La famiglia Winshaw

Di Jonathan Coe

Feltrinelli

478 pagine

8,5/10

Consigliato: Sì

Contemporaneo

Narrativa

Inglese

Romanzo

Autoconclusivo

TRAMA IN BREVE

Michael Owen, scrittore che ha perso la motivazione per un nuovo romanzo, viene ingaggiato per ricostruire la biografia della famiglia Winshaw. Nel passato di questi personaggi ricchi e famosi si nasconde, però, un mistero irrisolto che, il mandante, spera di poter, finalmente, riportare alla luce. Un romanzo nel romanzo che gioca consapevolmente con i cliché del genere giallo per creare qualcosa di unico.

DEDICA

Per Janine, 1994

INCIPIT

La tragedia s'era già abbattuta due volte sulla famiglia Winshaw ma mai in proporzioni così terribili.
Il primo di questi incidenti ci porta indietro alla notte del novembre 1942, quando Godfrey Winshaw, che aveva solo trentatré anni, fu abbattuto dalla contraerea tedesca mentre volava sopra Berlino per una missione segrete. La notizia, che fu portata a Winshaw Towers nelle prime ore del mattino, bastò a sprofondare la sorella maggiore, Tabitha, nel gorgo della pazzia, dove sino a ora è rimasta. Tale fu la violenza della sua follia che si ritenne addirittura impossibile farla presenziare alla cerimonia ufficiale in onore del fratello.

RECENSIONE

"Oh, non lo sapevi? I Winshaw hanno una lunga e onorata storia di casi di follia. Che non a caso arriva sino ai giorni nostri."

La famiglia Winshaw di Jonathan Coe è un romanzo di narrativa con all'interno alcuni elementi del giallo e della saga familiare.

Ancora una volta, l'autore stupisce grazie alla struttura imbastita per il sui libro: il volume è diviso in due parti principali e, mentre la seconda (decisamente più breve) è maggiormente lineare, la prima rispecchia molto bene il particolare talento dello scrittore.

Nella prima parte, infatti, troverete due tipologie differenti di capitoli che si alternano l'una con l'altra.

La prima serie di capitoli è quella della narrazione principale in cui impariamo a conoscere in modo quasi del tutto lineare (salvo flashback) la personalità del protagonista, Michael Owen. L'uomo è uno scrittore ed è stato incaricato di scrivere la storia di una famiglia particolarissima: La famiglia Winshaw.

Nella seconda tipologia di capitoli troviamo le descrizioni dei membri della famiglia. Ogni capitolo è dedicato ad uno di loro e le scelte stilistiche che li rappresentano sono sempre differenti e trattano di argomenti diversi tra loro, ma spesso frequenti in molte opere dello scrittore (cinema, televisione, giornalismo, politica ecc.). È qui che mostra alcune sue caratteristiche irrinunciabili, quale ad esempio la grande capacità di rendere l'ambientazione socio-politica.

Sono un midlander di nascita e un londinese di adozione. Non avendo mai vissuto nel nord dell'Inghilterra l'ho sempre guardato con un certo distacco, con un misto di paura e attrazione.

Jonathan Coe ha un'enorme consapevolezza stilistica che gli permette di giocare, talvolta anche in maniera molto azzardata, con le proprie scelte narrative. Potrà capitare, dunque, che alcuni capitoli (specialmente quelli più sperimentali, riguardanti i membri della famiglia Winshaw) non riescano a conformarsi con i vostri gusti personali. L'autore utilizza sempre un registro linguistico specifico e adatto a ciò che racconta, mutando e mostrando come nulla gli sia impossibile. 

E tuttavia qualcosa di simile si presentò ancora, il 16 settembre 1992 (passato alla storia come il mercoledì nero), quando i cambisti riuscirono un'altra volta a razziare le riserve aurifere per miliardi di dollari, e a produrre, per giunta, una svalutazione della sterlina.

Il vostro ritmo di lettura dipenderà principalmente da questi due fattori: la struttura può incidere positivamente grazie alla sua varietà ma confondere i lettori meno concentrati o non desiderosi di affrontare una lettura "complicata", lo stile esalterà coloro che amano gli esercizi di stile e annoierà chi, invece, ricerca qualcosa di semplice e diretto.

