Il blu delle rose di Tony Laudadio è l'ultimo libro pubblicato da NN Editore, nonché il mio primo libro dell'autore.
Il romanzo è un distopico, ambientato non così lontano dal nostro presente, in cui la distopia consiste nelle conseguenze inevitabili create da una scoperta scientifica fatta proprio ai giorni nostri: il gene C. I possessori del gene C, per natura, non possono evitare di fare, prima o poi, qualcosa di sbagliato, illegale e proibito.
Per questo motivo, è stata pubblicata una nuova legge che impone l'aborto in caso di rilevamento di questo gene nel feto, per poter prevenire gli eventi criminali che, necessariamente, quel potenziale bambino, una volta diventato adulto, commetterebbe.
«Naturalmente il gene C non è l'unico elemento che porta un essere umano a delinquere. Tale tendenza è determinata anche da fattori ambientali, economici e sociali. In prospettiva, però, i numeri avrebbero confermato la teoria, innescando una sorta di circolo virtuoso. Laddove veniva a mancare la natura criminale, anche i fattori ambientali avrebbero influito meno, poiché si impongono in presenza di tale natura, e quindi sarebbero stati notevolmente più deboli in sua assenza».
La distopia tiene conto anche del periodo del lockdown che abbiamo appena vissuto, causa COVID, e, anche se non ne è direttamente legata, racconta alcune conseguenze negative che si ricollegano a questo periodo (lo svuotamento delle città, l'allontanamento sociale, la diffidenza verso gli altri ecc).
In tutte le città il centro era diventato spettrale, anche in seguito alla pandemia che aveva colpito l'intero pianeta e spostato le popolazioni fuori dalla città, portando a conseguenze estreme il principio di distanziamento sociale imposto alla fine del lockdown.
Il cambiamento del mondo per come lo conosciamo non viene scandito passo per passo ma raccontato di volta in volta a seconda delle scene vissute dalla protagonista. Di fatto, perciò, vediamo un mondo non troppo lontano dal nostro eppure già profondamente diverso (libri cartacei quasi spariti, cibo sintetico e insapore, situazione climatica ad alto rischio che costringe a vivere in casa per buona parte del tempo ecc...) che ci viene descritto in contrapposizione al nostro. Nella maggioranza dei casi non ci sono spiegazioni particolareggiate del perché del cambiamento avvenuto. Anche le abitudini vengono rimarcate, sia se modificate sia se rimaste le stesse, anche se dicotomiche rispetto alla nuova realtà (per esempio offrire bevande calde agli ospiti, mentre fuori c'è un caldo insopportabile).
Elisabetta non ricordava come avesse fatto la domotica ad arrivare fino a quel punto, ad avere quella capacità organizzativa, l'intuito e la prontezza nel riconoscere i desideri umani. Non ricordava più i vari passaggi, gli stadi di una tale evoluzione, e però ne era entusiasta.
La protagonista della vicenda è Elisabetta, unica donna ad aver fatto parte del team legato alla scoperta del gene C e, per questo particolarmente bersagliata da coloro che manifestano contro la nuova legge. La giovane donna appare piuttosto fredda; non è aperta all'amore, non ha un buon rapporto con la madre e pensa principalmente al proprio lavoro. Davanti ad argomentazioni sentimentali ed emotive non viene scossa: lei è per il raziocinio e le statistiche. D'altra parte si nota da subito come ciò che pensa e ribadisce sembri quasi scaturire da una volontà di auto convincimento che la riesce a salvare e proteggere dalle emozioni negative.
Il discorso le lacerava il raziocinio.
Lo stile ha molto in comune con lei, trattando direttamente i suoi pensieri, ed è dunque spigoloso, fermo e diretto.. Con il cambiare della protagonista e il suo mutamento, all'interno del testo cominciano a fiorire riflessioni molto contrastanti con quanto scritto in precedenza, spesso anche particolarmente poetiche e profonde, come se nascessero da una consapevolezza ben maggiore rispetto a quella avvertita sino a quel momento.
Dal profondo della sua memoria riemersero certi attimi, certi punti di svolta, certe scelte.. Rimpianti mai ammessi, dolorosi ma negati, sovrastati dalle convinzioni, giustificati da un'idea di se stessi che copriva la verità senza proteggerla. Lei li chiamava i punti blu. Quando li attraversava, il suo stato emotivo si faceva indecifrabile, stonato come una corda di chitarra lievemente calante, non proprio inascoltabile ma imprecisa e fastidiosa.
Particolarmente interessante è la struttura, dove i capitoli hanno titoli che iniziano sempre con "imparerai" e, soltanto alla fine, si comprenderà bene il perché di questa scelta.
Una volta presentata la situazione iniziale, i cambiamenti avvenuti sono drastici ed evidenti, piuttosto semplici da indovinare per chi conosce i romanzi distopici, anche perché sempre coerenti e ben costruiti.
Il ritmo di lettura è in crescendo ed è veramente veloce solamente nel punto finale in cui l'azione prende il posto della riflessione. Nel testo ci sono diversi avanti veloce, sia di mesi che di settimane, in cui non viene raccontato ciò che succede ma che si suppone leggendo il seguito. Le azioni della protagonista non vengono raccontate interamente per lasciare maggiore suspense.
Il titolo riporta a più riflessioni all'interno del testo sul colore blu e, nello specifico, all'esistenza delle rose dal colore blu. Questo aspetto è anche molto legato (non dirò in che modo per non anticiparvi nulla) al messaggio finale che se ne ricaverà.
Le ricordò la rosa blu. Durante il liceo, aveva scoperto, con una certa sorpresa, che le rose blu in natura non esistono e che quelle vendute dai fiorai sono sempre colorate artificialmente. Qualche anno dopo, aveva letto la pubblicazione di una genetista italiana che, in un'università olandese, era riuscita a isolare il gene che regolava i colori delle rose e, con un piccolo accorgimento epigenetico, aveva prodotto la prima rosa blu naturale geneticamente modificata.
Anche se non in maniera centrale, all'interno del libro vengono prese in considerazione tante tematiche diverse e particolarmente importanti per i nostri tempi: i pregiudizi sulle donne, l'immigrazione e l'avvento sempre più invadente della tecnologia nelle nostre vite.
Fondamentale è, ovviamente, la tematica legata alla natura umana: cattivi si diventa o si nasce?
«Insomma, concludendo, la scoperta del gene c ha cambiato e continua a cambiare il mondo e, pur non essendo mai cessati del tutto i boicottaggi e le polemiche, i dati oggettivi hanno ormai convinto anche i più scettici del concetto che sta alla base della scoperta: criminali, sostanzialmente, si nasce».
In conclusione, Il blu delle rose è un romanzo distopico e ambientato nel futuro (anche se prossimo) che rappresenta, però, molto bene, i temi caldi del giorno d'oggi e, forse proprio per questo, è molto facile immaginarne lo sviluppo. Sebbene la cura sia ottima e non vi siano problematiche oggettive da evidenziare, emotivamente non mi ha coinvolta, cosa che, ammetto, non mi aspettavo.
Per questo motivo è difficile comprendere se consigliarlo o meno, dato che si parla di "empatia" tra lettore e libro e quella si può creare o meno, a seconda di tantissimi fattori differenti che non dipendono esclusivamente dal romanzo.
Se cercate una lettura che si soffermi sulle tematiche sopra scritte, che mandi un messaggio forte, lineare e inconfondibilmente buono e positivo, potrebbe fare per voi!