Forse potrà sembrare una specie di fiaba. Ma non si tratta di una fiaba. Da nessun punto di vista.
Kafka sulla spiaggia è uno dei titoli più citati ed apprezzati di Haruki Murakami, scrittore giapponese di cui ho intenzione di leggere tutto ciò che è stato pubblicato qui in Italia.
Si tratta di un libro per me particolarmente complesso da valutare perché contiene al suo interno sia aspetti che mi hanno ammaliata sia altri che non mi hanno convinta e che non rientrano nei miei gusti personali. Con questa mia recensione cercherò di farvi capire se le sue peculiarità potranno essere per voi qualcosa di positivo o di negativo.
Che Murakami scriva bene l'ha dimostrato e lo riconferma in ogni romanzo. In questo volume, però, trovo che abbia dato il suo meglio. Con apparente semplicità riesce a donare ad ogni frase un'aura di mistero che lascia intendere sempre di più di ciò che effettivamente troverete scritto. Il realismo magico, che tipicamente si associa a questo autore, qui è portato all'estremo. All'interno del testo, infatti, troverete fatti decisamente concreti e talvolta anche cruenti ma, grazie al modo in cui sono scritti, li leggerete come qualcosa di ineffabile.
Lo stile di questo autore immerge in una bolla; la sensazione può piacere, perché è unica, o infastidire, perché non è abituale o è lontana da ciò che si cerca.
Indifferentemente dai gusti, credo che nessuno potrà dire di non aver provato nulla, di positivo o di negativo, leggendolo.
Io non sono uno che divora i libri. Leggo con calma, soffermandomi su ogni riga, apprezzando lo stile. Se lo stile non mi affascina, abbandono il libro a metà.
Essendo un testo ricco di filosofia e frasi importanti è inevitabile che il lettore ricerchi al suo interno un messaggio intrinseco che riesca a spiegare tutto o, comunque, che ci direzioni verso la comprensione del perché é stato scritto questo libro. E questo non arriva mai. O, perlomeno io, faticando anche, non sono riuscita proprio a trovarlo, pur avendolo letto in compagnia e, avendoci dunque riflettuto e dibattuto decisamente di più rispetto ad un qualunque altro libro. Nel lettore nasce una necessità di imparare qualcosa da questo testo che, al di là di informazioni utili di cui vi parlerò dopo, non si estrinseca in alcun tipo di insegnamento morale/psicologico/filosofico. La voglia del trovarcelo forzatamente è tanta e, alcune ipotesi, le ho comunque fatte anche io. La chiave sembra essere il concetto di metafora, ripetuto numerose volte.
– Il mondo è una metafora, Tamura Kafka. –
L'elemento perno del romanzo è, per me, la sua struttura. Prima di iniziare il capitolo successivo il lettore non saprà mai cosa ci troverà: né come punto di vista, né come struttura narrativa. A lungo andare lo schema si farà più lineare e si denoteranno due protagonisti principali, Tamura Kafka e Nakata.
Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi l'andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra col dio della morte prima dell'alba.
Inizialmente la varietà di capitoli e punti di vista renderà impossibile annoiarsi; il ritmo di lettura sarà veloce per ogni lettore (o quasi). Quando, invece, la narrazione diventerà più stabile alcuni lettori potranno trovare alcune difficoltà: i misteri si fanno sempre più fitti, la comprensione diminuisce e non ci sono più colpi di scena strutturali che portino alla lettura. Questo lo specifico perché ho parlato con diversi lettori che hanno avuto queste difficoltà, la mia esperienza personale è stata completamente diversa: ho notato i cambiamenti, ma se non l'avessi letto con scadenze prefissate sono certa che l'avrei terminato nel più breve tempo possibile, tanto mi ha ammaliata.
Il contenuto del testo e la sua trama, in questo testo, per me sono da trattare in maniera totalmente divisa. La trama è strampalata, strana, desueta e anche poco facile da spiegare senza dare anticipazioni: non si capisce nulla fino a metà romanzo e la comprensione totale non arriva mai. Quindi, mi limito a dire che vi sono i due protagonisti sopracitati; Kafka è un ragazzo di quindici anni che ha deciso di scappare di casa, Nakata è un uomo anziano che non sa leggere, scrivere e fare ragionamenti astrusi ma che ha un'incredibile capacità: sa parlare con i gatti.
Il mio quindicesimo compleanno mi sembrava il momento più adatto per scappare di casa. Prima sarebbe stato prematuro, ma aspettare oltre poteva essere rischioso.