Questo è il motivo per cui non amo associare questo libro al genere giallo. Di fatto, la storia della famiglia Winshaw consiste in un mistero che, il protagonista cerca di risolvere, inoltre si riferisce in maniera diretta e indiretta a film e libri del genere giallo e, per questo, può essere assimilato al genere. D'altra parte la narrazione di Coe non mira alla costruzione di un libro di genere e, secondo me, le aspettative di un lettore che gli si approcci ricercando questo, verrebbero necessariamente deluse. 

Avevo bisogno di qualcosa da divorare, qualcosa di molto leggero, e immediatamente mi ritrovai a pensare al romanzo del mistero per bambini che avevo riscoperto quello stesso giorno nella stanza di Joan. Ah se solo l'avessi portato giù quando ne avevo avuto la possibilità!

Questo è il motivo per cui il finale, secondo me coerente e credibile, non mi ha convinta del tutto. Apprezzo come Coe riesca a far quadrare ciò che sembra impossibile, amo la sua capacità di inserire indizi che, fino alla fine, non vengono nemmeno riconosciuti come tali dal lettore, ma l'enorme fuoco d'artificio che lancia alla chiusura del volume rischia, per me, di sviare l'attenzione del lettore dall'alto livello narrativo.
Questo è, ovviamente, un gusto e un'opinione completamente personale, poiché oggettivamente parlando, è chiaro come l'ineguagliabile capacità dell'autore sarà, per tanti, proprio il suo punto di forza.

Avendo letto alcune recensioni non entusiaste dell'opera mi voglio soffermare brevemente anche sul concetto di verosimiglianza. In molti, infatti, sostengono che questo romanzo nel finale non sia verosimile e, io, sono completamente d'accordo. Cercare in un romanzo di questo tipo la rappresentazione della realtà in toto sarebbe sensato come ricercarla in un romanzo fantasy: non c'è perché non deve esserci. Non mi stancherò mai di ripetere che sono la coerenza e la credibilità intrinseca all'opera a determinarne la qualità, non la sua attinenza con il "mondo reale". Sicuramente il fatto che Coe indugi molto sull'ambientazione e sulla critica della società non aiuta a staccare il concreto dalla fantasia ma, visto che le opere dell'autore le presentano entrambe, è bene che vengano giudicate su due piani differenti.

I personaggi descritti da Coe sono, per la stragrande maggioranza, persone infide e orribili. È impossibile pensare bene di loro ma, al contempo, non abbiamo una vera difficoltà nel leggere delle loro vite perché l'autore riesce egregiamente a rappresentare il loro punto di vista (che condanniamo, ma che troviamo interessante da leggere). Questo non significa che si riesca a non provare assolutamente nulla davanti a queste storie, la rabbia, il fastidio, la tristezza, sono emozioni che, probabilmente, sentirete. In particolare, il capitolo denominato "Dorothy" è stato, per me, qualcosa di indimenticabile. Pensavo fosse impossibile faticare a leggere qualcosa e, al contempo, leggerla senza nemmeno accorgermene. Tuttora penso che quel capitolo sia uno degli esercizi letterari meglio riusciti che io abbia mai letto, non lo dimenticherò e lo rileggerò.

C'erano pur sempre gli animali, naturalmente. E per quanto patetico potesse sembrare, sentiva che la sua vita non era completamente sprecata finché fosse riuscito a dare qualche conforto alle creature che avevano patito i più tremendi abusi di sua moglie.

Nella trama principale i sentimenti saranno graduali e più canonici. Ci si affeziona lentamente ai protagonisti e ci si immedesima in loro, sebbene inizialmente possa sembrare quasi impossibile per la loro stranezza e lontananza dal nostro modo di essere. Anche qui non mancano evoluzioni stilistiche che, spesso, divertono incredibilmente. Indimenticabile il tentativo di Owen di aggiungere erotismo al proprio romanzo, alla disperata ricerca di termini non banali ma comprensibili e sexy. Immagino ci sia anche qualcosa di autobiografico dato che, fino ad ora, ogni libro di Coe che ho letto trattando episodi simili utilizza grandi dosi di ironia e humour inglese che le rendono, persino per me che generalmente vorrei non ci fossero, spassosissime e, persino, irrinunciabili.

E se fosse stata una stanza sontuosa? Un cliché abusato. E una stanza incantevole? Troppo stucchevole. Era una stanza grande, incantevole, sontuosa. Era incantevolmente sontuosa. Era ampiamente incantevole. A dire il vero, me ne sbattevo il cazzo di come dovesse essere la stanza. E, con ogni probabilità, anche i miei lettori. Meglio liquidare tutta quella roba e mantenere viva l'azione.

