruttiva simile al limbo fatta di solo sesso, droga ed alcool.
Adoravano bere: era il loro passatempo preferito, oppure, secondo uno di noi, una forma di culto. Bevevano vino e birra e whiskey e gin. E anche tequila, rum e vodka. A mezzogiorno lo chiamavano 'chiodo schiaccia chiodo'. Li teneva tranquilli, a quanto pare, o perlomeno svegli.
Tutto questo si rileva in modo lento: non succede tutto subito e la consapevolezza del lettore cresce piano piano. Ci vuole del tempo sia a comprendere, sia ad immagazzinare, sia a credere a ciò che leggiamo perché i ruoli sono esattamente l'opposto di quello che ci aspetteremmo; mentre i ragazzi sono proattivi e pensano al futuro, devono pensare anche agli adulti diventati totalmente schiavi delle proprie certezze materiali da non volerle più abbandonare, anche se questo significa perdere tutto.
Questo ribaltamento dei ruoli fa male, si desidera negarlo, non vederlo.
I genitori avevano adottato la tattica del rifiuto. Non tanto della scienza – erano progressisti dopotutto. Era proprio il rifiuto della realtà. Alcuni ci avevano mandato ai corsi di sopravvivenza, dove i più fortunati imparavano a fare i nodi, a dar ripartire un motore, persino a sterilizzare l'acqua stagnante senza un filtro chimico.
Tutto si fa più chiaro con l'avanzare della storia, fino ad arrivare un finale chiarificatore che indicherà anche a noi la direzione da prendere.
Sono tantissimi i riferimenti alle tematiche calde del momento: oltre all'ambientalismo si parla anche di omofobia e maschilismo, mostrando in modo leggero ma efficace come la nuova generazione, anche in questo, sia mentalmente più aperta e pronta a darsi da fare per mantenere i propri diritti.
Non mancano, però, anche le parti divertenti ed ingenue che mostrano il lato "bambinesco" dei giovani protagonisti della storia, rendendoli più umani e credibili nonostante la loro incredibile acutezza.
In conclusione, I figli del diluvio è un romanzo attualissimo che può piacere sia a lettori più giovani che a lettori più grandi e che può portare allo sviluppo di un pensiero critico che, lo capiamo più che mai dopo questa lettura, ci servirà per tutte le scelte quotidiane che influiscono sul nostro futuro.
È forse giunta loro di pensare alla Terra come ad un mondo dato per scontato e cominciare a fare attivamente qualcosa per evitare che quanto raccontato in questo testo possa diventare la nostra realtà.
Io ho faticato ad inquadrare la situazione e, a lungo, complice il fatto che la narratrice sia interna, non ho voluto vedere ciò che veniva raccontato.
Dal momento in cui la mia mente ha smesso di trattare come un gioco quello che, evidentemente, non lo era, sono riuscita a vedere il libro per quello che è: un messaggio.