L'originalità della storia, che forse si pensa di evincere con questi piccoli elementi, in realtà raggiungerà vette complicate da descrivere, senza ombra di dubbio è necessaria una mentalità aperta alle stranezze. Qui ciò che accade, più che capito, va accettato. Sarà in particolare lo svolgimento a creare le maggiori difficoltà, perché diverrà via via più evidente la scelta dell'autore di non voler fornire moltissime delle spiegazioni che, inizialmente, si spera di trovare.
Il contenuto del testo, invece, è altamente ricercato e colto. Si parla di libri, film, compositori, arte e opere musicali, essi non vengono solamente nominati, ma vengono anche spiegati da un punto di vista critico ed intellettuale (compreso anche Kafka, che non compare nel titolo casualmente). Non mancano anche proverbi e modi di dire tipicamente giapponesi che ci vengono spiegati anche nel significato. Leggere Kafka sulla spiaggia senza imparare qualcosa (specialmente al riguardo della letteratura giapponese) è assolutamente impossibile. Per quanto mi riguarda, Kafka sulla spiaggia è stato in primis cultura, e la trama mi è servita solamente come perno per avere uno stimolo a divorare il volume più velocemente.
L'ambientazione è il Giappone, si parte da Tōkiō e si arriva a Takamatsu. I riferimenti geografici sono tantissimi, così come quelli di strade e mezzi di trasporto. Per chi non conosce il Giappone, a meno che non abbia voglia di sfogliare cartine e mappe e/o di prendere appunti, gli spostamenti non saranno così semplici da seguire. Anche qui, immagino che i posteri avranno più fortuna di noi, perché i critici lo ricostruiranno con dovizia (e senza troppa fatica, dato che Murakami, in questo, sembra particolarmente puntiglioso). Io ho deciso di godermi il viaggio senza troppe ricerche, ad una rilettura (che sono certa rifarò fra molti anni) senza dubbio compirò un lavoro maggiormente analitico al riguardo.
Al di là di questi riferimenti, il Giappone si sente. Grazie ai proverbi, grazie al cibo (Murakami indugia in ogni libro su questo aspetto) e anche grazie ai riferimenti dello scrittore sulle differenze tra ciò che si fa e si mangia in un quartiere piuttosto che in un altro (anche questi sarebbe stati da annotare, perciò se siete particolarmente interessati vi consiglio di leggerlo accompagnati da carta e penna).
Fondamentali sono anche quelle che potremmo definire le sotto-ambientazioni, cioè il luoghi effettivi in cui si svolgono le vicende e persino il meteo legato ad alcune vicende.
– Io per sentirmi bene devo avere sia il mare che la montagna. Naturalmente non vale per tutti, ma credo che in genere si è molto condizionati dal proprio luogo d'origine. Il modo di pensare e sentire sono legati alla geografia, al clima, al vento dei posti dove uno è cresciuto.
In conclusione, Kafka sulla spiaggia di Haruki Murakami è un romanzo che mi ha colpita intellettualmente, ne sono stata stimolata e l'ho trovato, da questo punto di vista, un grandissimo romanzo. Come semplice lettrice, che vuole una storia interessante, capirla fino in fondo e sapere cosa e perché l'ha letto, invece, sono rimasta delusa. Non si può dire che Murakami abbia fatto qualche errore: ahimè devo ammettere che si capiva dall'inizio che il libro sarebbe stato "inconcludente" dal punto di vista più pratico, però è stato per me inevitabile pensare che mancasse qualcosa.
Le cose più importanti non si possono dire facilmente.
A conti fatti, io sono estremamente contenta di averlo letto perché a me interessa maggiormente il piano intellettuale che quello relativo all'intrattenimento e, sotto questo punto di vista, Kafka sulla spiaggia mi ha dato qualcosa che non trovavo da tempo. Non penso, però, che questo possa essere vero per tutti. Lo consiglio solo a chi ama particolarmente l'autore (Kafka sulla spiaggia sembra la sintesi di tutto ciò che ha scritto in altri volumi, compreso anche la sua ultima uscita L'assassinio del commendatore, i riferimenti sono talmente tanti ed evidenti da sembrare più un libro compendio scritto appositamente, che un romanzo scritto prima ancora di 1Q84 ), a chi una trama inconcludente ma ricca di fantasia e ben raccontata può piacere e a chi ricerca un libro che lo stimoli intellettualmente. Non è adatto come lettura di intrattenimento, a chi non ama i libri che uniscono la realtà al soprannaturale, o a chi è in cerca di messaggi filosofici semplici ed immediati.
Infine, vi lascio con la frase che, più di tutte, spiega ciò che ho provato leggendolo. E, forse, alla fine il motivo per cui il libro esiste, non era altro che questo: essere la nostra personale tempesta di sabbia.
Ma su un punto non c'è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi era entrato. Sì, questo è il significato di quella tempesta di sabbia.