In conclusione, ho trovato La famiglia Winshaw uno dei romanzi più belli (tra quelli che ho letto per ora) dell'autore. Bello, ben scritto, l'unico difetto è forse stata la sensazione del troppo, uno scrittore di questo calibro può sbalordire con molti meno colpi di scena e, così, rischia più di coprire che di mostrare.

Lo consiglio a tutti, non è una lettura che piacerà ad ogni lettore, ma è una lettura che può insegnare tanto dal punto di vista qualitativo. Probabilmente non è il migliore con cui cominciare a leggere Coe ma, se vi piacerà, saprete per certo che amerete anche il resto delle super opere.

CITAZIONI

Per ironia della sorte quella stessa Tabitha Winshaw, oggi ottantunenne e con non più facoltà mentali di quelle esibite negli ultimi quaranticinque anni, è la patrocinatrice e la finanziatrice del libro che tu, mio caro lettore, tieni ora tra le mani.

Non avrebbe fatto un passo fuori dalle mura dell'istituto per diciannove anni. Per tutto quel periodo di tempo provò solo raramente a comunicare con altri membri della famiglia, né manifestò alcun particolare interesse per averli in visita.

E lì rimase, saggiamente affidata alle cure di un équipe qualificata e scrupolosa sino al 16 settembre 1961, quando fu temporaneamente dimessa su richiesta del fratello Mortimer: una decisione che, per quanto presa per compassione, fu presto destinata a rivelarsi sfortunata.

Da qualche mese a quella parte s'era affastellata sul mio orizzonte mentale una manciata di compiti sgradevoli, torbidi e umilianti, che ora però parevano aver perso tutta la loro pesantezza e giacevano di fronte a me, privi di ogni minaccia, addirittura invitanti, come gradini di pietra che mi avrebbero condotto a un futuro più luminoso.

Più vedevo questi Winshaw sordidi e bugiardi com'erano, ladri e profittatori quali erano, meno mi piacevano, e più arduo diventava per me conservare il tono dello storico ufficiale. E meno riuscivo ad avvedere a fatti saldi e dimostrabili, più ero costretto a piegare il racconto all'immaginazione, rimpolpando eventi che conoscevo solo per grandi linee, facendo congetture sulle motivazioni psicologiche, inventando persino delle conversazioni.

Dopo quella serata non uscii, né parlai con qualcuno per due, forse per tre anni.

Il sabato mattina ripresi a lavorare sul manoscritto. Come sospettavo, la confusione era allarmante. C'erano parti che si leggevano come un racconto storico, mentre nelle pagine conclusive si avvertiva un tono di ostilità nei confronti della famiglia che non mancava di irritare.

Ci stanno riuscendo perché gente come me sa fin troppo bene che, anche qualora trovasse un nuovo Dostoevskij, non venderebbe metà delle copie che realizzerebbe una merdata qualsiasi scritta da un pirla qualsiasi che legge le previsioni del tempo alla televisione, televisione del cazzo!

Perché pensi che il libro sia diventato quello che è? Perché scriverne, cercare di raccontare la verità che li concerne, era il solo modo che mi impediva di volerli uccidere. Cosa che, per altro, qualcuno dovrebbe fare uno di questi giorni.

Sta per cominciare. Lo sento. Ci abbiamo davvero messo così tanto tempo per arrivarci?

È da una vita che lo sostengo: la qualità è quantificabile!

"Quindi, secondo te, i nomi sono importanti?"
"Solo alcuni. Alcune persone finiscono per assomigliare ai loro nomi, come i cani ai loro padroni. Non possono farne a meno."

"Infatti," disse. "Ho la pietà facile."
"Anche quando non è richiesta?"
"Ma nessuno la vuole veramente, no? Per quanto disperati di possa essere. È questo che si finisce per capire prima o poi."

Sentivo l'incombere di uno di quei momenti decisivi che ti cambiano la vita: una di quelle svolte in cui o afferri l'opportunità fugace che ti si presenta o la guardi inerme scivolare via dalle tue mani e ritornare nel nulla. Dunque sapevo, a parte il resto, che dovevo continuare a parlare, anche se non avevo più molto da dire.

"Non ci sono gelsomini qui vicini, o sbaglio?"

"Non credi, però, che sia tremendo, quando i tuoi amici scelgono dei compagni completamente sbagliati?"

Appollaiata quasi sulla cresta di un'altura vasta e impervia, disegnava ombre profonde e scure sui terreni sottostanti.

Lo vide solo per un attimo: un viso pallido, contratto e deforme, sormontato da un groviglio di capelli grigi, che fissava i nuovi arrivati con un'aria di lunatica malevolenza che bastò a gelarle il sangue nelle vene.

"Oh," disse lui e appoggiò la forchetta sul tavolo. "Non mi intendo di cucina," confessò rivolgendosi a tutta la compagnia.
"Conrad è americano," disse Hilary, come se questo spiegasse tutto.

"Lasci che la metta in guardia sulla mia famiglia," disse infine, "nel caso che non l'abbia già capito da sola. Sono il branco più abietto, spietato e rapace di bastardi pitocchi e di infide bisce che abbia mai strisciato sulla faccia della terra. E includo nel mucchio anche i miei figli."

Anche se non l'aveva mai veramente razionalizzata, una delle sue convinzioni più profonde era che una vita priva di effusioni fisiche quasi non valeva la pena di essere vissuta.

Vuole ricordarci che ciò che è inevitabile può anche essere spiritualmente intollerabile, che ciò che è giustificabile può essere atroce...

Era sempre così: sempre quelle due ultime frasi, il riassunto imparziale, l'ironica frecciata di chiusura, che costavano un dispendio eccessivo di tempo e fatica.

È il sogno di ogni autore, io credo. E dato che accade raramente, anche nella vita delle celebrità letterarie, si pensi quanto prezioso sembrasse a un giovane, ignoto scrittore come me, affamato di prove, quali che fossero, dell'incidenza della sua opera sulla coscienza del pubblico.

"Ma io stavo ridendo. Ridevo dentro di me, davvero. Io, quando leggo, rido ma non lo faccio vedere. È una cosa che tengo per me."

Forse era per questa che la vita dello scrittore mi era sempre sembrata così allettante: per il rifugio che offriva di fronte alla fatica dell'inserimento sociale, per la luminosa legittimazione conferita alla solitudine.

Forse c'è qualcosa di più intimo e segreto da scoprire nel volto di una persona addormentata che in un corpo nudo.

Adorava la menzogna di cui gli schermi erano latori: che il mondo fosse compreso dentro i quattro lati di un rettangolo e che lui, lo spettatore, fosse nella condizione di sedere e guardare, senza essere toccato, senza essere osservato.

"Il trucco è che le carognate bisogna non smettere di farle. Non dà alcun frutto far passare dei paragrafi scandalosi a livello legislativo e dare a tutti il tempo di rifletterci su. Bisogna darci dentro, di male in peggio, prima che la gente abbia la possibilità di capire che mazzata ha ricevuto. La coscienza inglese, sai, è fatta a suo modo: ha una capienza che arriva sì e no alla memoria... diciamo, di un personal computer molto primitivo. Può rammentare solo due o tre cose alla volta."

... sapere di essere parte attiva del processo che stava sottraendo la proprietà ai molti per concentrarla nelle mani di pochi lo colmava di un profondo e rassicurante senso di giustizia.

Accecato dai molti schermi che erano stati frapposti fra sé e il resto del mondo, egli non era più certo in una situazione che gli consentisse di vedere, neppure di sfuggita, la gente col cui danaro stava giocando d'azzardo.

Ho sempre associato la televisione alla malattia. Non la malattia dell'anima, come qualche commentatore sarebbe pronto a stigmatizzare, ma quella del corpo.

Per i pomeriggi, invece, era previsto un piccolo rituale, un rituale concepito, suppongo, per tenere a dovuta distanza paura e dolore: ed era allora che il televisore faceva la sua comparsa.

E invece, solo sei giorni dopo...
Chi ci crederebbe?
E invece, solo sei giorni dopo.
Non so se riuscirò a farmene una ragione.

QUARTA DI COPERTINA

Un romanzo, in cui l'io narrante - lo spaesato scrittore Michael Owen - si muove fra la propria storia di illusioni e trame adolescenziali, di ambizioni azzoppate e di amori frustrati, e quella di una famiglia di rapaci dominatori, gli Winshaw. Saldamente insediati ai posti di comando della finanza e della società inglesi, i componenti della famiglia Winshaw incarnano il delirio di potere che ha segnato gli anni di Margaret Thatcher, portando l'Inghilterra allo sfascio.

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